Il ristorante Onnigrafo Magazine

Il ristorante

In una delle traverse che si riversano sui navigli c'è un ristorante spagnolo.

Un frizzante pranzo settembrino lega un ricordo a quel posto; non saprei dire se fosse bello, il ricordo intendo. Ora che ci penso neanche il ristorante.

Alla donna che ci è stata qualche anno fa piacque; quella che ci tornò dopo un po' di tempo avrebbe voluto picchiare la donna di qualche anno fa, e la donna di oggi sorride e pensa quanto, in fondo, siano tutte cazzate.

Il prosciutto però era buono.

La donna che ci tornò dopo un po' di tempo, con molta probabilità, fu spinta da un moto nostalgico per qualcosa - che poi - non era mai accaduto. Cercava di aprire un varco temporale poggiando lo stesso piede, nella stessa direzione, sulla stessa porzione di asfalto, così da poter entrare come in una pellicola riavvolta del passato e sentire di nuovo quella piccola magia mai completamente esplosa dalla bacchetta, come le stelline di natale che fanno fetecchia. Una cosa così.

Non avrebbe mai immaginato che sarebbe invece entrata nell' incantesimo di qualcun altro.

Quella mattina di giacche estive e foulard, di melanconie e riesumazioni, lei li vide.

Sembravano due amanti frettolosi, nascosti in un portoncino di fronte al ristorante; e forse lo erano. Lui era più alto di lei quel tanto che bastava per raggiungere la sua bocca piegando solo il collo. Aveva un cappotto leggero e quando ha alzato le braccia, per prenderle il viso tra le mani, la stoffa sulla schiena ha aderito stretta; quel suo gesto gentile e fermo lo ha fatto assomigliare a un assetato che raccoglie l'acqua tra le mani. E beveva lei; che era minuta, infilata in un semplice tailleur, le sue caviglie sembravano assottigliarsi fino a sparire, perse nell'ombra allungata di lui.

Erano legati per le ombre come fanno i panni stesi con le mollette.

Le dita simili a morbidi artigli erano avvolte tra il collo esile di lei e le guance, come se avessero timore di doverla trattenere prima che lei si trasformasse in un uccello e volasse lontano. Si muovevano al ritmo del loro bacio come una danza di corteggiamento e insieme accoglievano come un nido. Erano mani indimenticabili.

La donna di qualche anno fa restò maleducata a guardarli per qualche secondo; sembrava un film di quelli americani, quelli che fanno finta di essere nella Francia anni 30, così da sembrare più romantici.

Loro però erano romantici per davvero, racchiusi in una bolla, con dentro le lancette ferme su quel viso raccolto tra due mani grandi, e un bacio assetato.

E così la donna di oggi capì che ci sono posti tuoi e posti di qualcun altro, così tanto di qualcun altro da non poterli neanche desiderare.