Dal nero petrolio riemergo, aspergo
Di dolce rosolio quel nucleo vero
Ma trattengo
Dolore come carta, che squarta
Quel cuore ancora pulsante
Ritengo
Immotivato il furore della mia Sparta, che scarta
Con sommo livore ogn'ora il Lattante
Resti d'un'anima candida al caleidoscopio
Diresti che s'animi viscida al microscopio
Batterio di tenebra in espansione
Che serio si celebra in una canzone
E lo fa rimanendo in silenzio
Che gli dà quel crescendo d'assenzio
Ne nasconde l'angoscia ed il vuoto
Che al fuoco s'accoscia con mille Golconde
Una moltitudine intera in attesa di cenere
Per abitudine si schiera in difesa d'immemore
E attende...
Attende un gradino diverso, mancante
Un mattino senza cielo terso, scostante
Attende un bambino ormai perso, distante
Il cammino nel vento d'un velo disperso, vagante
Per strade che si gettano dentro al Nulla
Una culla al centro dove aspettano...chi cade
Guardarli, guardarli,
scansarli, scansarli
Bramarli, bramarli,
evitarli, i tarli
Nella fermezza d'un giuramento
In ebbrezza di disperazione ti chiesi "Giura"
Mi dicesti "Apprezza la mia compulsione. Mento"
e come Lachesi il suo Fato mai abiura
così da quel dì nella brezza ho ascoltato il tormento
Memento...
Se è un peso che opprima ed aumenti la rabbia
O l'unica gabbia che sventi e reprima il sotteso
Non so...e mi si presenta l'interrogativo:
Chi spaventa? Chi è il cattivo?
Nel buio di me un'unica voce, una sola risposta
S'apposta lì in gola come ad una foce:
"Bu!"
Io.