Ho pescato. Poco, ma qualcosa c'è nella mia rete fatta di convenienze ed egoismi; qualche pesce c'è finito dentro, attratto da quell’esca infallibile che è il timor di solitudine. E per un destino beffardo, anche io ho abboccato; ci sono caduto dentro, sono stato catturato dalla rete di qualcun altro. E così, dal pesce più piccolo al più grande, prende il via la catena. I pesci grossi si accaparrano tutto quanto, ma, nonostante la loro grandezza, non si vedono. Dove si nascondono? Dietro alla catasta di quei tanti piccoli pesci, che siamo noi. Sì, li difendiamo bene; perché? Forse perché sappiamo di essere come loro e di certo perché siamo bravi a nuotare passivamente nel nostro mare. E così, coloro che questa volta sono le vittime salvano quelli che invece sono i carnefici. Ma è salvezza quella che li (a)spetta? Hanno irretito Il mondo, ma facendone parte sono rimasti anch'essi intrappolati, invischiati nella rete tesa dalle loro stesse pinne. L'intero mondo, visto dal reticolo, ha delle sottili linee d'ombra, in cui l'occhio non riesce ad arrivare. Un punto morto, che è forse l'unico pieno di vita. Cosa c'è dietro quelle righe oscure? Perdendo lo sguardo d'insieme, non c'è visione. Quei pezzi mancanti fanno perdere l’interezza, e il puzzle non può essere completato. Si sta tutti affacciati a questa rete, sforzando la vista; e le palpebre fanno male, diventano pesanti. È il sonno dell’Essere, macigno che ci lascia sul fondo del pozzo della vita. Però qualche suono arriva fin quaggiù… lo sento! È un battito d'ali; è il volo dell'esistenza lieve. Una farfalla, che può appoggiasi alla rete e attraversarla ogni volta che vuole, negandone, ad onor del vero, l'esistenza. Può perfino sovrastare con il suo sfarfallio il ticchettio del tempo, ingannevole musica di un'inesistente tirannia, un tic e tac che è in realtà il suono distorto di cuori impazziti, nauseati dal sapore metallico del greve ferro di guerra dell'un contro l'altro. Insegnaci tu, anima leggera, ad essere liberi; insegnaci a risalire dal pozzo e piegare le reti di questa nostra misera prigionia.