Illustrazione di Gianni Russomando
Era molto giovane e altrettanto bella, Prudencia Parahoy, ma aveva un gran difetto…
Se ne stava tutto il giorno, e tutti i giorni, a coltivare il suo orto, un grazioso e piccolissimo quadrato di terra rigogliosa; quadrata era la sua terra e quadrata era lei, che non ne voleva proprio sapere di uscire da quei pochi e noiosi, ma sicuri, metri quadrati.
Un bel giorno, mentre lei piantava melanzane e raccoglieva fagiolini, un giovane aitante passò accanto al suo orto e si fermò, ammaliato; guardava Prudencia in tutto il suo splendore, non riuscendo a dar riposo ai suoi occhi che se ne stavano in fissa su quegli occhi preziosi del colore dell'ambra, su quella desiderabile bocca di rosa purpurea, su quelle soffici onde di capelli dorati e su quel dolce viso trapunto di lentiggini fatali.
Anche Prudencia non riuscì a restare indifferente al fascino di quello straniero, e forse anche al fascino di averlo affascinato.
E così, per molti giorni di seguito, allo stesso orario, avvenne quello stesso incontro furtivo al limitar dell’orto. Lui sentiva di appartenere all'anima di lei, così come lei trovava in lui la sua realizzazione.
Finché, finalmente, durante uno di quei momenti d'amore platonico non dichiarato, i due giovani si parlarono. Furono poche parole, semplici, dirette, essenziali: i loro nomi e tanti aggettivi disparati e disperati per cercare di descrivere il maremoto che sentivano nel loro petto.
Xaviér, questo era il nome del ragazzo, che significa ‘casa nuova’ e che era proprio quello in cui lui sperava, era un giovane molto sensibile e riusciva spesso a sentire il non detto delle altre persone; aveva quindi percepito il grande desiderio di Prudencia, che era allo stesso tempo però la sua più grande paura: il cambiamento. Voltare le spalle al suo orticello. Lasciare la strada vecchia per la nuova. Uscire dalla zona comfort. Sconfinare. Oltrepassare la propria visione quadrata. Tutto ciò portava in un unico posto: l’ambìto e temuto nuovo.
Xaviér sapeva che quella non era la vera Prudencia; quella vera non coltivava il suo falso orto ogni giorno; quella vera, lui riusciva a sentirla.
E così il giovane innamorato ci provò: le diede appuntamento, con la falsa scusa di un nuovo lavoro che si era trovato, in un altro luogo che non fosse il suo amato orto.
Lui la attese per ore, ma Prudencia non arrivò.
Lei fu combattuta per ore, ma il terrore di lasciare ciò che conosceva bene, anche se spesso la faceva soffrire, per ciò che le era sconosciuto e che quindi avrebbe potuto farla stare anche peggio, la paralizzava.
Lo sa il cielo quanto avrebbe voluto poter riuscire a muovere i suoi piedi per correre tra le braccia del suo amato Xaviér, ma proprio non ce la faceva.
Lui non glielo domandò più. Si presentò come prima al solito appuntamento quadrato nell’orticello quadrato di quel susseguire quadrato d’esistenza.
Ma la tristezza in cuor suo prese il sopravvento.
E lo stesso accadeva al cuore di lei: vi era come una pietra nel suo petto che le rendeva pesante ogni cosa, perfino la sua occupazione principale: estirpare la gramigna che spuntava a tradimento nel suo amato orto.
La gramigna della paura del nuovo era cresciuta a tradimento in lei, e quella non riusciva a strapparla, nemmeno con l'aiuto che Xaviér le aveva offerto e che lei aveva declinato, creando così una crepa.
Una crepa su un vaso, come ci insegnano i giapponesi, si può riempire d'oro per rendere ancora più prezioso e visibile un segno importante che avrebbe potuto significare una fine ma che invece ha rappresentato un nuovo inizio.
Xaviér questo lo sapeva molto bene, così un giorno, prese una decisione: difficile, drastica, necessaria. Scelse quella crepa e sperò nella venatura d'oro.
Prudencia non riusciva a capire perché tardasse tanto; non lo aveva mai fatto prima. Forse gli era accaduto qualcosa? Forse semplicemente si era stancato di lei e della sua ripetizione continua che portava alla diabolica perseveranza della conservazione di un sé non veritiero?
Mentre si domandava queste cose, vide un foglietto, conficcato nella punta più alta del cancelletto di fortuna dell'orto. Lo dispiegò e cercò di leggerlo, a dispetto dell'amarezza di tutte quelle lacrime che le rigavano il volto.
“Ben al di là di ogni definizione di desiderio e paura, di nuovo e vecchio, c’è un campo. Ti aspetterò laggiù. Fino a mezzanotte".
E Prudencia Parahoy avvertì la crepa. E Prudencia Parahoy non concesse tempo al suo pensiero. E Prudencia Parahoy iniziò a correre. E corse a più non posso. Corse oltre il confine di una terra; corse oltre la superficie di un grande lago; corse oltre la vasta riga dell’orizzonte, corse oltre il limitare del cielo. E lì lo vide.
“Ben al di là di ogni definizione di desiderio e paura, di nuovo e vecchio, c’è un campo. Ti aspetterò laggiù. Fino a mezzanotte".
Eccolo, Xaviér, al di là della porta, di quell’uscio che apre allo sconfinare.
La stava aspettando. Ora o mai più.
Mezzanotte si avvicina, l'alba di un nuovo giorno si leva per ognuno di noi. Usciamo dalla finta tranquillità che ci dà il falso quotidiano che ci siamo costruiti, andiamo incontro a quello vero, al nostro io autentico. L'occasione di un nuovo inizio si avvicina. Ora o mai più. Spacchiamo il meccanismo e riempiamo la crepa con l'oro.
Prudencia Parahoy ora è pronta a varcare quella porta.
Auguriamoci anche noi di esserlo. Possiamo esserlo. Possiamo strappare la gramigna. Possiamo andare incontro a un nuovo che sia davvero nuovo.