Galeotto fu il boccione Onnigrafo Magazine

Galeotto fu il boccione

Caspita fa talmente caldo che perfino il perizoma, già microscopico e attaccato al culo di suo, è diventato un tutt’uno con la mia pelle. 

Oggi qui a Dallas si è registrata la temperatura più alta degli ultimi quindici anni, continuo a sventolarmi sfacciatamente e a fare smorfie davanti alla porta di Johnson, masticando compulsivamente il mio chewing-gum, anch’esso squagliato all’interno della mia bocca, mandando affanculo il suddetto solo con lo sguardo. Dopo la sfuriata di poco fa poi, si è scavato da solo la fossa verso il girone degli stronzi. 

Mi asciugo una piccola goccia di sudore sfuggita momentaneamente alla mia fronte e tento di concentrarmi su quello che è il mio lavoro ma faccio davvero fatica a ignorare l’alone di dopobarba che è appena entrata nel mio campo olfattivo. Eppure non c’era un minuto fa. E di sicuro non si tratta di StronSon, quello al massimo puzza di marcio e di vecchiaia.

«Scusa sai dove devo mettere questo arnese?»

Alzo lo sguardo con indifferenza certa di trovarmi davanti il solito tizio calvo che si occupa di rifocillarci con il boccione d’acqua. 

«Mettilo al solito posto. E mi raccomando di infilarlo come si deve, l’ultima volta non siamo riuscite neppure a bagnarci.»

Lo liquido in fretta rimettendo mano a una fattura che risulta sbagliata. È colpa di questo foglio se il capo ha avuto da ridire sul mio modo di lavorare. 

«Scusa?»

Che diavolo vuole adesso? 

«Che c’è? Ti ho detto di metterlo...» 

Mi blocco con le parole a mezz’aria. L’individuo qui davanti non è lo stesso di sempre. Avranno mica sostituito l’acqua con la Coca-Cola light? In quel caso lo spogliarello varrebbe le calorie prese con la bevanda. 

«Sì mi hai detto di metterlo al solito posto ma è la prima volta che vengo qui.»

«Peccato.»

«Peccato cosa?»

«Peccato che sia la prima volta che vieni.»

«Posso ‘venire’ quando vuoi dolcezza, mi fai compagnia?»

Mi fa un occhiolino e io credo di aver perso in una frazione di secondo tutte le mie facoltà mentali. 

La maglietta appiccicata, gli addominali che mi chiamano e quelle mani possenti mentre stringono il boccione contribuiscono a bagnare anche l’ultimo lembo di pelle dentro le mutande. Dove non arriva il caldo, arriva lui. 

«Scusami, tu sei?»

«Mi chiamo Asher. Tu?»

«Ellen.»

«Dunque Ellen pensi io possa sistemare questo affare? Inizia a pesare da tanto è pieno.»

«Certo, da questa parte. Credo che si svuoterà presto, non appena sarà sistemato.»

«Ci penserai tu?»

«Sì credo che darò il mio contributo.»

«Perfetto. Non vedo l’ora di vederti all’opera, sono certo che quella bocca verrà dissetata per bene.»

«Fa molto caldo oggi.»

«Non abbastanza per i miei gusti. Ci vediamo fra mezz’ora qui sotto?»

«È un appuntamento?»

«Puoi scommetterci. E scommetto anche che ‘verrai’ con molto piacere.»