Piccolo seme stava per germogliare, e doveva decidere dove farlo.
Era giovane, delicato, grande meno di un acino d'uva, ma tanto tenace, come vedremo alla fine della sua storia.
Avrebbe potuto sbocciare in quel grande prato fiorito alla sua destra, da cui giungevano profumi davvero deliziosi; poteva anche scegliere di crescere nel giardino di quella scuola piena di cuccioli d'uomo un po' capricciosi e rumorosi ma sempre meravigliosi che si trovava alla sua sinistra; oppure poteva spingersi in avanti e germogliare lungo il sentiero che portava al fiume, dove di certo si sarebbe beato di insetti e frescura.
Decise invece di fiorire altrove, alle sue spalle; il che non significava tornare indietro, anzi…
Tutti gli altri gli dicevano di non farlo, di stare attento, di non recarsi in quel luogo di perdizione e morte certa; ma piccolo seme aveva già deciso la sua sorte, e consapevolmente sapeva che quella era la sua strada.
Si diramò con risolutezza mentre pronunciava questo suo sentire ai suoi fratelli che cercavano di dissuaderlo:
-Voglio che il mio messaggio sia ancora più forte, c'è bisogno che lo sia. Il profumo non è piu abbastanza e nemmeno il colore-
Così piccolo seme andò incontro al suo destino e germogliò; divenne a poco a poco piccolo fiore.
Un papavero rosso tra il cemento; una vagabonda, così si chiamano i ciuffi o le venature verdi che spaccano il freddo grigiume dell’asfalto e del cemento; una radicata vagabonda in uno statico quanto effimero cemento.
Il rosso dei suoi petali caduti, tra mattoni rossi sgretolati di vecchi e stanchi muri, era il
suo messaggio.
Piccolo fiore divenne Grande Papavero, e portò il suo rosso vivo sulla ruggine che ricopriva non soltanto l'arcolaio dimenticato sul marciapiede accanto a lui, ma la città intera.
Sparse la sua ventata di ossigeno sferzando gli occhi di quegli uomini che riuscivano ad accorgersi, increduli, della sua presenza; pochi superstiti dell'ego ancora nascosti, per abitudine, nell'ombra.