illustrazione di Isil Clement
C’era una volta di tanto tanto tempo fa, il popolo unito delle grandi tigri dai denti a sciabola e dei grandi cani bruni che avevano per re il più grande e forte tra i cani e per regina la più saggia e cauta tra le tigri. Questi due popoli dominavano con giustizia su tutti gli altri animali e vivevano tra la steppa e la foresta a nord del grande lago, oltre il quale c’era un grande bosco dove vivevano buona parte degli altri animali compreso l’uomo sulla terra, che allora era tutta una e noi chiamiamo oggi Pangea. Le tigri arrivavano con la testa al petto d’un uomo adulto mentre i cani erano ancora più grandi, tanto che avrebbero potuto parlarci faccia a faccia, se l’uomo fosse stato alto più di un metro e quaranta ovviamente. Questi due regnanti governavano con saggezza ed erano portatori di pace e prosperità da milioni di anni ma, ormai, le tigri non sopportavano più i cani e trovavano ogni momento buono per litigare. Gli animali erano molto infastiditi da questo fracasso ed anche l’uomo che era ancora molto simile alla scimmia. Il re e la regina, amareggiati, riunirono allora tutto il popolo al centro della grande steppa di Pangea e avrebbero ascoltato cani e tigri per ritrovare la pace. Gli altri animali avrebbero avuto il permesso di intervenire ma senza prendere parte alle decisioni, animali e uomini. Durante la riunione tigri e cani si rinfacciarono colpe e torti di ogni tipo e l’assemblea stava per degenerare, quando un peloso pugno fu battuto con forza e ripetutamente a terra richiamando l’attenzione del re e della regina, secondo le regole. Era stato un bipede. L’uomo in questa storia si dimostrerà molto saggio nonostante fosse ancora ben lontano da essere l’uomo di oggi. Battendo il pugno destro in terra, l’uomo aveva spezzato il cerchio delle divisioni e attratto l’attenzione del re, dopo aver avuto il consenso a parlare disse: “Parlo a nome dei miei simili maestà, con il vostro permesso regina e re, vorrei portare con me un vostro cane, per proteggere la mia casa. Se vivere insieme diventerà amicizia allora i cani potrebbero venire a vivere con noi uomini.” Alla proposta di quell’essere ritenuto inferiore, molti cani e parecchie tigri si voltarono infuriati per sbranarlo, ma prima che una nuova e feroce discussione potesse riprendere dopo averlo mangiato, il re, consultatosi con la regina con uno scambio di sguardi, scese dal grande albero morto che aveva scelto come trono ed esclamò: “La mia regina ed io ci siamo accorti con dolore che i nostri due popoli non vivono più in pace come un tempo...” e inarcando le sopracciglia zittì quelli che erano pronti a ribattere. “...abbiamo deciso che la proposta del bipede ci interessa. Stabiliamo che alla prossima luna e per una lunazione intera uno dei miei cani, un volontario che sceglierà la regina, vivrà con il bipede. Alla fine di questo periodo i due si presenteranno a noi raccontando della loro nuova vita e noi allora prenderemo una decisione.” Venne scelto un cane adulto e nel giorno stabilito l’uomo lo guidò alla sua caverna. La prima notte il cane dormì fuori restando non troppo lontano dal fuoco, gli era sconosciuto un fuoco domato, conosceva quello dei fulmini che cadevano sui tronchi secchi e sapeva che doveva starne lontano. La famiglia dell’uomo, temendo quell’animale tanto grande, si nascose nell’oscurità della caverna mentre l’uomo rimase vicino al fuoco per orgoglio. I primi giorni cane e uomo si tennero distanti. Nella normalità uomini e bestie non si incontravano mai perché il cane viveva sulle montagne e l’uomo cacciava solo la tigre. Alla fine della prima settimana, dopo essersi studiati a lungo, uomo e cane decisero di andare a caccia con la tribù contro gli enormi mammuth che vivevano a nord vicino ai monti. Quel giorno, grazie all’aiuto del cane, gli uomini fecero un’ottima caccia e al loro ritorno l’uomo parlò alla famiglia affinché iniziassero a fidarsi di quella bestia, anche come ringraziamento per il suo aiuto. Quella sera dunque mangiarono tutti insieme accanto al fuoco e la famiglia dormì poco distante. Durante la notte accadde che un gruppo di circa trenta uomini, senza armi e con poca voglia di cacciare, entrò furtivamente nella caverna dove viveva l’uomo con il cane, avevano saputo del felice risultato della caccia ai mammuth. Quegli uomini erano sicuri, per il numero, di poter rubare tutto quello che gli pareva. Ma non avevano fatto i conti con il grande cane: il cane sbranò un uomo e ne uccise un altro con una zampata. L’uomo svegliato dalle urla fu rapido anche lui: trafisse con la sua lunga lancia dalla punta di pietra uno di quegli arditi, arrivato troppo vicino alla sua compagna. Se il gesto del cane non fosse bastato, quello dell’uomo fu sufficiente a far fuggire tutti gli altri, nonostante fossero in molti quella figura imperiosa di quel cane li aveva atterriti. Da quel giorno la fiducia tra la famiglia dell’uomo e il cane crebbe sempre più al punto che i figli dell’uomo iniziarono anche a giocare con il cane, non più impauriti dai grandi denti. La donna cucinò per lui carne sul fuoco e il cane apprezzò molto questo sapore nuovo. Presto la luna divenne nera e la notte del successivo plenilunio, cane e uomo si presentarono alle maestà per il verdetto. I due si inchinarono sotto il tronco dell’albero morto dove stavano seduti i due regnanti. Il cane sulle quattro zampe, l’uomo sulle due gambe. Il grande cane bruno raccontò con passione agli altri cani e anche alle tigri della sua esperienza, tanto che convinse parecchi della scaltrezza e dell’abilità dell’uomo come ottimo compagno di caccia, dell’ambiente caldo, della sua famiglia che aveva perfino giocato con lui e della donna che usava il fuoco per dare al cibo calore e sapore nuovo. Il re e la regina approvarono con un semplice sorriso dopo una riflessione silenziosa. Iniziò così il grande esodo di tanti cani dalle colline oltre il grande lago dove vivevano, fino alla grande pianura di Pangea. Le tigri e gli altri cani più selvatici si nascosero ancora di più dentro la foresta pensando già di fare qualcosa per rompere questa nuova unione che avrebbe distrutto la loro civiltà. Passato un anno, in una notte di tempesta decisero di metterli l’uno contro l’altro e agirono. Una tigre trovò un uomo vestito di piume che pregava il loro dio tonante sulle colline e lo uccise alle spalle. Un cane quindi, nascose il morto nel giaciglio dentro una caverna dove viveva un suo simile, mentre tutti erano al lago per rinfrescarsi. Quando il corpo del sacerdote venne scoperto gli uomini saltarono su tutte le furie e buona parte dei cani venne allontanata dalle caverne perché l’antica paura aveva ripreso il posto nei cuori degli uomini. Ma il primo cane e il primo uomo a diventare amici ed un pugno di altri dalle pianure con i loro compagni cani si spostarono alle pendici del grande lago formando case sospese sull’acqua. Loro sapevano in cuor loro che erano state le tigri a macchinare un simile inganno, sapevano perché lo facevano e in fondo sia i cani che gli uomini le perdonavano, ma non potevano accettarlo. Una notte scoppiò un violento temporale, tuoni e fulmini bruciarono mezzo bosco oltre il lago tanto che un albero infuocato cadde dentro una caverna. Il fuoco divampò tra le pellicce di mammuth e infine arrivò alle scorte di carne. Ma i grandi cani salvarono molte famiglie dal fuoco del bosco e i cuori degli uomini divennero meno duri, nacque dunque una grande amicizia tra uomini e cani che vive ancora oggi.
Cani e tigri si erano divisi, e col tempo si sarebbero trasformati. I furbi, veloci e impazienti felini sarebbero diventati sempre più solitari e avrebbero fatto della natura selvaggia la loro casa, mentre i miti, riflessivi e pazienti cani sarebbero diventati inseparabili compagni e protettori dei bipedi tanto da aver un grande ruolo nel futuro del mondo.
Milioni di anni dopo i bipedi si chiamano uomini e hanno preso possesso di ogni parte accessibile del pianeta.
Dai cespugli di un bosco, un buffo cane piega le lunghe orecchie a punta e spinge il naso nero in fuori per sentire un odore preciso. Ha lunghi baffi simili ai felini, il suo mantello è rosso sopra e bianco sotto; gli uomini l’hanno chiamata volpe. Un rumore riempie l’aria e la volpe fugge tra gli arbusti. Qualche secondo dopo una muta di cani impazziti passa dov’era lei e corre, schiumando tra le zanne, dal lato opposto.
La volpe, furba e veloce è l’ultimo regalo del re cane dalle forti zampe e della regina tigre dai robusti denti e forse un giorno vedrà la fine del regno dell’uomo, perché lei, furba e scaltra, è sicuramente destinata a sopravvivergli.