Illustrazione di Tomer Hanuka
Una casa medio borghese. Nulla di eccezionale. Alle pareti non c'erano dipinti d'autore ma stampe di artisti importanti. Le cornici non erano pretenziose e barocche ma semplici e lineari nella loro modesta funzione di sostenere semplice carta stampata, immagini belle e famose, ma pur sempre semplice carta stampata.
Nonostante la normalità di quella casa c'era una stanza che aveva fascino in quantità. Il padrone di casa la chiamava la stanza della lettura, chiamarla biblioteca sarebbe stato altisonante e ridicolo, proprio come le cornici barocche sulle stampe d'autore. Circa dodici metri di librerie fissate alle pareti, stracariche di libri di ogni genere, dai romanzi alle enciclopedie piene di figure interessanti, ai libri d'arte dove poter scrutare in gigantografie degne di un anatomista i testicoli del David di Michelangelo.
Un divano letto e una poltrona invitavano al silenzio e alla lettura, e magari dopo ore assorti in un buon libro anche ad un sonno ristoratore. L'accesso alla stanza era sempre apprezzato dal padrone di casa, che continuava con cadenza settimanale a portare nuovi tomi sugli scaffali confidando che, alle grida stanche della moglie che mal tollerava un dispendio simile di denaro si affiancasse la gioia euforica della figlia, che gongolava al solo rumore della carta sfogliata.
Ormai era diverso tempo che poteva rimanere sola in casa. Finito di studiare a differenza dei suoi coetanei preferiva non uscire, specialmente nei pomeriggi bui e piovosi d'autunno. La stanza della lettura era senza dubbio lo svago migliore. Aveva libero accesso a tutti i libri, anche a quelli che erano appena stati rilegati e restaurati che erano appartenuti a non sapeva quale bisnonno. Libero accesso a tutto tranne che ad un paio di scaffali. Erano nel lato destinato alla collezione di francobolli di suo padre. Divieto assoluto di toccare quei grandi album in pelle; prendendoli avrebbe potuto far uscire dalle pagine cartonate qualche francobollo, e nella sua goffa incompetenza in materia avrebbe potuto magari rovinare un dente…
Sua madre non faceva che rimbrottare quotidianamente per questo divieto, continuava a ripetere che se suo marito non si fosse messo con calma e amore a spiegare alla figlia cosa fosse la filatelia e quanto fosse bello collezionare quei minuscoli capolavori di filigrana, così amava chiamarli lui, la sua collezione si sarebbe persa sotto la polvere senza una degna erede, e lei avrebbe avuto la conferma che la passione del marito fosse davvero uno spreco di tempo e di denaro. Ma lui nulla, proprio non voleva saperne, era tempo sprecato parlare a quella ragazzina, e poi il tempo che dedicava ai suoi tesori era sempre troppo poco per lui, figuriamoci doverlo condividere con chi non apprezzava d'istinto.
Quel giorno sapeva che sarebbe stato lungo il pomeriggio, aveva tutto il tempo di spulciare i libri in alto, quelli di storia e di arte, alla fine si stufava di leggere e guardava le figure proprio come fanno i bambini. Ma le mani le finirono su un album: “che sarà mai se lo guardo, sto attenta e poi metto tutto come stava”. Sfilò il grosso raccoglitore e lo posò sul tavolo del padre, sfogliando con estrema delicatezza le pagine di cartone con i francobolli retti da sottili strisce di carta velina, erano francobolli di quadri francesi, ma ne riconosceva solo alcuni, forse non erano tutti pittori molto famosi pensava. Chiuse l'album e fece per metterlo al suo posto quando lo sguardo finì su qualcosa di mai visto prima. Dietro la lunga fila degli album c'era una altrettanto lunga fila di libri. Assurdo mettere dei libri dietro a volumi così alti. Forse erano vecchi cataloghi di francobolli. O forse no.
Era come una biblioteca segreta. Come prendere una torcia illuminata da una boiserie in legno di noce e vedere una parete roteare su sé stessa rivelando una porta e un passaggio segreto. Si, aveva fatto proprio questo. “Pittori di Francia” era il tomo segreto che portava al mistero della stanza della lettura. E la rivelazione fu di non trovare cataloghi noiosi e polverosi, ma splendidi libri di letteratura erotica. In Cina e in India il sesso era addirittura osannato da una sorta di manuale, anni di catechismo le avevano imposto il silenzio assoluto sull'argomento, aveva già imparato una grande verità. E in un libro scritto da un tipo, che sicuramente era un americano dal nome, non solo si parlava di sessualità dalla più tenera età, ma c'erano addirittura immagini dettagliate di ogni cosa. Lo aveva sfogliato di fretta, anzi furtivamente, guardandosi alle spalle ogni poco per paura di essere scoperta. Poi tutta una serie di romanzi, i nomi degli autori le erano sconosciuti, esotici, francesi, inglesi. Erano tantissimi. Intanto sentiva crescere dentro un fremito strano.
Un piccolissimo libretto in edizione economica. Sulla copertina il disegno di una donna con una enorme parrucca settecentesca in testa e un voluminoso abito pieno di pizzi e trine, sollevato a mostrare una lasciva nudità sotto la gonna. Il titolo era “La filosofia nel boudoir”, di un certo A.D.F. De Sade. Mai sentito. Ma era piccolo, magari si leggeva in fretta, magari era interessante, poi la filosofia a scuola le piaceva.
Mano a mano che leggeva e apparivano nuovi personaggi la situazione le si fece più chiara, più chiara e decisamente più umida. I nobili di Parigi sedevano discinti nella grande camera da letto di Madame De Saint Ange e orchestravano posizioni e agganci tra loro da far passare i brividi, consumavano con veemenza condendo tutto con bestemmie e improperi di ogni tipo, nel tentativo di istruire una giovinetta al libertinaggio. La fortuna fu che il libro fosse piccolo. Molto piccolo da poter essere retto con una sola mano. La posizione da seduta sulla sedia a sdraiata sul divano fu raggiunta rapidamente, le dita erano quasi schifate da tanti umori, eppure non smettevano di far da accompagnamento alla perfetta e distorta sinfonia che si andava suonando in quelle pagine. C'era tutto. Proprio tutto. E da una pagina all'altra, da una posizione all'altra, da una lussuriosa nefandezza all'altra, lei trasaliva, sospirava con la fronte imperlata di sudore e quasi gioiva dell'aver immaginato fino ad allora cose tanto strane, perché quelle cose esistevano anche nella mente di qualcun altro.
Eugenie era stata istruita a dovere e lei ora era felice e soddisfatta proprio come la fanciulla del libro, solo con la differenza che ora alla cara Eugenie restava un punto nero a fine libro, a lei un universo da scoprire. Si rialzò di fretta nel timore di addormentarsi in quelle condizioni, rimise a posto i libri nascondendo ogni traccia del suo passaggio, si asciugò ridendo della sua profonda indecenza e corse a prendere un bicchiere d'acqua da buttare sul divano dove aveva lasciato una vistosa macchia, avrebbe detto che sbadata come era le era caduto mentre stava leggendo. Prese un libro a caso e si ributtò sui cuscini e forse non fece nemmeno in tempo a contare fino a tre che si addormentò come un sasso con il sorriso in volto.