Hayao Miyazaki - La poetica del vento Onnigrafo Magazine

Hayao Miyazaki - La poetica del vento

Nello scorso articolo avevamo lasciato il giovane Miyazaki ad un passo dalla creazione di una pietra miliare del genere di animazione: stiamo parlando di Nausicaä della Valle del Vento. In questa opera possiamo già trovare tutti i temi chiave che tanto stanno a cuore all’autore, ma facciamo un passo per volta. Nausicaä nasce come manga (fumetto di stampo orientale) nel 1982 e viene adattato come film di animazione due anni dopo, dall’autore stesso. Prodotto da Isao Takahata e distribuito dalla Toei Company, diviene uno dei film di animazione che incassa di più nella storia dell’animazione giapponese, un titolo che difende valorosamente ancora oggi. Tanto apprezzato dalla critica quanto dal grande pubblico, è la miccia di cui aveva bisogno la creatività esplosiva di Miyazaki. Infatti fu proprio il successo di questo film a spingere Miyazaki e Takahata (assieme a Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma) a fondare lo Studio Ghibli nell'estate del 1985. 


Il resto è storia. Per la precisione 36 anni di storia, di storie. Lo Studio agisce prevalentemente come produttore del genio artistico, ma chiaramente Hayao non fu l’unico direttore: La Tomba delle Lucciole e Pom Poko sono stati diretti dal co-fondatore Takahata mentre I racconti di Terramare e La collina dei papaveri dal figlio, Goro Miyazaki. La lista di direttori è ben più lunga, ma noi ci concentreremo sul “Direttore”. Dopo Nausicaä (1982) la sua creatività sembra inarrestabile: crea la sceneggiatura e dirige Il castello nel cielo (1986), Il mio vicino Totoro (1988), Kiki – Consegne a domicilio (1989), Porco Rosso (1992), Principessa Mononoke (1997), La città incantata (2001), Il castello errante di Howl (2004), Ponyo (2008) e Si alza il vento (2013). Nel 2016, quasi come un fulmine a ciel sereno viene annunciato How do you live (il titolo in italiano non è ancora noto), con Miyazaki alla regia. Data di uscita? Ancora ignota.

Prima di buttarci nel vivo del discorso occorre fare una premessa: cercherò di non fare grosse anticipazioni sulla trama quanto più piccoli riferimenti utili al discorso. A prescindere da quello che verrà detto, invito a recuperare queste perle dell’animazione giapponese.


Da dove partire se non dal mondo in cui queste opere prendono vita? Il mondo è immersivo: non si tratta solo di uno sfondo per le vicende ma spesso è parte integrante nella narrativa, quasi un personaggio in più. Non si parla di un universo cinematografico unico, come ha fatto Marvel Cinematic per le sue produzioni, ma si parla di mondi diversi, alcuni nel passato, altri nel presente, altri nel futuro, alcuni sono più dettagliati di altri ma lo scopo è sempre lo stesso: creare e tenere viva la sospensione dell’incredulità. Compito molto difficile se tra gli elementi narrativi hai dei demoni o spiriti, ma un world-building fatto bene permette anche questo: aspettare il bus, sotto la pioggia, in compagnia di Totoro, non sembra poi così impossibile. Tutto ciò che viene mostrato allo spettatore è utile a questo processo, dalle foglie spostate dal vento in Ponyo, al treno riflesso nello specchio d’acqua nella Città Incantata: dettagli realizzati così tanto bene che basterebbe quasi allungare la mano per toccarli. Questa cura nasce a livello di storyboard, prosegue nella fase di disegno e viene mantenuta in fase di montaggio. 

In tutto questo, la componente sonora è altrettanto e ugualmente fondamentale: il mondo è anche rumore. Il rumore di una foresta che vive e cresce attorno ad una polla d’acqua, come in Principessa Mononoke. I film dello Studio Ghibli sono lenti, anche per questo e, se posso aggiungere una valutazione personale, grazie al cielo. Traducendo una citazione di Miyazaki:

“I film di animazione possono rappresentare mondi immaginari, ma credo comunque che al suo interno debba avere un certo realismo. Anche se il mondo rappresentato è una bugia, il trucco è farlo sembrare il più reale possibile.”


Il secondo punto che vorrei trattare riguarda i personaggi: se il world building è importante, non può reggere il confronto con la cura per i protagonisti e la loro assoluta umanità. Che si tratti di macchiette o spalle comiche, come Calcifer del Castello Errante di Howl, dei personaggi principali, come Marco Pagot di Porco Rosso, o dei “cattivi”, come Fujimoto di Ponyo, possiamo notare una grande caratterizzazione, un ventaglio di emozioni messe in gioco, ideali e passioni, in poche parole: cura per l’introspezione. Ho scritto “cattivi” perché i casi in cui un personaggio è assolutamente negativo, senza ombra di dubbio, sono pochi e si tratta più spesso di personaggi umani, con una particolare debolezza, come l’invidia; allo stesso modo, i buoni, lo sono con qualche piccola macchiolina. Questa profonda caratterizzazione permette alla scrittura di elevarsi, andare oltre le maschere teatrali: i personaggi acquisiscono spessore, le storie si arricchiscono di livelli. Per esempio, se un bambino rimane spaventato dagli Ohmu, crescendo capirà che le loro azioni, per quanto non condivisibili, diventano perlomeno comprensibili. 

Questo è un grandissimo pregio: i film dello Studio Ghibli, attraverso i loro personaggi parlano ad un pubblico molto eterogeneo, anche anagraficamente parlando. Ponendo la lente d’ingrandimento sui personaggi principali possiamo notare che molti di questi sono ragazze e donne estremamente coraggiose, come Sheeta de Il castello nel Cielo o Chihiro de La Città Incantata. Non è un caso, ma ne parleremo meglio nella prossima sezione, dedicata ai temi, l’anima dei film. 


Le tematiche nascono dall’esperienza di vita di un meraviglioso disegnatore, vengono custodite amorevolmente dai personaggi e dalle loro storie e infine trasmesse a noi. Il primo grande tema di cui vorrei parlarvi è il femminismo e per farlo vorrei raccontarvi di Principessa Mononoke: in questo film abbiamo uno scontro ideologico e non, portato avanti da San, cresciuta coi lupi, che vuole difendere la foresta a tutti i costi dalla cattiva Eboshi, la sovrintendente di Irontown, che invece vuole espandersi per poter accogliere più persone in città e, sotto le sue direttive, le donne possono lavorare. Se questo non vi sembra tanto, è giusto che vi ricordi il background storico e culturale del film: facendo un po’ di analisi storiografica possiamo restringere il periodo storico all’epoca Muromachi, che va dal 1336 al 1573 e la società allora era estremamente patriarcale, di conseguenza, il ruolo della donna molto marginale: fuori discussione il fatto che potesse lavorare, combattere o governare una città. In tutti i film che abbiamo menzionato, le donne hanno un ruolo centrale nella trama, siano esse protagoniste o antagoniste: non sono la “tipica D.I.P., Damigella In Pericolo” (citazione di Hercules) ovvero quelle da salvare, ma sono quelle che salvano, anche quando queste sono più piccole, giovani. Se Sen ha circa sedici anni, Chichiro è molto più giovane ma sappiamo benissimo il valore e la portata delle sue azioni! Il motivo di queste figure femminili così cruciali può essere ricondotto alla figura della madre, Dola, che, nonostante la malattia, è stata una figura chiave per il giovane autore. Questa malattia o, più in generale il malessere, è qualcosa che spesso è presente nelle opere di Miyazaki ma mai si arriva a provare pena: il Direttore riesce a dare integrità anche a chi sta soffrendo, come Yasuko de Il mio vicino Totoro, la e dal punto di vista narrativo la malattia non è quasi mai intesa come qualcosa di definitivo, anche quando porta grandissime sofferenze. A tutte le persone è data la possibilità di riscatto.


Il secondo aspetto è il pacifismo. La Seconda Guerra Mondiale ha lasciato un segno indelebile, un segno che si vede e percepisce molto distintamente in quasi tutte le opere: una guerra termonucleare è il motivo per cui la terra di Nausicaä è perlopiù invivibile, una guerra è il motivo per cui il cinghiale ferito attacca il villaggio di Ashitaka, una guerra è causa di sofferenze in Howl e via dicendo. Ma non è questo il fil rouge che cerchiamo, per quanto possa sembrarlo. Miyazaki, attraverso tutti i suoi personaggi, specialmente quelli positivi a prescindere di genere o specie animale o spirituale, rigetta la guerra in ogni sua forma. Tutto ciò che può essere ottenuto combattendo può essere ottenuto con la diplomazia e il dialogo: chiaramente ci sono situazioni che costringono i personaggi a lottare, ma le vittime sono molto limitate e in pochissimi casi le protagoniste si macchiano di omicidio. Non è questo il messaggio che vuole trasmettere Miyazaki.


Il terzo aspetto di cui vorrei parlarvi è il profondo amore che Hayao prova per Terra. Le sue opere sono permeate da un profondo animismo, trascendendo il discorso di bene e male. L'animismo di Hayao Miyazaki presenta alcuni punti cardine: la natura è qualcosa di vivo, cosciente e in grado di agire, come gli spiriti animale (kodama) di Principessa Mononoke; negazione dei dualismi e scissione dallo shintoismo (questo è abbastanza tecnico, soprattutto legato al fatto che il Giappone ha, per certi versi, inglobato l’animismo nello shintoismo ma non sono esattamente la stessa cosa).

L'ultimo aspetto è l’amore per il volo e il vento è qualcosa di presente in tutti i suoi film: questo è il nostro fil rouge. Nausicaä si muove attraverso un aliante (Nausicaä della Valle del Vento), Sheeta e Pazu hanno quasi tutte le loro avventure tra le nuvole (Il castello nel cielo), Totoro stesso diventa brezza e fa levitare Mei e Satsuki (Il mio vicino Totoro), Kiki è una strega e vola sulla sua scopa magica (Kiki – Consegne a domicilio), Marco Pagot è un asso dell'aeronautica militare (Porco Rosso), lo Spirito della Foresta è anche in grado di controllare il vento (Principessa Mononoke), il vento sospinge i genitori di Chichiro oltre il passaggio magico (La città incantata), Howl influenza il vento con la propria magia (Il castello errante di Howl), in Ponyo il vento è una manifestazione fisica di un legame emotivo e, per concludere, Si alza il vento è il più grande omaggio a questo elemento naturale, in grado di connettere gli esseri umani.

È per questi motivi, e mille altri, che si parla di “vento caldo” quando si parla di Miyazaki e delle sue opere, è anche grazie a questa passione, nata da piccolo guardando il padre al lavoro, che abbiamo queste perle. Si alza il vento è solo la prima parte di una citazione di Paul Valéry e prosegue con:

“Le vent se leve! Il faut tenter de vivre”