Ad Alhdanur si diventa adulti così, non c’è altro modo: Vailewor. Tutti lo attendono. Non si tratta di un’iniziazione, non consiste in una prova da superare per vedere se si è sufficientemente forti o coraggiosi, se si è cresciuti abbastanza oppure no. Ad Alhdanur funziona quasi al contrario: quanto sei riuscito a mantenere quella purezza fanciullina, la sola che ti consente di ritrovare il vero te stesso, tra tutti i tuoi falsi io all'interno del tuo involucro fisico? Ad Alhdanur ci si allena fin da piccoli per mantenere quella purezza, la purezza dell'essere di essere. Ad Alhdanur, accanto allo studio della lingua madre elfica e della naturosofia, c’è lo studio delle discipline meditative. I piccoli alhdanuriani ritrovano presto il loro sé e crescendo, durante il Vailewor capiscono se ne hanno ancora percezione. Non si tratta di un rito: gli esseri consapevoli non hanno bisogno di ritualità. Eleanuki era pronta per Vailewor? Il suo momento era giunto; da giorni ormai sentiva nárë, il fuoco del passaggio, bruciarle nel petto; Vailewor, il vento della manifestazione, bussava alla sua porta. Quella mattina di metà stagione del sole andò ad aprirgli con risolutezza. Fin dal primo stadio dell’età della maturazione, gli abitanti di Alhdanur imparano a governare il Supersenso; al di sopra dei cinque sensi fisici, il supersenso permette di percepire la memoria dell'acqua, di cogliere la rete universale madre terrena, di sentire la vera sostanza delle cose liberata dalle fiamme di fratello fuoco, di avvertire ogni voce racchiusa all'interno dell’aria chiamata anche il grande trasportatore. Ma i giovani di Alhdanur non hanno mai avvertito prima il vortice di Vailewor, hanno solo immaginato di trovarsi nel tumultuoso saliscendi della sua tripla spirale: interno-esterno, esterno-interno, interno-interno: Neldier, o più comunemente, Triskell. Sanno percorrere vilya, l’aria, ma non sanno come domare il vento della manifestazione; Vailewor è più di un poderoso destriero mai cavalcato a cui il provetto cavaliere cerca di avvicinarsi per mettere i finimenti. Se ne sta accorgendo proprio ora Eleanuki. Orfana di padre da innumerevoli lune e figlia di una rivelatrice del clan delle rune rosse, sua famiglia di appartenenza, Eleanuki era segnata per nascita dalla tenacia, ma ciò che stava affrontando superava questa sua innata qualità. Le era stata rivelata da sua madre, come faceva ormai da generazioni con tutti gli infanti del villaggio. Sapeva leggere la qualità di ciascuna anima rinnovata e, se non le era negato dalle alte vie come a volte accadeva, il suo compito era rivelarla al clan riunito attorno a questa nuova vita per segnarla e attribuirle il giusto nome. Segnare la nuova anima rinata consisteva nel creare per lei una runa nuova, rossa come la fiamma vitale, unica come la sua qualità, e nel donarla alla creatura incidendola su di un ciondolo, lo stesso che ora Eleanuki stringeva nel suo piccolo pugno fremente di tensione evolutiva. ‘Tenacia nel tendere’ questa era la sua runa; le qualità rivelate erano specifiche e mai era capitato che ce ne fossero di eguali, nemmeno tra i figli di identica luna, da voi chiamati gemelli; potevano essere simili ma non certo uguali. Eleanuki, chiamata Lea dal suo più caro amico Calimatar, e Anuki da tutti gli altri, stava combattendo da sola la sua battaglia per la manifestazione, ma avvertiva in sé la presenza di sua madre e dei suoi insegnamenti, l'energia a lei affine di nonna Gillian, dipartita ormai da cinque pleniluni, la vicinanza del sentimento potente di Cali (Calimatar), sentimento situato su quella linea immaginaria che separa amore e amicizia. Ma tutta questa forza sarebbe bastata? Cavalcare l'aria con il supersenso era più facile: le voci che si potevano scorgere al suo interno erano del resto del mondo, non del mondo proprio; nell'aria si possono infatti ascoltare le voci degli esseri di tutti gli spazi e di tutti i tempi, ma non le proprie. In Vailewor invece senti tutte le tue voci interiori, tutti i tuoi falsi io che cercano di confondersi e di confonderti, di fondersi in una unica entità che si spaccia per il tuo vero essere; solo ritrovando la tua vera essenza sepolta puoi riuscire a domare il vento della manifestazione. Anuki ora sta affrontando le sue voci interiori che provocano il turbinio di tutti i suoi pensieri negativi e di tutte le sue paure del passato del presente e del futuro. “Quale sarà la mia strada? Dovrò seguire le orme di mia madre? Forse non ne sarei in grado. Forse dovrei trovare un lavoro più elevato, non una semplice rivelatrice di anime rinnovate ma qualcosa di più: una guaritrice, una contattatrice tra i mondi… E se fosse pericoloso? Meglio la strada più certa! Ma se non comprendessi bene le rivelazioni da trasmettere? La runa rossa cui appartengo dalla nascita è davvero giusta per me?". Ecco in agguato il dubbio. Ecco che il piano delle false parti dell'io sta funzionando; ecco l’allontanamento dalla purezza dell'essere; ma Anuki lo sa, inoltre ha appena iniziato la sua doma di Vailewor e di sicuro non lascerà la presa, andrà avanti con tenacia. Nessuno tra coloro che hanno provato, con vittoria o sconfitta, a cavalcare Vailewor ne ha mai parlato, nessuna rivelazione, nessuna testimonianza. Non è concesso. Non è etico. Non è esperienziale per chi si accinge ad affrontarlo. Solo un quaderno rosso, tramandato di generazione in generazione, in cui ogni padre lascia una parola, in runico, per il figlio o la figlia che verrà, se verrà. Ed è l'unica cosa, al di là dei capelli ramati, che Eleanuki possiede di suo padre, oltre al carattere guerriero e testardo, anche se questo Anuki non lo sa. “Galleggia", ecco la parola scritta dal padre che la giovane cavalcatrice di Vailewor ora continua a ripetersi come un mantra.
E mentre si rivolge a Iui, il tutto, mentre prega recitando Atar Amme Cuile, Padre Madre Vita, mentre sente nel suo cuore la voce di Cali che la esorta a non mollare, mentre il destriero impetuoso sembra avere la meglio su di lei, ecco che le arriva la comprensione salvifica di quella semplice parola: “Galleggia". Anuki smette di annaspare, di lottare e si lascia galleggiare sull'onda di quel vortice; non perché ha rinunciato a cavalcarlo, non per lasciarsi trasportare da esso, ma per averne il pieno controllo. - Acquietati, concentrati, senti tutte le voci ma non sentirne alcuna, cerca sotto di esse la tua vera voce –. Queste parole si affacciano alla sua mente spingendola a seguirle. La sua prima rivelazione? Può darsi, ma non era il momento di pensarci su. Ora Anuki galleggia estasiata sulla corrente di Vailewor, su di un vortice che improvvisamente non è più un vortice perché ha smesso di turbinare. Ecco che vede palesarsi un'uscita, la porta verso la vita adulta. Mentre cerca di varcarla accade il non auspicabile: Vailewor, con rinnovata forza, riprende a vorticare, e la ragazza precipita nuovamente nel turbinio di quel vento difficilmente governabile; raramente un giovane alhdanuriano riesce a cavalcarlo al primo tentativo, solitamente necessita di tre, cinque anche dieci tentativi prima di diventare adulto. Ci sono adulti che non hanno passato il vento della manifestazione? Ad Alhdanur no. Nella terra dell'uomo sì, la maggioranza. Ma voi umani non avete studiato ciò che studiano gli alhdanuriani, non vi siete allenati alla meditazione, alla consapevolezza, non avete mai provato il supersenso, non conoscete il vento della manifestazione. Forse il tempo è vicino. Forse no. Cosa sta succedendo a Lea? Pensa Calimatar e pensiamo noi tutti. C’è un’unica spiegazione per quando Vailewor torna a spirare: i Nelderon. I nemici? Gli antagonisti? Non è proprio così. Il loro stesso nome significa ‘gli ostacolanti’. Molto spesso grazie ad un ostacolo che ci viene posto si deve saltare più in alto, ci vuole maggiore impegno, si miglioria. Quindi i Nelderon lo fanno per il bene degli altri? Non necessariamente. Lo fanno perché lo devono fare, lo fanno perché è stato loro rivelato, lo fanno perché è il loro compito. E così un qualche Nelderon ha posto un ostacolo nel Vailewor di Anuki. La ragazza donna-in-divenire all'improvviso sente un vento a lei famigliare. Lo conosce bene, anche se l'ha tenuto nascosto dentro sé per molto tempo. Il vento che accompagna la foglia secca staccata dal ramo nel suo ultimo tragitto. Un vento volutamente dimenticato ma necessario da ricordare per essere liberato. Quello stesso forte vento che precede la stagione della neve, quel vento di un giorno castano di autunno inoltrato che ha portato via una foglia preziosa dall'albero genealogico di Eleanuki. Si tratta del giorno della morte di Brivion, il padre della ragazza. C'era vento forte quel giorno, fuori e dentro gli animi. Gli alhdanuriani sanno che si tratta solo di un passaggio, di un velo sottile di separazione tra i mondi, ma non è facile da cogliere, soprattutto se anziché liberarlo questo vento lo si tiene nascosto, sepolto. Ad Anuki spetta ora la più grande delle battaglie: accettare la propria sofferenza, guardarla in faccia e liberarla. Lea sta ancora una volta soccombendo, non riesce a trovare il vento del dolore in lei, quando ecco giungerle dal mondo dei ricordi la voce di nonna Gillian: “Se una cosa non la cerchi di distinguere dal tutto, non può sparire, resta nel tutto”. - Alle tue spalle hai il futuro, invisibile, dentro di te hai il presente, essenza, davanti a te hai l'orizzonte del tuo passato, guardalo tutto ma non mettere a fuoco nulla -. Una seconda rivelazione? Alla terza significa che la strada da intraprendere è quella della rivelazione, ma questa storia nella storia non è tempo di affrontarla. Anuki, girando vorticosamente nei tre bracci di Vailewor, fa spazio alla sua tenacia e riesce a soffermarsi per un tempo breve ma sufficiente a lievitare tra le correnti; così, seguendo quella voce, osserva senza focalizzare tutto il suo passato e da lì, un vento forte come quello che la faceva turbinare fino a un attimo prima ma esattamente contrario, inizia urlante e graffiante la sua corsa verso di lei. Non si può raccontare ciò che si vive nel Vailewor, perciò non potrò entrare nei particolari, ma vi basti sapere che Anuki, dopo aver accettato e liberato la sua sofferenza, si è trovata a volteggiare con gratitudine su di un destriero docile e mansueto, e ora giace esausta a terra felice, pura e soprattutto adulta. Sì, Anuki ce l'ha fatta, e al primo tentativo. Non avevo dubbi. Non ho fallito. Solo con questa ultima liberazione sapevo che sarebbe diventata un'adulta pronta a svolgere il suo compito: la rivelatrice. Come lo so? Appartengo al popolo dei Nelderon; sono QUEL Nelderon. Il mio nome è Galzu, e sono un figlio di identica luna; sono il fratello gemello di Anuki, ma lei questo non lo sa. La storia tra Alhdanur e Nelder è antica, complessa, ma non è ciò che sono venuto qui a rivelare. Sì, sono un rivelatore, ma differente da quelli di cui vi ho parlato. La terra di mezzo è un luogo di non dualità, dove si uniscono cielo e terra, corpo e spirito, luce e buio, creando mille stadi e sfumature tra l'uno e l'altro; il vostro mondo, quello della fisicità, della materia, dell’uomo, è legato alla dualità, ma può non essere così, proprio come può non essere stato così e potrà non essere così. Ora sapete. Ora non potete nasconderlo. Il vero sé è celato semplicemente da voi stessi, dai vostri io non consapevoli.
Buona ricerca! Io sono un rivelatore, un rivelatore di consapevolezza in viaggio tra i mondi.
In memoria di Brivion
Benedetto sia tu e benefatto ogni tuo gesto.