Bambi, origine di un trauma Onnigrafo Magazine

Bambi, origine di un trauma

13 agosto 

Il 13 agosto del 1942 Bambi esce nei cinema di New York, poi in tutti gli stati Uniti, in piena seconda guerra mondiale, in Italia lo vediamo solo nel  febbraio del 1948.

Il film è l’ultimo dei cinque lungometraggi del periodo d’oro di Walt Disney, che andò dal 1937 al 1942. Uscì dopo “Biancaneve e i Sette Nani”, “Pinocchio”, “Fantasia” e “Dumbo”, il dolcissimo elefante volante. Tra questi, fu il film che ricevette il maggior numero di nomination all’Oscar: miglior sonoro (Sam Slyfield), miglior canzone (“Love Is a Song”, cantata in originale da Donald Novis) e miglior colonna sonora (composta originariamente da Frank Churchill, Larry Morrey e Ed Plumb), ma non vinse nessuna statuetta.

Bambi nasce dalla penna di Felix Salten, pseudonimo dell’autore ungherese naturalizzato austriaco Siegmund Salzmnann. Dunque, il cartone si ispira al suo romanzo del 1923, “Bambi, la vita di un capriolo” (“Bambi, ein Leben im Walde”) dove i protagonisti sono Bambi, il piccolo cerbiatto principe della foresta, i suoi genitori e i suoi amici (il coniglietto Tamburino, la puzzola Fiore e la cerbiatta Faline, sua futura compagna).

I personaggi di Walt Disney risultano più antropomorfi rispetto a quelli descritti da Salten. Il film si è  distaccato dal testo per porre i riflettori soprattutto sulla natura e sugli animali, al fine di deliziare gli occhi degli spettatori con immagini realistiche e molto suggestive, emozionanti. Si tratta di una metafora della vita di ognuno di noi: si vede Bambi provare ad alzarsi per la prima volta, alle prese con la prima passeggiata e che tenta di pronunciare le sue prime parole.

Bambi cresce rapidamente e si comprende che  il giovane cerbiatto, che vive nella foresta assieme alla madre, è destinato da grande a prendere il posto del padre come Grande Principe e protettore delle creature del luogo.

Assieme ai suoi due migliori amici, il coniglietto Tamburino e la puzzola Fiore, si ritrova ad affrontare un importante percorso di crescita tra gioie e dolori, sperimentando anche la perdita di un genitore e la nascita del primo amore.

Tutto molto bello. 

E invece no. Non è affatto bello, ma proprio per niente. E la cosa meno bella è che oggi, dove si vede marcio ovunque, anche nei cartoni della Disney, affibbiando etichette random a grandi classici, non si comprendano le reali pericolosità di certe pellicole e invece si vada a infierire su un povero gatto siamese batterista…

Bambi è un trauma infantile che anni dopo solo solo il re leone saprà fare peggio, è un dolore profondo che si insinua sotto pelle in una sala buia di un cinema, seduti in vecchie poltrone di velluto polveroso e scomodo, che prende l'anima di un bambino innocente, l'aggroviglia come una matassa di spago e con lo stesso spago ti stringe la gola creando un magone soffocato e doloroso, una matassa troppo aggrovigliata per essere sciolta nel buio, nel silenzio e con solo una pacchetta sulle spalle che spesso dice "tranquillo, guarda il film".

Ma cosa guardi? Tanto non torna! È morta, maledizione, morta!

E gli anni passano. 

E Disney decide di fare uscire Bambi 2. Pensi sia la rivincita di qualcosa, come magari in Rambo, e lo vai a vedere, facendo la stessa identica cavolata fatta in passato da chi guidava una piccola mente in evoluzione: ci porti dei bambini.

E niente, anche lì... Morte, matasse aggrovigliate di sentimenti e distruzione delle certezze infantili.

Traumi, traumi come se non ci fosse un domani. 

Grazie Disney, poi chiediti perché ci siamo tutti indignati per la tua critica ai rosa elefanti… abbiamo solo bisogno di un po' di leggerezza…