Maledetto Jack Onnigrafo Magazine

Maledetto Jack

Ne era caduta troppa quel giorno.

Le strade, rese impraticabili, avevano bloccato gli abitanti nelle loro case, i più fortunati avevano scorte in casa sufficienti per superare almeno i prossimi giorni; gli altri si sarebbero dovuti arrangiare.

I veicoli per i soccorsi erano rimasti bloccati nelle loro rimesse, lo spesso velo bianco aveva superato in alcuni casi i due metri e dove non fosse stata sufficiente la neve, alcuni alberi erano caduti sotto il suo peso che aveva appesantito i rami.

Nella villetta numero 6 di Bakery Street sembrava nulla stesse accadendo.

Il colore rosso scuro delle facciate spiccava vistosamente tra il bianco candido della neve e la luce giallognola che fuoriusciva dalle finestre la faceva sembrare la casa di Babbo Natale; al suo interno Jake, John, Julian e Jason giocavano tranquillamente in quella che era definita: “The J night”.

Il fumo era chiaramente percettibile nella parte superiore del soffitto, una fitta coltre offuscava le travi di legno su cui poggiava il piano superiore; fosse stato presente un allarme antifumo, sarebbe scattato già da qualche ora.

Jake, John, Julian e Jason erano seduti al tavolo: il bicchiere sulla destra di Jason non si era mai svuotato, contrariamente alla bottiglia di Jack Daniels che pian piano aveva visto diminuire il suo contenuto.

Julian, il più giovane, aveva al suo fianco il modellino di una Lotus formula uno; lo sponsor oro sulla carrozzeria nera portava lo stesso nome delle sigarette fumate da tutti:

John Player Special; ingenuamente pensavano che portando la loro iniziale non potessero fargli male.

Jake, da fiero irlandese, beveva solo Jameson: il suo bicchiere, al contrario di quello di Jason, era sempre vuoto ma il liquido nella bottiglia era sceso molto meno vistosamente.

John, a differenza di tutti, non aveva nessun amuleto o porta fortuna al fianco, il suo poker di “J” lo aveva tatuato sul petto all’altezza del cuore. Nel suo caso quella iniziale non era riferita ai classici fanti, come pensavano tutti; nella vita, come nel poker, non gli piaceva dare punti di riferimento e quelle lettere si riferivano ai Joker.

La partita era già iniziata da ore; si erano seduti che il manto stradale era ancora visibile, la legna sufficiente per mandare avanti il caminetto una settimana, cibo e bevande per un esercito e Monique, l’unica la cui iniziale non aveva a che fare con quel fine settimana, ad allietare il fortunato proprietario del poker di J di ogni mano.

Monique nella vita faceva la escort per pagarsi una laurea che sperava l’avesse tolta dalle mani di troppe persone e quella proposta l’aveva accettata immediatamente; i ragazzi erano di bell’aspetto e a qualcuno aveva già offerto i suoi servigi, ma soprattutto ad attirarla furono i seicento euro offerti immediatamente il giorno prima.

La regola era semplice: chi avesse fatto un poker con quelle carte l’avrebbe avuta per venti minuti, se nel corso della partita nessuno avesse fatto quel punto se ne sarebbe andata senza dover aprir le gambe o fare altro. La partita non aveva limiti di posta, i ragazzi erano di famiglie benestanti ed i soldi non erano un loro problema, così il vincitore le avrebbe donato il dieci percento della vincita come ringraziamento e come extra per la serata; il tutto avrebbe fatto salire il suo compenso ad almeno mille dollari secondo un suo rapido calcolo e quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato semplicemente cambiare le bottiglie quando terminavano o portare ai ragazzi qualcosa da mangiare.

Troppo allettante per rifiutare.

Erano già un paio d’ore che seduti al tappeto verde si passavano le carte di mano in mano; Monique, dalla sua poltrona, poteva seguire il susseguirsi degli incastri nelle mani di Julian. Il ragazzo era giovane ma le mani spillavano le carte come un professionista, ma troppo spesso era la fortuna a giocare i suoi piatti e non la bravura.

Il primo sussulto le venne al rintocco dell’orologio a cucù delle 22:30. Julian aprì lentamente un tris di “J”, ma l’asso e il dieci che seguirono fecero tirare un sospiro di sollievo all’unica donna non di carta nella stanza. Lui non fece una mossa, ma John, seduto di fronte a lui, non si fece sfuggire il fievole filo d’aria fuoriuscito dalle labbra di lei.

Aveva intuito la mano del suo dirimpettaio, per ora i suoi tre dieci dovevano essere ancora i più deboli. I loro compagni abbandonarono la mano e quel giro lo avrebbero giocato loro due.

Il rilancio alla sua apertura gli diede man forte alla sua ipotesi di gioco. Cambiò una carta tenendosi una regina di cuori come appoggio, in fondo già una regina gli era andata in soccorso.

Il cambio di due carte di Julian gli tolse ogni indugio, avrebbe potuto portarsi anche lui una carta di appoggio, ma il piatto per un poker di fanti era sicuramente più appetibile di quello sul tavolo; in mano non poteva che avere tre ganci e la regina con un mazzo di fiori che gli venne in contro era sicuramente la benvenuta.

Il respiro di Monique si rilassò dietro le pagine del romanzo erotico che si era portato, in cui un certo “Mr Crowley” stava per scoprire carte della sua vita che non pensava di possedere.

Julian andò semplicemente a vedere e quando John gli esibì il suo full non potè che lanciare stizzito le sue carte.

«Cercavi questa? Amico mio…»

John gli mostro il suo jack tra le carte scartate, e Julian gli si avventò contro in modo scherzoso, facendo cadere parte delle sue fiches e dei suoi scarti rimettendosi seduto.

Monique gli andò in contro: «sarà per la prossima mano piccolino mio» e, stampandogli un dolce bacio sulle labbra, lo aiuto a raccogliere tutto.

Proseguirono per un’altra mezz’ora a rubarsi piatti a vicenda, Jack l’irlandese era quello che stava perdendo più di tutti e sperava almeno nella mano di consolazione, che finora nessuno aveva avuto il piacere di spillare.

Monique si alzò incuriosità ed andò al tavolo: «Possibile che nessuno di voi mi abbia ancora fatto?» giocando con le parole. Apri le carte le carte sul tavolo alla ricerca dei delle quattro incriminate, due erano sul tavolo e, smazzando le altre ancora da distribuire, scoprì le altre due.

«Ragazzi avanti sono qui, non mi desiderate abbastanza, forse è per questo che non escono insieme.»

La sua non aveva un tono di domanda, era più un’affermazione, anche lei giocava la sua partita e doveva far in modo di innervosirli.

Fermarono il gioco per una mezz’ora; la penombra, il whisky e i primi sintomi di fame iniziavano a stancare i loro occhi.

Seduti tra divano e poltrone sentirono le note di “You can leave your hat on“ provenire dalla cucina affianco, le luci si abbassarono e Monique apparve loro ancheggiando. Jason vide il suo Borsalino fluttuare nell’aria e poggiarsi sulla capigliatura di lei.

Le scarpe con il tacco slanciavano le sue gambe fasciate dalle autoreggenti nere, la gonna corta a tubino modellava i suoi glutei marmorei e quando si poggiò sul tavolo, dando loro la schiena, mostrò loro parte del suo intimo bianco che rivelò interamente voltandosi ed esibendosi in una ruota mozzafiato poggiata sul bordo del tavolo.

Le note sfumarono e lei si avvicinò lentamente a loro: «Avanti ragazzi, non vorrete mica lasciarla all’asciutto?»

L’invito e quella visione li fece tornare tutti al tavolo; ricomposto il mazzo Jason iniziò a distribuire le carte.

John accolse mal volentieri la sua coppia di otto, Jack vide nei due re la speranza di rialzare un po’ le sue finanze, Julian pensò che l’arcobaleno di semi e valori che si ritrovò in mano fosse peggio della pestilenza di cavallette mentre Jason si congratulò con sé stesso per le tre donne che si era servito. 

Il primo lasciò un dieci a far compagnia alla sua coppia cambiando due carte, Jack lasciò una donna a far compagnia ai suoi re, ignaro della sua inutilità.

Julian abbandonò la mano e Jason andò alla ricerca del poker impossibile. 

John conosceva troppo bene i suoi compagni di gioco: il compagno alla sua sinistra poteva avere una coppia o al massimo un tris, si era fermato alla sua apertura senza alcun rilancio.

Lesse subito il tris in mano al mazziere; avesse avuto un poker lo avrebbe dichiarato servito ed il rilancio, seppur timido, doveva dargli la giusta sicurezza. 

Al cambio ottenne un altro dieci, quella doppia era troppo misera per sperare in una mano vincente, ma alzò il tiro nella speranza di far cadere le ultime fish di Jack.

Al rilancio di entrambi abbandonò la mano ed un gesto di stizza nel valutare il suo intento di indebolire Jack vano, con il risultato di farlo tornare nuovamente a galla.

L’irlandese, alla fine, si era portato a casa il quarto re rendendo vane le tre donne di Jason.

Le colonnine di fiches aumentavano e diminuivano di mano in mano, verso fine partita tutti erano quasi alla pari, i liquidi nelle bottiglie diminuiti entrambi e l’unica vincitrice per ora era lei; Monique, nessuno era ancora riuscito a legare i quattro Jack.

Lei restò lontana dal tavolo, solo una volta fu chiamata da Julian per svuotare il suo posacenere ed insieme al suo svuotò anche quello degli altri, ma inavvertitamente urtò il bicchiere colmo di Jameson sulle carte di Jack. La mano era ormai terminata, ma dovettero cambiare il mazzo, quella coppia di donne e re sarebbe ormai stata letta da tutti.

Jason, dopo aver raccolto il resto del mazzo ed invitato la colpevole dell’interruzione a gettarle, prese dal cassetto un mazzo nuovo, ne tolse le carte inferiori ai sette e guardandola negli occhi si auspicò che il mazzo nuovo fosse più fortunato, pur avvicinandosi alla fine della partita.

Le mani successive furono vivacizzate solo dagli sporadici commenti dei quattro, mentre lei era quasi giunta alla fine del suo romanzo.

L’urlo di gioia di Jack la fece trasalire quando era giunta all’ultima pagina, ma le bastò poco per comprendere che la felicità non era data dal raggiungimento del punto massimo ma dalla chiusura di un colore che lo aveva riportato ad essere il chip leader.

«Beh tutta questa felicità per una mano e ancora nessuno ha vinto me…fammi prendere il premio di consolazione», Monique si avvicinò all’irlandese dalla barba rossa e mentre con una mano accarezzava il suo volto baciandolo appassionatamente, l’altra andò a saggiarne la mascolinità che non stava tardando ad arrivare.

«Devi puntare più in alto, per avere di più.»

Le risate degli altri accompagnarono il ritorno della ragazza alla sua poltrona ed al suo libro.

A malincuore chiamarono il giro al ritocco delle 2:00, la nera mietitrice che sostituiva il classico uccellino dell’orologio agitò in aria la sua falce e da quel momento avrebbero avuto a disposizione un ultimo giro da dealer. 

Jack, forte del bacio ottenuto, incrementò la sua posizione e John maledì il suo tentativo di farlo cadere che si tramutò nella sua risalita.

Julian, si ritrovò il più giovane e quello con le tasche più povere; la sua settimana bianca era svanita su un prato verde.

Jason e John avrebbero solo tagliato le prossime due cene di lusso allo yacht club, ma si sarebbero rifatti al prossimo tavolo.

Monique fu la seconda vincitrice, lasciò la casa con oltre mille euro totali e nessun servizio personale extra.

Prima di lasciare la casa però volle conceder loro il premio di consolazione; uno di fianco all’altro donò loro un caldo bacio. Dolcemente fece scivolare la sua lingua nelle labbra di ognuno di loro, donando a Julian una palpatina supplementare ai suoi glutei per avvicinarlo al suo corpo, poi si chiuse nel suo cappotto lasciandosi alle spalle la porta.

L’aria era fredda, la neve continuava a scendere e a coprire le tracce dei pochi passanti mattutini; qualche netturbino e qualche sfortunato che doveva recarsi a lavoro.

Lei li guardò sorridendo pensare a quanta neve e mondizia avrebbero dovuto spalare in un mese per guadagnare quello che lei aveva incassato in poco più sei ore e senza fare nulla.

Il sorriso divenne ancor più beffardo al ricordo della serata. 

Quel primo poker mancato a causa del quale Julian aveva fatto cadere fiches e carte a terra e lei nel raccoglierle si era ritrovata tra le mani quel fante di cuori che sembrava strizzarle l’occhio; fu un attimo nasconderlo nel palmo della mano per poi farlo ricomparire quando mostrò tutti i jack al finto controllo.

Ripensò al balletto, di schiena con i suoi glutei ed il sottile tessuto bianco del suo tanga in bella vista, fu semplice nascondere il jack di fiori sotto il reggiseno e la ruota finale li avrebbe fatti correre al tavolo alla ricerca del tesoro nascosto.

L’incidente del bicchiere stava per rovinare tutto, aveva tremato silenziosamente per molte mani fino a quel colore.

Ipnotizzati dal bacio irlandese, non avevano notato la mano che, prima di scendere sotto il tavolo, aveva nascosto la carta di quadri per poi andare ad accarezzare quella crescente virilità.

Con il saluto finale le restò semplice rimetterla tra le carte ammucchiate sul tavolo e ricomporre il quadro.