Z-U-999 Onnigrafo Magazine

Z-U-999

Capitolo 1

Bzzzzzssss… tac tac tac… bzzzzzzzssss… tac tac tac… trrrrrrrr… zzzzzzzac!

Era tutta la mattina che il Cervellone Elettronico stava ronzando, quando il secco rumore della tagliatrice annunciò che l’elaborazione dei dati si era infine conclusa.

“Zeta…

U…

novecentonovantanove…

Z-U-999!”

“Non dica idiozie, Attendente, che codice è uscito dal Calcolatore?”

“Z-U-999, Z-U-999, non la sto menando per il naso, Venerabile!”

“Non è possibile, si sposti, mi faccia vedere il listato… Z-U-999, Santo Dio dei Tre Soli, Z-U-999!?”

“Aspetti, ripetiamo il procedimento. Mi passi la scheda forata e proviamo a interrogare nuovamente il Calcolatore. È chiaro che ci deve essere stato un errore durante l’elaborazione dei dati. È semplicemente impossibile che sia uscito proprio quel risultato”

Bzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzssssssssssss

“Zeta ...”

bzzzzzzzzzzzsssssssss

tac

tac

“U …”

bzzzzzsssss

tac

tac

tac

“Novecentonovantanove ...”

trrrrrrrrr … zac!

Z-U-999!”

“Santrippe, Z-U-999!?”

Il Venerabile non riusciva proprio a capacitarsi di quello che stava succedendo. Il codice numerico che, quella mattina, era uscito dal Cervellone Elettronico collocato nello scantinato della Cittadella non era per niente quello che si aspettava, e il Venerabile non sapeva come comportarsi.

“Venga Attendente, andiamo dal Sommo Sacerdote. Noi non abbiamo né la competenza né l’autorità necessarie per gestire una situazione di tale importanza”

Il Venerabile e l’Attendente, dallo scantinato dove lavorava il Cervellone Elettronico, si spostarono al primo piano della Cittadella, chiedendo di poter parlare con il Sommo Sacerdote.

In quel preciso momento, il Sommo Sacerdote era all’interfono con un importante Funzionario, e fu necessario aspettare qualche minuto prima di potergli esporre la spinosa faccenda.

Il Venerabile era piuttosto nervoso: mai gli era capitato, nei 7 anni Wolfaniani ormai passati al servizio della Gilda dei Tre Soli, di dover riferire una così nefasta notizia al suo Responsabile Diretto.

L’Attendente era, al contrario, piuttosto tranquillo. Salendo al primo piano della Cittadella, le sue responsabilità erano ormai finite. La patata bollente era ora in ben altre mani che le sue.

“Prego, si accomodi Venerabile”, cominciò il Sommo Sacerdote, “qualcosa mi dice che il Cervellone Elettronico ha finito di fare i suoi calcoli e , il risultato non rientra nelle attese… ho indovinato?”.

“Ha indovinato, Sommo Sacerdote, ma non...”

“Aspetti, non me lo dica, non me lo dica: scommetto che, quest’anno, il risultato del Cervellone Elettronico non è stato una A-A-qualcosa… ho indovinato?”

“Ha indovinato, Sommo Sacerdote, ha indovinato, ma non immagina…”

“Aspetti, aspetti, non me lo dica le ripeto: sono pronto a giurare, vedendo l’espressione preoccupata della sua faccia, che quest’anno il risultato del Cervellone Elettronico non è stato nemmeno una A-E-qualcosa o un B-A-qualcosa, giusto?”

“Z-U-999”, intervenne secco il Venerabile. Conosceva il Sommo Sacerdote, se non gli avesse subito detto cosa diavolo era uscito, quella maledetta mattina, dal Cervellone Elettronico, avrebbero passato l’intera giornata a rimpallarsi ipotesi azzardate e fantasiose.

“Z-U-999!? Mi state prendendo in giro? Ci deve essere stato sicuramente un vostro errore, magari nell’inserimento dei dati o nella preparazione delle schede forate”

“No Sommo Sacerdote, le confermo che il Cervellone Elettronico, quest’anno, ha espresso uno Z-U-999. Abbiamo verificato tutti i passaggi e ripetuto tre volte l’intero procedimento. Z-U-999, non ci sono dubbi a tale riguardo, almeno non per quest’anno”

“Maledizione”, ricominciò il Sommo Sacerdote dopo la breve pausa che gli era servita per riflettere, “Z-U-999, non doveva succedere. È una cosa di una gravità inimmaginabile, potenzialmente disastrosa per la Gilda, ve ne rendete conto?”.

“Venite, andiamo dal Gran Visir. Noi non abbiamo né la competenza né l’autorità necessarie per gestire una situazione di tale importanza”

Il Sommo Sacerdote, il Venerabile e l’Attendente si incamminarono verso il trasportatore in fondo al corridoio per salire al sesto piano della Cittadella, dove si trovavano le stanze del Gran Visir.

Il Venerabile si era decisamente rasserenato: le sue responsabilità sarebbero subito finite salendo al Sesto Piano. Quella brutta gatta da pelare era ormai in mani ben più importanti delle sue.

L’Attendente, al Sesto Piano della Cittadella, di solito ci saliva solo per il Brindisi di Sesta Estate. Quel passaggio sarebbe stato per lui solo un inaspettato passatempo.

Quello davvero preoccupato era ora il Sommo Sacerdote; non gli era mai capitato, nei 15 anni Wolfaniani ormai passati nella Gilda dei Tre Soli, di dover riferire una notizia tanto grave al suo Responsabile Diretto.

Il Gran Visir non era in ufficio: quella mattina era dovuto andare a Palazzo per parlare con un importante Funzionario.

Fissarono un appuntamento con la sua segretaria per quello stesso pomeriggio: la faccenda era talmente grave che rimandare non era proprio possibile.

*

“Cosa ci sarà mai di così importante da comunicarmi, Sommo Sacerdote, da non poter aspettare un altro per dirmelo? In questi giorni sono molto occupato per la chiusura dell’anno astronomico, dovrebbe saperlo”

Un buon Gran Visir non doveva mai mostrarsi particolarmente interessato a quello che gli dovevano comunicare i suoi Collaboratori Diretti, né doveva dimostrare di dar loro troppo peso. La Direttiva Gildesca 74/b imponeva di mantenere il massimo distacco tra le competenze e le responsabilità degli Eletti e quelle dei normali confratelli.

Se c’era da preoccuparsi o da essere soddisfatti per qualcosa, questo non doveva interessare gli Affiliati di rango inferiore.

“Vengo subito al dunque, Gran Visir”, cominciò il Sommo Sacerdote, “come certo saprà, questa mattina il Cervellone Elettronico doveva dare il risultato di quest’anno... eh… sì, insomma… ecco… non so come sia potuto succedere… non c’è stato errore da parte nostra, abbiamo più volte verificato, ma…”.

“Venga al punto, Sommo Sacerdote: come le ho appena detto sono molto occupato, non ho tutto il giorno a disposizione per voi, ho un’agenda fitta di impegni piuttosto importanti! Cosa mi dovrete mai dire? Quest’anno la previsione del Cervellone Elettronico non è un B-E-qualcosa, immagino, quest’anno avremo un B-I-qualcosa, se non addirittura un C-A-qualcosa. È questa la cosa estremamente urgente e potenzialmente catastrofica che mi dovevate comunicare? Mi state facendo innervosire”

Un buon Gran Visir doveva sempre anticipare quello che gli avrebbero detto i suoi Collaboratori Diretti; doveva dimostrare che, ai Piani Alti, tutto era già saputo e ragionato per tempo, era la Direttiva Gildesca 44/d/ter che lo suggeriva.

Il Gran Visir si stava seccando, meglio andare subito al punto.

“Z-U-999, il risultato del Cervellone Elettronico, quest’anno, è stato Z-U-999, ecco cosa siamo venuti a dirle, Eminenza”

“Bene, ora me lo avete detto. Grazie per avermi informato. Arrivederci” Un Gran Visir non doveva mai mostrare emozioni nei confronti dei Collaboratori Diretti, lo consigliavano al Corso di Management di Primo Livello, cui tutti gli Eletti erano invitati a partecipare.

Quella sera stessa, verso le 27.30, il Gran Visir chiese di poter parlare con il Burocrate.

Per dimostrare quanto fosse legato alla Gilda, il Gran Visir non aveva orari. Le telefonate importanti, le riunioni e così via erano sempre organizzate, da lui, nel tardo pomeriggio, se non all’ora della seconda cena. Durante la giornata, probabilmente, passava la maggior parte del tempo ripensando alla maledetta tredicesima buca nell’ultimo sentiero di Grith, ma la cosa importante era farsi trovare pronti e motivati nel tardo pomeriggio, se non fin dopo l’ora di cena. Tale prezioso consiglio era mutuato direttamente dal “Manuale per un Buon Eletto”, opera esemplare del grande Ernest Cavilaque.

La mattina successiva, alle 09.30 precise, il Gran Visir era atteso a Palazzo, dal Burocrate.

Il Burocrate, quella stessa mattina, sarebbe dovuto andare su Trappist_1D, per discutere di importanti questioni con altrettanto importanti Funzionari, ma vista la gravità della notizia che gli doveva essere comunicata aveva concesso di rimandare di qualche ora la sua partenza. La navicella della Gilda, in fondo, era libera di volare quando richiesto.

“Allora, qual è la situazione? Quale la gravità attesa per la notizia che mi deve comunicare? Quali i rischi a cui la Gilda sarà esposta?”

Il Burocrate non sapeva nemmeno di cosa si stesse parlando: non era un tecnico, non lo era mai stato. A lui non interessavano i fatti in sé per sé, a lui interessavano solo le possibili conseguenze che questi avrebbero avuto sulla Gilda, positivi o negativi che fossero.

“Z-U-999”, rispose pacato il Gran Visir, “Z-U-999, il Cervellone Elettronico del nostro Centro di Calcolo, Burocrate, quest’anno ha fornito il risultato Z-U-999. Potrà lei stesso immaginare la gravità della cosa”.

“Z-U-999? Z-U-999 potrebbe avere conseguenze nemmeno immaginabili”

Il Burocrate, dopo i pochi istanti necessari a superare lo shock per quella terribile notizia, alzò la cornetta di uno dei tanti interfoni appoggiati sulla sua scrivania: “Signorina, mi chiami il Supremo. Codice Rosso”.

Capitolo 2

Il Burocrate era una persona pacata, sempre estremamente parco di pensieri e di azioni.

Alto, magrissimo, severo nell’aspetto, aveva speso tutta la vita al servizio della Gilda dei Tre Soli. La sua scalata ai Piani Alti era cominciata fin dai primi tempi, quando, ancora giovinetto, aveva superato i severi esami di ammissione. La rapida ascesa era sicuramente dovuta alla sua preparazione e predisposizione per il ruolo, oltre che alla sua intraprendenza; con ogni probabilità, il fatto che fosse sposato con la figlia di uno dei più influenti doganieri della costellazione dell’Ofiuco era stato un punto a suo favore.

Nella Gilda lo odiavano tutti. Era sempre lui che dava le brutte notizie. Era sempre lui che diceva di no, che umiliava la gente, facendola sentire inadeguata e in difetto.

Tutto, nella Gilda, doveva passare da lui. Lui ci metteva la faccia, nella buona o nella cattiva sorte.

Il Supremo agiva a un livello diverso. Era una figura eterea, mistica se vogliamo. Era lui, alla fine di tutto, che prendeva le decisioni che contavano veramente, ma senza quasi mai comparire in prima persona. Sembrava che tutto fosse troppo “piccolo”, troppo “materiale” perché lo potesse interessare. Tutto, almeno in apparenza, veniva gestito dal Burocrate, anche se, nella realtà dei fatti, ogni dettaglio era privatamente concordato nelle stanze del Supremo.

Z-U-999... Z-U-999, quel maledetto codice, Z-U-999, continuava a martellare le tempie del Burocrate come una insopportabile nenia. Era un Wolfaniano fragile, in fondo, il Burocrate. Una statua di sale, un cuore di ghiaccio, un serpente Gliseide agli occhi degli altri, ma intimamente pieno di ansie e rimorsi. Il Supremo questo lo aveva capito, lo sapeva da sempre, e non perdeva occasione per sfruttare la cosa a suo vantaggio.

Il glimmer bianco magro che, di solito, rappresentava il suo terzo pasto della mattina, rimase chiuso nel cassetto refrigerato della libreria. Gli serviva qualcosa di forte, quel giorno. Z-U-999, Z-U-999. Il Burocrate aprì la seconda anta del mobile, tirò fuori un bicchiere e ci fece cadere tre cubetti di ghiaccio. Svitò il tappo di una bottiglia di liquore pregiato, un elisir di Tau Ceti_e* invecchiato 30 anni Wolfaniani, e ne versò in abbondanza nel bicchiere. Solo sui canali del contrabbando clandestino era possibile procurarsi una bottiglia del genere: non era una bevanda alla portata di tutte le tasche. Chiuse a chiave la porta dell’ufficio e si lasciò pesantemente cadere sul divanetto in pelle posizionato sotto il grande oblò della parete a est.

Z-U-999, era forse la prima volta che gli toccava gestire una situazione così difficile. Con lo sguardo perso nel vuoto cominciò a ripercorrere le tappe della sua carriera, della sua vita, spesa per la Gilda dei Tre Soli.

C’era stata la grande crisi del ’54. Gli anni bui, quelli tra il ’63 e il ’66. Quante decisioni importanti erano state prese, in quegli anni. Quante notti insonni erano passate allora, pregando che tutto si risolvesse, che tutto tornasse come sempre. Quanta tensione, sperando che quanto deciso, e difeso, andasse a buon fine. Tante amicizie erano rimaste per strada. Molti rami secchi erano stati tagliati, però lui, e La Gilda, se l’erano sempre cavata, e bene.

No, non c’erano dubbi, quella era la prima volta in assoluto che gli toccava gestire una situazione così difficile. Z-U-999, questa volta non riusciva a visualizzare la possibile via d'uscita, la soluzione al problema, e la cosa lo spaventava terribilmente.

Dove avevano, dove aveva sbagliato?

Il Burocrate si ritrovò in piedi davanti alla sua scrivania. Tra le mani stringeva la cornice con la foto dei figli. Due meravigliosi adolescenti, con i pregi e i difetti di tutti i ragazzi. Erano la cosa più importante nella sua vita, sarebbe stato disposto a rinunciare a tutto per loro… Z-U-999… maledizione.

Scuro in volto e combattuto tra mille pensieri, il Burocrate si aggiustò il drappo rosso sulla tunica, blu notte come sempre, e uscì per andare a riferire al Supremo.

Era l’unica persona, in tutte le galassie conosciute, che lo metteva in soggezione. Era sempre a disagio, con lui. Si sentiva perennemente sotto esame, messo in discussione.

“Entra” Nonostante il Supremo vivesse nel paese da molti anni, il suo accento esotico nulla faceva per nascondere le sue origini. Nato su Trappist-1_d, aveva completato gli studi in ingegneria mineraria su Gliese 581_d, prima della specializzazione al Collegio Imperiale. I casi della vita lo avevano fatto arrivare, ormai da più di quarant’anni, nel paese della Gilda dei Tre Soli, da dove non si era più mosso.

“Entra, e chiudi la porta”

Per almeno cinque minuti il Supremo rimase in assoluto silenzio, continuando a scrivere sul quaderno degli appunti, senza alzare gli occhi dal tavolo. Quindi, chiuso il quaderno, spostò lo sguardo sul volto del Burocrate, fermo in ubbidiente attesa.

“Come diavolo è potuto succedere?”

“Non ne ho la più pallida idea. Qualcosa non ha funzionato come doveva, credo”

“Strano”

“Qualcuno avrà commesso qualche errore. Non credo durante l’elaborazione dei dati, hanno verificato, ma a monte di tutto il processo, penso”

“Strano” Il Supremo non sembrava molto interessato e convinto dalle risposte del Burocrate: continuava a giocherellare con la penna stilografica che aveva in mano, svitandone e riavvitandone in continuazione l’elegante tappo dorato.

“Che si tratti di un sabotaggio?”, ritentò il Burocrate. “In fondo non era mai successo prima, e tutti eravamo convinti che mai sarebbe potuto succedere, giusto?”

“Strano... comunque è necessario che me ne occupi io”

La penna stilografica dal tappo dorato fu appoggiata sul tavolo, segno che la loro conversazione era finita.

Il Burocrate, ubbidiente, si richiuse la porta alle spalle e, scuro in volto, tornò nel suo ufficio.

Il fatto che, questa volta, il Supremo fosse chiamato direttamente in causa, costretto a esporsi in prima persona, confermava la gravità assoluta della situazione in cui si era venuta a trovare La Gilda.

Z-U-999, non doveva succedere.