Il regno di Giacomino Onnigrafo Magazine

Il regno di Giacomino

Ogni mattina, dopo essersi lavato denti e faccia, Giacomino giocava con le sue piccole automobili di plastica. Da solo, senza far rumore.

Quando si sedeva a tavola, prima di ogni pasto, abbassava lo sguardo in un silenzioso ringraziamento all'indirizzo di qualche suo Dio immaginario.

Un pomeriggio a settimana, si preparava per uscire: infilava la canottiera sotto le mutande e i pantaloni di velluto a coste sopra il maglione a rombi. Li portava a vita così alta che la cucitura veniva inghiottita dai glutei, tirava la cinghia fino all'ultimo foro disponibile quel tanto che gli permettesse di respirare.

Di certo i colori del vestiario non avevano per lui alcuna importanza: quello era compito di mamma; prima di incontrare il mondo la abbracciava sempre, come ringraziamento per l'immenso amore che gli mostrava. Era felicissimo di incontrare animali di qualsiasi specie mentre percorreva il vialetto di campagna sotto casa, li adorava tutti e ne provava persino ammirazione.

Se esisteva un momento che detestava invece (e lo riempiva di terrore lungo il tragitto settimanale verso il Dottor Mario), era attraversare la piazza di Mondovì, dove incrociava decine e decine di sguardi di compatimento, paura e molte volte pure di ribrezzo. Durante quei minuti infiniti, sudava e stringeva la mano di mamma fin quasi a farle male, e pregava l'Onnipotente che non gli facesse perdere la presa.

Appena arrivati dal dottore, venivano accolti da un enorme portafrutta pieno di caramelle morbide e colorate: lì cominciava uno dei suoi momenti preferiti.

Il Dottor Mario ne prendeva sempre un paio, gliele offriva e, dopo aver salutato la madre, chiudeva la porta del loro piccolo regno invalicabile, dove non esistevano segreti e le emozioni potevano esplodere senza far male a nessuno.

Il dottore, dopo aver scoperto in poco tempo le particolari dinamiche familiari del ragazzo, divenne per lui la persona più importante. Soprattutto quando toglieva il camice e abbassava i pantaloni.

Giacomino pensò che non poteva esserci mostra di maggior fiducia del denudarsi e farsi toccare senza alcun timore, e proprio quest'oggi glielo avrebbe dimostrato.

Farsi accarezzare e baciare gli procurava sempre una strana sorta di estasi, colma di brividi e inspiegabili sensi di colpa che cercava di affogare dentro di sé, e alla fine decise di ricambiare il suo Salvatore con tutto l'affetto e il trasporto del mondo. Così, ogni volta che gli domandavano delle sue emozioni, con in mano la sua caramella regalo, Giacomino rispondeva: "Non sono mai stato meglio, papà. Il dottore mi ama veramente tanto".

"Bene, ragazzo. Ne sono felicissimo. Stasera andremo con mamma in pizzeria per festeggiare i tuoi progressi e il tuo ventottesimo compleanno. Ormai sei un uomo."