«Fu allora…»
«Che cosa?»
«Che ci pensai… per la prima volta, insomma…»
«Al suicidio ?»
«No», disse Josh. «Alla mia vita, intesa come le mie emozioni. Insomma, è un po’ complicato da spiegare ora, perché io sono morto, lei anche, e…»
«Credo di saperne abbastanza sulle emozioni e sulla morte», lo interruppe il dottor Brenner. «Faccio questo lavoro da quando mi trovo qui.»
«Cioè… io stavo suonando quella musica. Quella meravigliosa, unica musica! E lei era davanti a me, e… cazzo, non lo capiva! Non provava quello che provavo io! Mi sentivo felice, mi sentivo al settimo cielo, e lei vedeva solo un ragazzo sorridente, ma non capiva veramente come mi sentissi!»
«Ti chiese di smettere?»
«Già…»
«E poi che facesti? Smettesti di suonare?»
«Buttai la chitarra, spensi lo stereo. Fanculo a tutti, pensai. Ecco, mi ricordo solo questo…»
«Tua moglie tentò di parlarne?»
«Era incazzata», disse Josh. «Pensava solo a discutere. Era come se il suo fottutissimo discorso sui progetti per il week end fosse più importante della mia felicità, di quello che stavo provando. Ne avevo così tanto bisogno… Papà ci aveva lasciati da poco, e io mi sentivo così solo… Con la chitarra mi sembrava di volare, di essere ancora con lui, di potercela fare, ma cazzo… Quella stronza sembrava facesse apposta a non accorgersene!»
«Era gelosa? Del tuo stato d’animo, intendo.»
«Chi può dirlo, dottore?»
Josh guardava lo studio del dottor Brenner. Due anime morte a parlare della vita. Della vita di Josh Durant, nello specifico. Ragazzo suicida. Imbottito di pillole. Aveva lasciato uno struggente messaggio d’addio. Ma allo studio del dottor Brenner, terapeuta delle anime perdute nell’aldilà, cercava di spiegare come non fosse servito a nulla.
«Avevo vissuto solo per le emozioni: musica, cinema, libri. Avevo persino cominciato a scrivere poesie!» Josh fumava. Gli occhi tornavano alla sua breve vita. Brenner lo guardava attentamente. Ne aveva seguiti a centinaia come lui.
«Nessuno può comprendere davvero le emozioni che provi», aggiunse poi. «Sono solo tue, e di nessun altro. Condividerle? Può creare empatia, certo… ammirazione. Ma il vero tesoro è come te le porti dentro! Nessuno si può sentire come te, se sei sensibile abbastanza! Quando, quel giorno, capii questo, quando capii che nemmeno con le persone a me più care potevo condividere il meglio della mia vita, ecco…»
«Scegliesti la morte.»
Silenzio. Josh dovette dare ragione al maledetto strizzacervelli. Fumò una sigaretta dietro l’altra. Non facevano male alla salute, lì dove si trovavano. Il fumo aleggiava sopra la sua testa. Tra ricordi recenti che non avrebbe più vissuto. Dannata vita. Così intensa, così difficile. Me la sono giocata male, pensò. L’ho sopravvalutata, e lei mi ha pugnalato alle spalle. Sarà per un’altra volta.