[da le "Storie dei Regni Unificati"]
Quanto segue è stato scritto di proprio pugno dalla storica e scrittrice Mariniana Avem, nove anni dopo la campagna Forza Orientis condotta dall'imperatore Aurelius Forza. La suddetta accompagnava la legione Aquila IX come sergente in seconda e storica del capitano Verius Probo per tutta la durata della campagna. Va aggiunto che questa autobiografia non è stata minimamente modificata, in quanto rappresenta un documento storico rinvenuto solo recentemente. Le alte sfere dell'esercito hanno concesso a noi dell'Accademia del Buon Leggere di pubblicarne le pagine con questa introduzione. Cinzio Medio Nono, redattore de "Le verità proibite" di Mariniana Avem,
Anno 402° c.R.U.
Ho sempre considerato la vita come musica.
No, in famiglia non ho mai avuto musicisti; ma sin da piccola, ho sempre visto nel suono armonioso delle melodie una correlazione fortissima all'essere, al nostro "io".
Lo spartito all'inizio è pressoché bianco; poche note lo imbrattano. E spesso queste sono lunghe e lamentose; non si può definire una melodia, forse un pianto, come lo è quello dei neonati. Fortunatamente ci sono degli insegnanti che ti danno la chiave, e questi sono i nostri genitori. Lo spartito comincia a riempirsi di alcune sinfonie, che sono però guidate, senza indipendenza nella maggior parte dei casi. E solo saltuariamente all'inizio ci sono delle note che un po' stonano, perché sono inserite da chi sta scrivendo lo spartito, perché vuole provare, vuole osare nel comporre.
Cresciamo e si aggiungono altri fattori a interferire con lo spartito: amici, parenti, conoscenti, altri insegnanti. E per quanto possano essere guidate, le note cominciano ad avere una vita propria, e gli insegnamenti vengono reinterpretati dal musicista, che viene così a creare un proprio stile, che può essere simile ad altri, cambia col cambiare delle amicizie, diventa lieve e melodioso durante un amore e triste e malinconico quando questo finisce, per poi riprendere a battere con la forza di cento timpani quando il musicante si riprende e scopre una nuova passione o un nuovo amore. Non mancano sicuramente le interruzioni forzate, dovute alla scomparsa di uno degli insegnanti o di un altro dei fattori esterni. La morte cambia molte cose.
O peggio ancora, quando cambiano i punti di vista, ma visto che si parla di musica, diciamo ʽquando cambia la chiave dello spartitoʼ. Tutto va rimesso in discussione, in questo caso. Ogni cosa prima conosciuta viene cancellata, o costretta ad essere rimodellata.
Ed è proprio così che mi sono sentita a fine della campagna Forza Orientis.
E finché la memoria mi regge e le lunghe dita del Filatore del Fato non mi chiameranno a sé, ho deciso di raccontare ciò che ho visto.
Non sono mai stata una grande atleta, infatti molti commilitoni della legione Aquila IX mi chiamavano “l'Aquilotta”. Nonostante la mia statura, sono sempre rimasta affascinata dalla vita di campo, dal sapere che ogni singola unità aveva un compito ben impostato per, non so, creare un accampamento provvisorio: quella decuria doveva scavare le latrine, l'altra deve piantare i paletti per le tende, l'altra ancora erigere una palizzata, questa invece stava già organizzando la ronda e decidendo gli intermezzi tra le staffette portadocumenti. Tutto mi ricordava un carro con l'asse ben oleato e questo non poteva funzionare se mancava un pezzo o se non c'era coordinamento tra le unità.
Come ho detto, non ero molto prestante di statura, quindi non ho mai partecipato attivamente alle battaglie della campagna militare. Però, come diceva sempre il mio caro padre: ʽTu, figlia mia, hai occhio e memoria per le cose; sai dove stanno le criticità della casa e sai consigliare immediatamente una risposta efficaceʼ. Che il Fato lo abbia in grembo; non fosse stato per le sue spinte, non sarei mai entrata nell'esercito.
Fatto sta che, grazie alla mia memoria e alla mia bella grafia, quando avevo sedici estati riuscii a farmi valere durante la leva volontaria. Al tempo, nel 315 c.R.U., solo la leva maschile era obbligatoria, mentre le donne potevano andare solo se spinte da una passione, come me… o non so per cos'altro; io avevo la mia voglia di conoscere, le altre non lo so.
All'inizio della mia carriera compilavo per lo più scartoffie dietro alle quinte dell'esercito; un periodo di “gavetta”, diciamo, durato tre anni. Con questo incarico ho potuto comprendere appieno come funzionasse l'ingranaggio che descrivevo prima come un carro, imparare a memoria i gradi dell'esercito e chi ricoprisse queste cariche e, per mia grande sfortuna, anche i livelli di burocrazia che intercorrono tra queste. Fortunatamente, verso la fine del mio terzo anno di gavetta, il capitano Verius Probo si accorse del mio amore per il mio lavoro e per la storia.
Ero immersa tra la mie solite decine di pergamene e documenti vari, divisi accuratamente per grado di urgenza e per livello militare, e il capitano mi si presentò con un plico dei suoi. Ricordo ancora quello scambio di battute, nonostante siano passati così tanti lustri!
Non mi ero nemmeno accorta della sua presenza, tanto ero presa dal mio scribacchiare su una pergamena per dei rifornimenti per la neonata campagna Forza Orientis. Lui mi fece: ʽQuando ha tempo, potrebbe redigere in una grafia comprensibile questi testi? La mia è pressoché illeggibileʼ, quindi posò su uno spazio libero del tavolo un'ottantina di fogli scritti a mano.
Posai la mia penna sul calamaio, mi sfregai gli occhi con le mani e cercai di mettere a fuoco chi fosse l'individuo di fronte a me. Mi ci volle qualche battito di cuore, dato che ormai era quasi una clessidra che stavo con la vista incollata ai miei fogli. Quando lo riconobbi, scattai immediatamente sull'attenti, facendo il saluto militare, e risposi ʽSenza dubbio, comandante Probo!ʼ, forse alzando un po' troppo il tono della voce.
Al che, sbirciai velocemente quei fogli, e vidi che anche questi erano degli ordini per la campagna appena citata, in particolare sui posizionamenti delle legioni, completa di disegni su eventuali campi di battaglia. Il comandante (sì, al tempo era ancora comandante) Probo, quindi, aggiunse: ʽLe devo chiedere di farne almeno tre copie, da mandare una alla mia legione e altre due a quelle che ci seguiranno in questa...ʼ
ʽMa questo è lo spiegamento motus!” esclamai io, interrompendolo e senza staccare gli occhi dai documenti appena consegnati. ʽUno degli schieramenti più efficaci inventati dal capitano Primiano Loto! Pensavo fosse ormai in disuso a causa...ʼ
Mi fermai immediatamente, rendendomi conto di quello che avevo fatto: un grado superiore mi stava spiegando le sue direttive e lo avevo interrotto. Alzai lo sguardo, preparandomi ad incontrare degli occhi collerici con la bocca storta in un ghigno irato; invece, con sollievo, trovai solo del divertito interessamento.
ʽLei si intende di tattiche militari, soldato...ʼ
ʽMiriniana Avem, comandante!ʼ, risposi prontamente, sempre col tono della voce leggermente alto per colpa delle diverse emozioni che stavo provando, ʽE sì, è un amore che è nato lavorando qui. Come può vedereʼ, e mi girai, indicando i vari scaffali con tutti documenti risalenti all'inizio dei Regni Unificati e anche antecedenti all'Unificazione, ʽho tutto il materiale di studio che voglio. Quando ho una clessidra libera o durante la pausa per il pasto diurno, mi prendo qualche volume o qualche pergamena antica per vedere da dove siamo partiti col nostro esercito e come sta cambiando!ʼ
ʽVedo anche che non le manca un carattere forte. Ascolti, il Fato mi dice che lei potrebbe tornare utile a Morgard. Che ne direbbe che la facessi entrare come redattrice storica nella mia legione?ʼ
Mi vennero le lacrime agli occhi, e per una volta non erano dovute alla polvere che aleggiava in quello scantinato illuminato per lo più dalle candele di sego. Il mestiere di storica era un sogno che diventava realtà: poter vedere in prima linea quel che l'esercito faceva, essere la prima a poter documentare le gesta della mia legione sotto il punto di vista di qualcuno che effettivamente era stato con i soldati.
Accettai senza indugi.
Così il comandante Probo propose ai vari tribuni di potermi spostare dagli archivi alla sua legione e dopo poco tempo, e a pochi lustri dall'inizio della Campagna, entrai nella legione Aquila IX.
Adoravo la mia legione e la loro compagnia. Sin da subito mi avevano dato il soprannome di “Aquilotta”, dovuto ad un miscuglio di ragioni. Innanzi tutto ero la più bassa della compagnia; il precedente storico, Digviv Tres, un nordico, era una montagna d'uomo, ma tutti lo chiamavano Dolcezza, perché nonostante la statura non aveva mai partecipato attivamente ad una battaglia. Un gigante buono che soffriva di cuore; di fatti era morto pochi giorni prima del mio incontro con il comandante Probo. In secondo luogo i miei occhietti sono miopi, e va da sé che “aquilotta” è un vezzeggiativo anche per la mia vista occhialuta. Infine, perché loro dicevano che ero molto testarda e ansiosa, proprio come una madre aquila.
Non mi ha mai dato fastidio il soprannome, anzi, ha favorito velocemente lo svilupparsi del cameratismo con i legionari.
Ho fatto in tempo a conoscerli tutti prima della partenza per la campagna. C'erano gli altri sergenti, che mi hanno aiutato moltissimo a ricordare tutti i nomi di ogni singolo soldato. Da subito mi sono avvicinata a Sersy Dodming, un caporale della mia stessa età col sorriso facile e la parlantina sciolta. La poverina è scomparsa durante una delle prime incursioni. Non abbiamo mai trovato il corpo.
Ricordo anche il Primo Mago di compagnia, un altro nordico che chiamavano Mano Nera. Indossava sempre i suoi guanti neri, quindi non so se il nomignolo fosse dovuto a questi o perché lui, nonostante la carnagione fosse quella pallida classica dei nordici, avesse le mani scure. Non gliel'ho mai chiesto, perché era una di quelle persone che incutevano timore, la cui presenza faceva parecchia ombra nella stanza. Era anche uno dei maggiori sostenitori della campagna all'interno della legione: come diceva lui, ʽC'è puzza di magia a Byest, si sente già da Mordgard!ʼ
Ma perché venne fatta partire la campagna Forza Orientis?
Mi spiace dover dire che il casus belli originario fosse solo propaganda; o meglio, lo era per la maggior parte. Ricordo le “urla” attaccate sulle Colonne del Fato: due fogli di pergamena di pecora con scritto nella prima pagina che ʽIl regno di Byest aveva invaso i confiniʼ, saccheggiato questo o quel villaggio, stuprato decine di donne; nella seconda pagina invece campeggiava la chiamata alla leva volontaria, con l’indicazione di dove si poteva fare domanda, di solito la prefettura più vicina.
La prima parte probabilmente era parecchio ingigantita, ma aveva un fondo di verità. Nell'ultimo anno erano avvenuti degli strani avvistamenti ai confini est dei Regni Unificati, ed effettivamente non si avevano più notizie di diverse piccole città e di piccoli villaggi di frontiera.
I tribuni tutti avevano deciso di mandare delle piccole pattuglie di cavalleria in avanscoperta per sincerarsi degli avvenimenti.
Di sei squadre di venti ausiliari ciascuna, ne tornarono due, decimate per di più. Già questa era di per sé una dichiarazione di guerra.
Ad aggravare la situazione vi erano i racconti dei capisquadra, che descrivevano la devastazione dei villaggi che erano riusciti a visitare, e le schermaglie che avevano dovuto affrontare: gruppi di quattro o cinque individui attaccavano la squadre, infliggendo ingenti perdite, per poi svanire nella notte.
La guerriglia non era di per sé così strana, se non fosse stato per i membri del commando. Ricordo di aver letto durante la marcia un racconto di uno dei capisquadra, un certo Sven Tarth di Lieviv, unico sopravvissuto. Narrava di sei personaggi, completamente vestiti di nero e di cui si potevano solo scorgere gli occhi luminosi e rossi, dotati di velocità e forza oltre la comprensione umana. Tarth diceva che uno di questi era riuscito a sollevare un cavallo lanciato alla carica, con il proprio cavaliere armato, con la sola forza del braccio sinistro, scaraventandolo ad almeno due piedi di altezza e a quattro di lunghezza. Il capo squadra aveva fatto anche caso che questo individuo aveva l'arma inguainata sulla stessa mano, sottintendendo che l'avversario fosse destrorso. Alla visione di questo spettacolo, Tarth non ci pensò su due volte: montò in sella al suo destriero e fuggì il più velocemente possibile verso la prima stazione militare di sosta, dove poté cambiare cavallo e correre a fare rapporto al proprio tribuno.
Ebbene, dopo ottant'anni di pace, i Regni Unificati erano di nuovo in guerra.