La‌ ‌gabbianella‌ ‌di‌ ‌Camarc‌ - ‌ Il‌ ‌prete,‌ ‌l’asina‌ ‌e‌ ‌l’onore‌ Onnigrafo Magazine

La‌ ‌gabbianella‌ ‌di‌ ‌Camarc‌ - ‌ Il‌ ‌prete,‌ ‌l’asina‌ ‌e‌ ‌l’onore‌


«Ti aspettavo, Noirac.» La voce di Serge, arrochita dall’età, l’accoglie non appena mette piede nella locanda. 

L’inverno era finalmente giunto, e affogare i dispiaceri al Dauphin, servita dal vecchio e coccolata da Claire, moglie di lui, era quanto di meglio potesse fare per dimenticare il disonore e la sofferenza che le erano stati inflitti.

«Un quarto di luna fa è passato Claude e mi ha detto che ti saresti fatta viva. Che il mare abbracci quel prei châman e le sue idee, vi avevo preparato la solita stanzetta!»

«Versami una rossa», lo esorta. Indossa abiti civili, abiti adåtti a una femmìna, e immagina la voce di Pedro e padre Oliveiro mentre la chiamano a quel modo.

«Bambina mia!» dalla cucina arriva la voce di Claire che poi le si fa incontro, ormai ingrigita, recando un vassoio con sopra tre boccali schiumanti. «Devi assolutamente assaggiare questa, abbiamo aspettato te per provarla!»

La ragazza si accomoda al bancone, grata ai suoi amici per averla accolta come la persona che era. Ha un disperato bisogno di togliersi dalla testa il grasso prete che, di fatto, aveva preso il comando di Chastèl Camarc.

Claire le si avvicina fin quasi a sfiorarla. «Come sta andando al forte?», le chiede.

«Domanda di riserva?» replica lei, sollevando il boccale; le tre ore di cammino fino a Marbèl le hanno messo in corpo fame e sete. «Sênescùp, che bontà… e a Claude non avete offerto neanche una goccia di questo nettare?» Pensare a lui riapre una ferita che nemmeno l’alcool può curare.

«Non era ancora pronta» risponde Claire, ritraendosi un poco. «A lui ho dato la bionda… Dopo l’ottava s’è sbottonato su quanto sta accadendo tra le mura di Camarc»

«E che ti ha raccontato?»

«Che il nuovo comandante è un capitano di vent’anni, proviene da Maitryt, è il rampollo di qualche famiglia altolocata della capitale, e pensa soprattutto a molestare le femmine» e, nel dirlo, Claire fa una smorfia, poi, scimmiottando la voce stridula del ragazzo, aggiunge: «Sono il capitano Pedro Calvero Laurito Enríquez Monasterio De La Vega», come se avesse una castagna bollente sotto la lingua.

«… Y Sánchez!» aggiunge Serge in falsetto. «Archon de Maitryt, Seignur d’Esto-ausèl…»

«Serge! Cosa sono queste parole? C’è una signorina perbene qui!»

«Ho sentito delle voci sul ragazzo, se solo la metà è vera…» Serge ignora il rimprovero, distendendo il viso in un ghigno di soddisfazione per la battuta, «… Madame Voirab sarebbe lieta di averlo come cliente fisso del suo bordello!».

«Serge!»

«Donna, credi che Noirac non sia capace di reggere questi discorsi? Ma quel Pedro è veramente così?» aggiunge poi l’oste.

Noirac annuisce. «Qualcosa di vero c’è: quando il ragazzo incrocia una di noi la spoglia con gli occhi, e quando può allunga le mani e manca puntualmente il bersaglio. È un totale impiastro» Beve un altro sorso per cancellare il disgusto. «Ma quando Oliveiro ha saputo che i ragazzi si servivano dell’asinella di Pierre per sopperire alla mancanza di compagnia e alla rigidità del regolamento militare... Uh, amici miei, non avete idea di cosa ha fatto! Voleva proibire ai maschi di entrare nella stalla e metterci al lavoro “solo femmìne”, ma poi ha cambiato idea… Avrà pensato che i suoi cavalli e i nostri asini potevano indurre noi in tentazione» e ride forte, imitata dagli altri due.

Posa il boccale e prosegue: «Chi comanda veramente è lui, Padre Oliveiro; avrà ricevuto il compito di tenere Pedro lontano dai guai mentre impara a essere un… uomo. Pfui a lui e al lupo che ha issato sul pennone», dice, togliendosi la schiuma dalle labbra col dorso della mano libera. «Quest’anno la birra di castagne è spettacolare!»

«Filha, stai cambiando argomento!», la ammonisce Serge. «Hai detto che ha fatto issare il suo stendardo sul forte, e che altro?»

«Anche il sole con la svastica di Eplor e il drago coronato di Lleendir, poi ha introdotto le preghiere obbligatorie da recitare almeno una volta al giorno… Forse Claude non te l’ha detto. Ora dormo con tutte le altre nella stanza sopra le cucine, il nostro dormitorio è stato trasformato in cappella», si concede un altro sorso. «E chi salta la preghiera viene frustato la mattina dopo, prima di colazione, nel piazzale»

Serge e Claire tacciono: dai loro volti è scomparsa ogni traccia di sorriso.

«Ma la frusta del prete non è la cosa peggiore, anche se, là dove si abbatte, i piombi strappano brandelli di pelle. No» Noirac chiude gli occhi e ingolla il resto del boccale, prima di continuare: «Il prete prima di farti slegare ti cura. Invoca il suo dio, e la sua magia rimargina ogni ferita. È come ricevere di nuovo le frustate, ma senza poter resistere né svenire, solo urlare fino a restare senza voce. Così, se non è soddisfatto, può concedere il bis. E poi di nuovo guarirti e andare avanti così, finché…»

Claire, scura in volto, le riempie di nuovo il boccale. «Se l’è presa anche con te, vero?»

«Gli ho fatto notare che non non sono tenuta a rifargli la stanza o servirgli la colazione in camera solo perché sono una donna. Cinque quarti di consegna anche a me, e doppio giro di frustate. Mais ieu soi encàr aicì!» aggiunge, sbattendo il boccale dopo aver ingollato un sorso generoso.

Serge annuisce, e Claire scuote la testa.

«Maledetto porco», commenta la donna.

«Chi, Pedro? Figurati: più che guardarmi mentre venivo legata al muro della stalla, non ha mai fatto altro che… tenere le mani in tasca a sfregarsi i calzoni della divisa. Verme!»

Claire scuote la testa. «Porco il prete! Tutti quelli che in qualche modo usano la magia provano piacere, e più la magia è potente, più il piacere è intenso. È per questo che nelle torri della stregoneria ne muoiono così tanti ogni anno, incapaci di resistere a quel piacere e travolti dalla magia di cui perdono il controllo! Per i preti è diverso: il potere viene loro concesso da Eplor attraverso la preghiera. Il piacere che ne deriva lo chiamano Sacra Estasi. Non rischiano come i maghi. E ci puoi scommettere che questo Oliveiro Valiente si diverte ogni volta che può»

Le parole di Claire le riempiono gli occhi di lacrime e rabbia. China sul bancone davanti al boccale vuoto, al dolore della punizione sente aggiungersi l’enormità dell’umiliazione inflitta a lei e a tutti quelli che hanno subito lo stesso castigo. Per un istante immagina il prete nel mirino della sua gròsaubar, una delle baliste usate per tenere i pirati Dei-Talant lontano dalle coste, caricata con una verretta a pece stregata. L’idea del grasso prete passato da parte a parte dal proiettile e bruciato dall’interno a causa della micidiale sostanza della carica la fa sentire subito meglio, anche se si tratta di un piacere breve e che lascia in bocca un gusto di fiele. 

«Ho servito in Marina per otto anni, sono diventata sergente e artigliere a suon di studio e di battaglie, ho respinto quattro assalti solo la scorsa estate, e adesso questo… prete, come osa?»

«Sem encàr icì Noirac, e continueremo a resistere!», la esorta Serge servendole un altro giro di birra.

«Non stasera, Serge, non ho voglia», ma, come per magia, tra le mani dell’uomo appaiono le forme morbide e scolpite ad arte della sua viola da strada, la ghironda. «Non vedevo l’ora che arrivassi: quando non ci sei, le Dauphin diventa triste»

Claire tira fuori l’acordéon, libera i ganci che tengono fermo il mantice, e lo strumento emette un sospiro armonico. Poi infila i polsi nelle maniglie, lasciando così le dita libere di muoversi sulle tastiere, mentre Serge ne approfitta per accordare il suo strumento con pochi giri di manovella.

Noirac sorride. Quei due hanno preparato un’accoglienza coi fiocchi, solo per lei. Drizza la schiena; il sole scompare dietro le colline a ovest e i lampi dorati del focolare, in fondo alla sala, ammorbidiscono ogni contorno e le scaldano il corpo, mentre le note scaldano il suo cuore.

La musica esplode sotto il ritmo sincopato dell’acordéon; Claire muove il mantice avanti e indietro, a tempo con la musica, mentre le sue dita volteggiano sui tasti con l’agilità di una ragazzina. Dalla ghironda si leva una melodia vibrante; l’energia le giunge come un caldo formicolio sotto la punta dei piedi, poi risale lungo le gambe, percorre il ventre come la marea che monta e, attraverso il petto, sale nella gola, nella testa e poi più in alto, là dove i gabbiani volano liberi. Sulle ali delle note si ritrova a cantare come se Pedro e Oliveiro fossero stati solo un fastidio passeggero.


 Lo lop davala, pichon barra la pòrta

Lo lop davala, filhet, para-te dedins

  

Sèm encar aicí, per dreiçar la barrièra

Contra i batèl corsairas

Sèm encar aicí, auçam’ las Grosàubaras,

‘brigamons la nostre iscla


Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop


Sèm encar aicí, après cauda rasìa,

tamben lo prèit chamân

Sèm encar aicí, a chamar l'amassada

Per contunhar batalha


Es l'ora bòna, leu fòra de la tana… 



Noirac sorride: la canzone racconta dei Vasconards che proteggono la propria terra, le loro isole, la loro Vasconne contro i pirati… Lei aveva infilato lo lop (il lupo) e le preit chamân (il prete stregone); Serge e Claire le erano venuti dietro, sostenendola al suono del coro di “Sem encàr aicì”.

La musica, il calore, la birra e la compagnia, nonostante il buio e l’umidità che salgono dal porto, attirano nugoli di Marbèliens, e quando anche le ragazze di madame Voirab fanno il loro ingresso l’atmosfera prende definitivamente fuoco, lasciando Noirac incapace di pensare ad altro fino al giorno dopo, quando, smaltita la birra, si incammina verso Chastèl Camarc, senza alcuna fretta di concludere la libera uscita. Oliveiro ha avuto cura di non far mai coincidere i turni di uomini e donne del forte, così da tenerli separati anche quando si trovavano fuori da esso.

Sputa in terra. Sênescùp! Il prete, oltre ad aver dimezzato l’organico relegando le donne ai lavori domestici, aveva anche fatto togliere asini e cavalli maschi dalle stalle. 

Avrà avuto paura di vedere qualcuna di noi gravida di un… centauro? Inutile pervertito.

La bestemmia che segue ha l’effetto di schiarirle la mente con una domanda: di cosa ha veramente paura il prete? Perché agisce così?

L’idea arrivò subito dopo, lampante tanto quanto il modo in cui avrebbe potuto liberarsi di lui e del Pupillo in un colpo solo.

Però ha bisogno di aiuto.

L’ultimo tratto del sentiero le ricorda il vero motivo per cui a Chastèl Camarc nessuno con un briciolo di cervello potrebbe mai salire a cavallo. Una salita ripida e sconnessa, dove solo le robuste zampe di un asino potevano inerpicarsi senza inciampare, e che conferma l’inesperienza di prete e ragazzo, giunti a Camarc proprio a cavallo. Le povere bestie hanno ancora le zampe piene di cicatrici.

Un motivo in più per liberarsi di quei due. 

Giunta in cima, trova il portone socchiuso e una figura massiccia e familiare ad attenderla a braccia conserte. 

«Claude!» gli corre incontro. «Chi c’è di guardia sugli spalti?»

«Pierre e Joan Cavalier, terranno la bocca chiusa» le risponde lui, abbracciandola.

«Ma il prete?» 

«Preghiera del pomeriggio, io ho già dato stamattina», poi si china su di lei per baciarla; la ragazza risponde con entusiasmo, ma si stacca subito.

«Cos…», sgranando gli immensi occhi azzurri che le piacciono tanto.

«So come liberarci di tutti e due!»

«Parla più piano…»

«Grazie a Eplor non ci sono tubi portavoce che arrivano fin qua, ascolta…»

Lei si avvicina all’orecchio di lui e sussurra: «Faremo in modo che anche Pedro possa godere dei favori di Neneta, così la smetterà di allungare le mani!».

«Non funzionerà mai!» ribatte lui, aggiungendo: «E poi chi lo sente Pierre se qualcuno dovesse fare del male alla sua asinella preferita?».

Noirac gli sorride. «Nessuno si farà male, e poi avresti dovuto diventare tu il nuovo comandante del forte. Dài, entriamo e diamoci da fare! Siamo Vasconards, mica damerini della capitale come quei due!»

Lo stormo di gabbiani che dimora sulla scogliera sotto al forte si libra tra le correnti in cerca di qualche ghiotta occasione, e lei si sente come uno di quegli uccelli mentre scendono in picchiata sulla preda.


La mattina dopo, prima dell’alba, Noirac si presenta agli alloggi del capitano. I capelli di nuovo raccolti in una treccia, come da regolamento, la divisa blu senza neanche una piega e il vassoio con la colazione.

Resiste all’impulso di sputarci dentro. A cena ha discusso il piano con le altre donne, mentre Claude spiegava agli uomini come si sarebbero dovuti comportare il giorno dopo. Guai se il prete li avesse visti tutti insieme. Per stare tranquilli, hanno anche infilato un paio di tovaglioli nel tubo portavoce del refettorio.

Bussa alla porta.

«Chi è?» la voce stridula di Pedro è inconfondibile.

«Sergente Noirac De Caberger, signore, con la colazione!»

«Vieni pure avånti» e questo è il prete, impossibile sbagliarsi.

Uno magro come un chiodo, l’altro più largo che alto: può vederli con la mente prima ancora di entrare nella stanza.

Oliveiro siede dietro la scrivania, rivolto verso il fiore d’ottone dei tubi portavoce, che permettono di far udire gli ordini del capitano in tutta la fortezza e di ricevere risposte altrettanto in fretta. Il grassone è intento a prendere nota di ogni parola che usciva. 

Sorprendentemente, Pedro è vestito di tutto punto, invece che avvolto nella solita vestaglia con le paperelle colorate. La fissa con un sorriso ambiguo, che lei ricambia strizzando un occhio mentre gli passa accanto. 

Trattiene la voglia di decapitarlo col vassoio, sfoggiando un ampio sorriso.

«Ecco la colazione, Padre» dice, chinandosi per posare tutto sulla scrivania; Oliveiro la fissa con i suoi occhi scuri che sembrano dispersi nel grasso faccione. I minuscoli baffetti sembrano proprio due mosconi appena usciti dal naso. Dal tubo portavoce del quadrato, la sala riservata agli ufficiali, esce un fracasso infernale, e il prete la congeda con un frettoloso «Puoi andåre», accompagnato dal gesto di una mano intenta a scacciare un insetto molesto.

Noirac aspetta che la sua attenzione venga catturata dalle voci che fuoriescono dal tubo e, mentre il ragazzo è intento a trascrivere sul suo taccuino, si voltò verso di lui e mima con le mani un gesto preciso, mentre il labiale, senza emettere alcun suono, sussurra dopo.

Lui diventa rosso come una mela matura e sgrana gli occhi, lei sorride per celare il proprio disprezzo e confondere ancora di più il ragazzo, simulando un interesse che proprio non c’è.

Hanno già deciso quando colpire: mentre il prete si trova nella cappella per la preghiera del mattino. 


Una cosa semplice. Noirac pensa che, dopotutto, Pedro potrebbe benissimo capire cosa avrebbe dovuto fare con Neneta. Rabbrividisce all’idea: questo comporterebbe la permanenza al forte del “capitano” De La Vega y Sánchez e, soprattutto, del suo micidiale tutore don Oliveiro e, data la competenza di quest’ultimo negli affari militari, si aspetta che vengano tutti spazzati via da un elementale dell’aria o da una pioggia di meteore lanciata dal primo incrociatore Dei-Talant, che giungerà presso le loro coste al massimo entro metà primavera.  Oppure diventerai la barzelletta preferita di tutte le isole della Vasconne, e allora il tuo “caro” prete dovrà correre ai ripari come mai in vita sua.


L’ex dormitorio riadattato a cappella va riempiendosi. Oliveiro è dentro, dietro al leggio, vestito coi paramenti decorati col sole a otto braccia uncinate. Pedro, accanto a lui, la vede comparire sulla porta e annuisce, poi sussurra al prete «Torno tra un istante».

Invece di entrare nel dormitorio, lei lascia lo specchio della porta e si piazza dietro di essa, in attesa della figura massiccia e nerboruta di Claude.

Appena Pedro mette piede fuori della cappella lei lo afferra per il mantello, trascinandolo fuori vista.

Ritrovandosi faccia a faccia con il suo uomo, i lineamenti brufolosi del ragazzo si contraggono in una smorfia di delusione pura.

«Signore!» lo saluta militarmente Claude.

Noirac fa un leggero inchino ai due ed entra nella cappella. Con la mente può ascoltare la conversazione come se fosse ancora là: «I ragazzi hanno deciso che anche lei ha diritto a usare Neneta».

«Chi?»

«L’asinella di Pierre Balayant, signore.»

«Ma don Oliveiro ha detto…»

«Lei è il capitano, signore, non deve mica chiedere permesso a un prete… E poi la copriremo noi» una strizzatina d’occhio, forse, e il tocco finale: «il prete non ci ha mai scoperto e non scoprirà neanche lei; se, adesso che rientra, dovesse chiederle qualcosa, gli dica che il tenente Vandàm ha organizzato un brindisi in suo onore stasera, tra soli uomini, nel refettorio».

Concluso il dialogo mentale, vede Pedro rientrare sorridente, mettersi di nuovo accanto a Oliveiro e rispondere sottovoce alla sua domanda. 

Tutto come previsto, incluso lo sbuffo di sufficienza e l’occhiataccia verso Claude, entrato subito dopo Pedro.


Il pomeriggio, la piazza d’armi di Carmac le appare deserta. Pierre sosta davanti all’ingresso delle stalle, e ogni uomo e donna, tranne coloro che dovevano essere presenti alla preghiera del pomeriggio così da non insospettire il prete, si è trovato un posto per spiare quanto sta per accadere. E le sentinelle d’avvistamento, ovvio: se una goletta Dei-Talant facesse la sua comparsa, ci sarebbe ben altro da fare. 

Questo è il solo, vero, imprevisto che potrebbe far saltare tutto il piano. 

Pedro sbuca nel piazzale poco dopo la campana della chiamata, sicuro che il prete avrebbe trascorso la prossima mezz’ora a declamare salmi e ammonire i presenti con punizioni divine e premi per l’aldilà.

Si è sistemato per bene, alta uniforme tirata a lucido e i capelli rosso carota pettinati a dovere. Le fa quasi tenerezza quando entra nella stalla, circospetto come un ladro in procinto di rubare il globo d’oro del re.

Una volta sparito dentro la stalla, lei ridacchia e si prepara per l’ultima parte del piano. Prova e riprova la sua espressione da “cado dalle nuvole” che si è preparata per l’occasione.

Neneta raglia una, due volte, e poi le pare di sentire un “shh, sta’ buonina!” squittire da dentro la stalla; scoppia a ridere, immaginando la scena.

La campana annuncia la fine della preghiera e, pochi minuti dopo, la mole rubiconda di Don Oliveiro fa la sua apparizione nel piazzale. «Pedro, dove sei finito, razza di stupido?», chiama.

Il ragazzo esce dalla stalla, i capelli arruffati, i vestiti scomposti. Testa bassa e sguardo sfuggente sono un indizio chiaro della sua colpevolezza.

La scena la fa quasi ridere, mentre si avvicina assieme a Claude e a Joan Cavalier. Adesso è il momento di restare seri.

«Perché sei entrato nella stålla?» il sacerdote diventa paonazzo, come in preda ai sintomi di un colpo apoplettico.

E a quel punto è Claude a dare il coup de grace.

«Già di ritorno, signore?» lo saluta, perché è ancora un suo superiore.

Lei lo imita assieme a Joan, con la sensazione di trovarsi dalla parte giusta di un plotone d’esecuzione.

Caricaat!

«Come sarebbe a dìre già di ritorno?», chioccia lui.

La bocca di Oliveiro è spalancata, come di fronte a un orrore senza nome.

«Be’, signore, quando i ragazzi si servono di Neneta di solito ci stanno non meno di tre ore, sa…»

El puente!

«Tre ore?» rispondono in coro Pedro e Oliveiro, sbalorditi.

Fuego!

«L’asina conosce la strada a memoria e la percorre al trotto pure con un uomo in sella, ma ci mette una buona mezz’ora a scendere giù a Marbèl; accanto al Dauphin c’è il bordello di Madame Voirab, e almeno un’oretta con una delle sue ragazze vola via come niente. Il ritorno è tutto in salita e qualche imprevisto capita, quindi sì, il tempo è quello. Lei, in mezz’ora, cos’ha fatto nella stalla?»

«No!» Oliveiro ha un lampo di comprensione, e lì per lì Noirac crede che il prete stia per morire. «Ohohohoh, Pedro, come sei stato stupìdo!» e gli assesta un pugno in testa. «Voi avete architettato tutto questo! Io vi… vi…»

«Lei non farà proprio nulla, Padre. Al massimo potrebbe farlo il capitano Pedro Calvero Laurito Enríquez Monasterio De La Vega»

«… Y Sánchez» aggiunge quest’ultimo, rimediando però un altro pugno in testa.

Claude annuisce e prosegue: «Ma ha appena disonorato l’uniforme che indossa, quindi! In questi casi il comando passa all’ufficiale più alto in grado, cioè io. E poi dovrò istituire la corte marziale presieduta da me e dai sergenti Caberger e Cavalier per giudicare il suo operato».

«Ma io non ho fatto nulla!» piagnucola Pedro, ricevendo un altro pugno in testa.

«Lo accerteremo in sede di giudizio e poi spediremo il verbale al comando, come da regolamento, così tutti sapranno cosa è realmente accaduto nelle stalle oggi. A meno che…»

E a queste parole Oliveiro si fa attento.

«… il Capitano, stamattina, non abbia rassegnato le proprie dimissioni con effetto immediato. Ho già pronta la lettera; basta che la firmi e poi, dato che è un civile, lascerà il forte entro il tramonto»

A Noirac brillano gli occhi: vedere Claude risplendere di forza, mentre il piano che lei ha architettato si completa come un perfetto meccanismo a orologeria, le sembra che renda il tutto più poetico.

I due scompaiono oltre il portone del mastio, Pedro avanti, spinto dai calci di Oliveiro. Gli viene prestata Neneta, con l’accordo di accompagnarli fino a Marbél a recuperare i loro cavalli e, poi, di tornare da sola. La strada la conosce meglio di chiunque altro. Noirac pensa che l’asina si chiederà a lungo perché quell’umano, stando ai racconti di chi aveva sbirciato nella stalla, sia rimasto mezz’ora a tirarsi su e giù i calzoni a fissarle il sottocoda e poi a grattarsi la testa perplesso.

«Il prossimo quarto andiamo al Dauphin?» la voce di Claude la riscuote da quel pensiero.

«Sì, ho una ballata da finire!» 


Sèm encar aicí, pasmen per far baladas
ma per  plantar la grana
Sèm encar aicí, nosautros des las isclas
las isclas vasconards!



Fonti e altro materiale

L’isola di Vasconne è un pezzetto dell’ambientazione di Tharamys, di cui ho raccontato in lungo e in largo sul mio blog e che vi invito a visitare per avere altri dettagli.  La canzone dei Lou Dalfin, invece, è qui riportata integralmente con la sua traduzione sia nella versione “Vasconard” che nell’originale in lingua occitana. 


Sem encar ici – Testo modificato e traduzione

Lo lop davala, pichon barra la pòrta

Lo lop davala, filhet, para-te dedins

Lo lop davala, pichon barra la pòrta

Lo lop davala, filhet, para-te dedins

 

Sèm encar aicí, per dreiçar la barrièra

Contra i batèl corsairas

Sèm encar aicí, e auçam las Grosàubaras,

per defendre la nostre iscla!


Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop

Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop


Sèm encar aicí, après cauda rasìa,

tamben lo prèi’ chamân

Sèm encar aicí, a chamar l'amassada

Per contunhar batalha


Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop

Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop


Sèm encar aicí, pasmens per far baladas

Ma per plantar la grana

Sèm encar aicí, nosautres de las isclas

Las isclas Vasconhar’s!

Il lupo scende, piccolo sbarra la porta

Il lupo scende, ragazzina, chiuditi dentro!

Il lupo scende, piccolo sbarra la porta

Il lupo scende, ragazzina, chiuditi dentro!


Siamo ancora qui, per alzare la barriera

contro le navi corsare

Siamo ancora qui, e puntiamo le baliste

per difendere la nostra isola.


È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!

È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!


Siamo ancora qui, dopo ogni razzia

pure (dopo) il prete stregone

Siamo ancora qui, a chiamare l’assemblea

per continuare la battaglia


È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!

È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!


Siamo ancora qui, non solo per ballare

ma per piantare il grano (per resistere contro le avversità)

Siamo ancora qui, noi delle isole

le isole di Vasconne!

Sem encar ici – testo originale e traduzione. Di Sergio Berardo (Lou Dalfin)

Lo lop davala, pichon barra la pòrta

Lo lop davala, filhet, para-te dedins

Lo lop davala, pichon barra la pòrta

Lo lop davala, filhet, para-te dedins

 

Sem encar ici, per dreiçar la barriera

contra i senhors d’la piana

Sem encar ici, per mostar lhi dent,

bestias buissàas en la tana


Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop

Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop


Sem encar ici, apres de la crosada,

apres d’i dragonalhas

sem encar ici, a chamar

l’amassada per contunhar batalha


Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop

Es l'ora bòna, leu fòra de la tana

Es l'ora bòna, anem parar lo lop


Sem encar ici, ren mac per far baladas

ma per piantar la grana

Sem encar ici, aquelhs de las valadas

Las valadas occitanas

Il lupo scende, piccolo sbarra la porta

Il lupo scende, ragazzo, chiuditi dentro!

Il lupo scende, piccolo sbarra la porta

Il lupo scende, ragazzo, chiuditi dentro!


Siamo ancora qui, per alzare la barriera

contro le navi corsare

Siamo ancora qui, e puntiamo la balista

per difendere la nostra isola.


È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!

È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!


Siamo ancora qui, dopo la crociata

dopo le dragonate

Siamo ancora qui, a chiamare l’assemblea

per continuare la battaglia


È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!

È il momento giusto, è fuori della tana

È il momento giusto, andiamo a fermare il lupo!


Siamo ancora qui, non solo per ballare

ma per piantare il grano 

Siamo ancora qui, noi delle vallate

le valli occitane!