Illustrazione di Gianni Russomando
A Ckilingo, cucciolo di canguro rosso del deserto, non piaceva per niente fare a gara a chi facesse i salti più lunghi, e nemmeno a chi raccontasse le barzellette più divertenti; ma non gli piaceva soprattutto l'altro passatempo dei suoi compagni del branco: lamentarsi tutto il giorno l'uno con l’altro; perché c'era troppo caldo, perché c'era troppo freddo, perché non si era dormito abbastanza, perché si era dormito troppo, perché c'era bisogno di acqua e non pioveva, perché pioveva troppo, perché uno era più bravo a saltare, perché l'altro era più alto, perché il cielo era grigio, perché il cielo era blu… insomma tutto era un motivo di lagna e generava malumore e, spesso, litigi.
Ma anziché smettere, i piccoli canguri, imitando i grandi, non facevano che continuare. Così Ckilingo se ne stava spesso e volentieri da solo, in disparte. Aveva trovato un buon posto per farlo. Un giorno che era saltato via da tutti quei bisticci, aveva visto una costruzione strana e abbandonata dagli uomini: era un vecchio pozzo, vuoto e con le pietre decadenti. Gli era sembrato un buon posto, tranquillo e silenzioso. E cosa faceva lì, vi domanderete? Niente, ma molto in verità. Parlava con se stesso. Si parlava. Si ascoltava. Era bellissimo per lui quel momento: solo lui e quel buco. Un buco profondo a cui rivolgere i propri dubbi, le proprie paure; un buco in cui gettare le proprie lamentele in modo che rimanessero laggiù e non andassero in giro potendo magari rovinare il buonumore degli altri.
Gli altri cangurini lo prendevano in giro: “Ckilingo ma dove scappi sempre? Hai paura di stare con noi? Sai di essere il più scarso di tutti,
Vero? Scappa, scappa” Killy non rispondeva, andava al vecchio pozzo. In realtà non sostava lì a lungo, perché ci voleva tanto tempo per arrivare lì e poi tornare indietro. C’erano ben 1583 salti da fare!!!
Un giorno i suoi compagni più bulli lo seguirono di nascosto; erano troppo curiosi: volevano sapere dove se ne andava quel pappamolla di Ckilingo tutti i giorni, e volevano sapere, soprattutto, perché quando tornava era così di buon umore da fischiettare poi per tutta la serata. Forse aveva trovato una fidanzatina? Forse si era imbattuto in un tesoro? O magari aveva conosciuto nuovi amici? Oppure era semplicemente pazzo?
Quando videro che se ne stava vicino a quel brutto pozzo, pensarono che avesse trovato una fresca sorgente d’acqua, e che magari fosse miracolosa, perché lo rendeva gioioso. Così, quando Killy si fu allontanato, si avvicinarono. Vedendo il pozzo vuoto si arrabbiarono moltissimo e ci sputarono dentro in segno di disprezzo. Decisero quindi di fare un brutto scherzo a Ckilingo, perché si sentivano presi in giro da lui.
Quando, il giorno dopo, il nostro piccolo canguro arrivò, saltellando felice, verso il suo amico pozzo, fu molto triste per quello che vi trovò: era stato chiuso, con legni, corde e arbusti; niente più buco nero per le sue nere parole; niente più orecchio profondo che lo sapesse ascoltare; niente più lavoro sul buonumore per sé, e quindi per gli altri. Anche molte delle pietre intorno al pozzo erano state tolte. Chi poteva avere fatto una cosa del genere?! Killy non ci pensava, non se lo domandava, semplicemente saltò via piangendo a dirotto. Le risate dei canguri bulli, che lo avevano seguito per godere della sua disperazione, risuonarono per tutto il deserto.
Il giorno dopo Ckilingo non si recò al vecchio pozzo, gli faceva troppo male vederlo ridotto in quel modo. I suoi cattivi compagni, invece, convinti che lui fosse andato ancora là a piangere, andarono verso il pozzo. Vedendo che lui non c'era si avvicinarono, arrabbiati e decisi a togliere ancora più pietre e a rovinarlo per sempre. Quando però furono abbastanza vicini, videro, tra gli spazi dei legni che lo chiudevano, qualcosa di molto luccicante che spuntava e che li abbagliava; pensarono subito che fosse oro, che forse il loro amico Killy avesse davvero trovato un tesoro e che lo tenesse nascosto lì sotto; così si misero al lavoro per aprire di nuovo quel pozzo, ma quando fu aperto videro solo acqua. Era un’acqua così limpida, così pura e così fresca, da far nascere sul loro viso un sorriso di meraviglia e felicità. Sembrava un miracolo: una sorgente d’acqua che spuntava in una notte in mezzo al deserto!
Ma non accadde solo questo: sentirono da quelle acque profonde la voce di Killy: parlava di sé, di tutti i problemi suoi, del branco e del mondo intero. Sentirono tutti i suoi discorsi dei giorni passati. Impararono che i lamenti si possono fare tra sé e sé e trasformare in qualcosa di migliore. Capirono che quello era il suo modo di pregare, che Killy pregava nel buco di quel pozzo, e pregava anche per loro. Compresero che quel piccolo canguro forse non sapeva saltare in alto, non era bravo nel raccontare barzellette, ma sapeva di certo essere migliore di loro.
Ogni giorno a seguire, Killy andava con i suoi amici ritrovati al vecchio pozzo, che vecchio più non era: difatti era diventata un'oasi quel posto. Ogni canguro aveva lavorato duramente per mettere di nuovo le pietre al loro posto. Erano spuntati lì attorno molti fiorellini colorati. E si andava lì a bere quell’acqua miracolosa; e a pregare; e perché no: a saltare e a raccontare barzellette divertenti, che strappavano sorrisi sui loro volti già sorridenti di amore e amicizia.
Nella speranza che ognuno di voi possa trovare il proprio pozzo, poso la mia penna e vi saluto così, senza lamenti, senza competizione, ma solo con un sorriso sincero. E qualche barzelletta.
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