L'autostrada Onnigrafo Magazine

L'autostrada

L’autostrada scivolava sotto e dietro di noi, accarezzata dalla gomma degli pneumatici che rotolavano veloci sulle pozzanghere.

Le luci dei lampioni, con il riverbero della pioggia che fuggiva veloce dai vetri, lanciavano negli occhi fastidiosi flash intermittenti. Scatti notturni che pungevano le pupille, mentre superavamo le grandi insegne delle uscite come fossero traguardi.

Marta venne sorpresa da un'improvvisa luce rosso fuoco esplosa davanti a noi, inchiodando sopra una lucida patina d’acqua.

L’auto si lanciò come la biglia di una fionda e lei, sterzando a vuoto, mi osservò per chiedere silenziosamente “perdono”. Strizzò gli occhi, abbandonando il volante per coprirsi il viso; come se avesse potuto servire a qualcosa.

Ricambiai il suo sguardo con il mio, terrorizzato, e puntai le mani contro il cruscotto.

Prima di cominciare a volare, l’auto girò su sé stessa non so quante volte, come una ballerina impazzita.

È stranissimo accorgersi di quanti sguardi e pensieri una persona sia in grado di lanciare, durante quei brevi istanti prima di morire.

Ti trapassano occhi e testa come fotogrammi e messaggi istantanei scritti da un cellulare. Poi, mentre sorpreso guardi levitare bottigliette, borsellini e fogli intorno a te, dopo un tonfo sordo, il buio e il silenzio. Assoluti.

E il clacson che non smette di suonare; il fumo; le urla di persone che esplodono all’improvviso, lacerandoti le orecchie; il sapore del sangue che si mescola alla saliva che deglutisci... gli scossoni, potenti, che ti fanno riprendere coscienza e aprire gli occhi davanti a quello che sta succedendo.

«Santi! Santi, svegliati, ti prego!» e io, come dopo la peggior ubriacatura della mia vita, provo a rispondere senza riuscirci.

Grugnisco, biascico qualcosa di incomprensibile pure per me, sentendo un sospiro di sollievo. «Meno male! Amore, sei vivo. È arrivata l’ambulanza, non muoverti.»

«Marta!» urlo fortissimo, accorgendomi che sta bene, che è proprio lei a parlarmi e rassicurarmi.

«È soltanto incastrato, signore. La tiriamo fuori in un attimo.»

Ma è tutto ovattato, lontano e irraggiungibile, e mi si chiudono gli occhi nuovamente, pesantissimi.

Li riapro, sudato e con il battito accelerato.

«Amore, è stato un incubo», mi rassicura Marta. «Rimettiti a dormire.»

«Certo, tesoro mio.»

Ma il buio torna ad avvolgermi e infastidirmi, così come il fumo e il sapore del sangue in bocca.

Sento il rumore delle lamiere che stanno cercando di rimuovere intorno a me.

«Signore, resti con noi. Tenga duro.»

«Amore! Ti prego, respira.»

Ma il buio è troppo rassicurante, in questo momento. Non sento dolore, non sento più nulla. Soltanto pace.