Brock Toombs era un uomo imponente. Spalle larghe, muscolatura granitica. In pochi non avevano incrociato la sua strada almeno una volta, ma ancor meno erano quelli riusciti a trovare il coraggio di rivolgergli la parola. Questo perché tutti, in città, sapevano che Brock fosse un uomo con un ingombrante mistero. Su cosa facesse per vivere, c’erano solo teorie. Spesso, preso il suo borsone militare, spariva dalla circolazione per mesi solo per tornare con una nuova cicatrice. Non serviva il miglior investigatore del mondo per sospettare che fosse nell’esercito ma, anche lì, in che sezione?
La verità è che Brock era un uomo di ferro, uno della classe di John Wayne, Gunny Highway, Harry Callaghan... e, nonostante la curiosità bruciante dei suoi concittadini, la paura di incorrere nelle sue antipatie spingeva la gente a non interagirci. O, almeno, questo accadeva fino a undici anni fa.
Non è così assurdo pensare che l’unica donna che abbia avuto l’impertinenza di voler entrare nella sua sfera privata sia poi diventata sua moglie, un po’ più strano è stato scoprire che Brock fosse in grado di amare. E intendo un amore impetuoso e forte, l’amore dei poeti, l’amore delle commedie romantiche da palinsesto televisivo di metà pomeriggio.
Brock e Maria si amavano. E il frutto di questo amore fu Lorenzo, il loro meraviglioso bambino.
A questo e a molto altro stava pensando ora Brock. Davanti a lui, Zenzerello si massaggiava il punto della testa che l’uomo aveva colpito un attimo prima. La sola esistenza di Zenzerello sconvolgeva un po’ tutto quello in cui Brock aveva l’abitudine di credere. I suoi novanta centimetri di altezza, la sua stazza minuta, il tono alto della sua voce, le sue orecchie a punta, la sua calzamaglia bianca, rossa e verde... tutto di quel piccolo essere sovvertiva l’equilibrio naturale delle cose, proclamando una sola e semplice verità: la magia esiste.
- P-possiamo sederci...?- chiese l’elfo con voce tremante.
Brock si limitò a fare di sì con la testa, senza mai staccare gli occhi dalla creatura che, un attimo prima, aveva sorpreso a muoversi furtivamente in casa sua.
Era stata una giornata terribile, lo sono tutte quando Maria si allontana per andare a trovare la madre. Per quanto Brock adorasse restare solo con Lorenzo, dopo undici anni di matrimonio ancora soffriva le situazioni che lo tenevano lontano dalla moglie. Aveva deciso di sfruttare quel periodo per dedicarsi completamente al rapporto padre-figlio. Da tre giorni stava addobbando casa per le festività natalizie, preparavano cioccolate calde e biscotti, guardavano Mamma ho Perso l’Aereo e Gremlins... e, quella mattina, quella precedente al ritorno di Maria, aveva in programma una gita al centro commerciale. Qui Lorenzo si sarebbe seduto sulle gambe di Babbo Natale e avrebbe espresso il suo desiderio.
Ma il fato non voleva. Il Babbo Natale si stava facendo attendere più del dovuto e, nonostante i suoi collaboratori cercassero di placare il nervosismo generale, l’atmosfera era diventata piuttosto elettrica.
Portò Lorenzo nella vasca delle palle, consapevole di poter contare sul personale del mall, pagato per tenere i marmocchi sott’occhio, e si diresse nello spogliatoio, dove sperava di scoprire prima degli altri cosa fosse successo a Babbo Natale.
Si addentrò furtivamente nel backstage delle scenografie natalizie e s’inerpicò tra i corridoi bui che infestavano la parte del centro commerciale vietata al pubblico. Fu allora che scoprì i motivi del ritardo del vecchio barbuto: era morto.
Nello spogliatoio, l’uomo che suo figlio stava aspettando di incontrare giaceva in terra in un lago di sangue, con un candy cane conficcato nel cranio. Qualsiasi persona, in quel centro commerciale, avrebbe inorridito alla vista del corpo e, intenta a dare l’allarme, sarebbe scappata gridando in preda al terrore. Non Brock che, invece, si avvicinò alla vittima con i pugni ben serrati, evidente testimonianza della lotta che stava per scatenarsi.
Sì perché, mentre un uomo comune avrebbe visto solo un Babbo Natale morto, in quello spogliatoio, Brock aveva anche individuato la figura minuta che gli stava sgattaiolando alle spalle intenta a fuggire.
Nemmeno quel piccolo ometto ossuto poteva prevedere la prontezza dell’uomo che, in un attimo, gli fu addosso.
- Fatti da parte, umano, questi non sono affari tuoi!
Oh, ma lo erano eccome. Fin dal momento in cui Toombs aveva visto le nubi della delusione ammassarsi negli occhi del figlio, quella faccenda era diventata più che personale. C’erano un migliaio di modi diversi con cui l’uomo avrebbe potuto uccidere quella minuscola parodia d’essere umano ma, alla fine, decise di consegnarlo alla polizia e lasciare che se ne occupassero loro. Ciò che non poteva prevedere, però, era che l’esserino avesse un’arma. O almeno, qualcosa di molto simile a un’arma. La tirò fuori con un gesto secco, lasciando che la velocità la mostrasse semplicemente come una scia di strisce intrecciate bianche e rosse. In realtà era un candy cane.
Un candy cane con tamburo e grilletto.
Brock evitò il primo colpo lasciando che il proiettile andasse a schiantarsi contro la parete alle sue spalle. Questo provocò una piccola esplosione muta, come quella del grano che diventa pop-corn o delle palle di neve che colpiscono l’obiettivo a piena potenza, eppure capace di scatenare un lampo di luce abbagliante, tanto da costringere l’uomo a coprirsi gli occhi con entrambe le mani.
Approfittando del momento, il piccolo mostro scappò via. Credeva di averla fatta franca. Credeva di essere in salvo. Insomma, non conosceva affatto quella perfetta macchina per uccidere che rispondeva al nome di Brock Toombs. Quindi la parete crollò.
Una spallata di quel treno umano era sufficiente ad abbattere il cartongesso che separava il corridoio dagli spogliatoi e, in un attimo, Brock era alle calcagna del piccoletto. Questi non aveva altra scelta se non quella di scappare nel centro commerciale. La gente era troppo presa dalle compere di Natale per accorgersi di quella piccola macchietta vestita di nero che scappava passando tra le gambe e sotto i tavoli. Altro discorso era per Brock, che invece passava inesorabile scansando senza fatica tutto ciò che lo separava dall’obiettivo.
L’uomo era a un passo dal prendere la creatura, quando questa riuscì ad arrivare all’ascensore pronto a chiudersi. Era uno di quegli ascensori a cielo aperto, con le pareti trasparenti che consentivano un’ampia visuale di tutto il mall. Era salvo, pensava l’essere, e mostrò il dito medio all’inseguitore durante la discesa.
Povero coglione.
Brock si alzò sul cornicione, strappò un festone natalizio e, usandolo come liana, atterrò direttamente sopra all’ascensore. Aprì il soffitto come una lattina e si calò dentro. Per sua fortuna, l’esserino si accorse delle porte automatiche in apertura, segno che la sua fuga non fosse ancora finita. Schizzò via come una lepre e, con un salto poderoso, finì proprio nella vasca delle palle. Brock non avrebbe esitato un momento a entrarvi ma, quando stava per gettarsi nella vasca, sentì una voce richiamarlo alla calma.
- Papà?
Era Lorenzo. Il bambino stava fermo a guardare il padre con sguardo interrogativo. L’uomo avrebbe tentato di rassicurarlo per dirgli che tutto andava bene, come altre mille volte prima di allora ma, ancora una volta, qualcosa andò storto. L’esserino saltò fuori da dietro a Lorenzo, mettendo il suo candy cane esplosivo alla tempia del bambino. Un gesto semplice, veloce, d’impatto... nemmeno lontanamente capace di spiegare la sua intrinseca stupidità.
A quel punto la sicurezza del centro commerciale era già sul chi vive. Quattro agenti conversero sul luogo con la mano già sulla fondina. Ma erano del tutto impreparati a quella scena. Gente abituata a fare lo sgambetto a un taccheggiatore, non a gestire un ostaggio con un’arma puntata alla testa.
- Stai fermo o gli buco il cranio!- gridava l’ometto sotto gli occhi attoniti dei presenti.
Brock non rispose, si limitò a guardarlo mentre usciva lentamente dalla vasca col bambino stretto a sé. I poliziotti lo tenevano sotto tiro ma non avevano davvero idea di cosa fare. Lorenzo e il suo rapitore indietreggiarono fino a un altro ascensore, quello che portava ai parcheggi. Di lì a poco sarebbero spariti nel nulla, e questo Brock non poteva permetterlo. Con un gesto fulmineo, colpì un agente alla nuca e gli prese la pistola. Fu un colpo da maestro, un centro perfetto, dritto alla mano del piccolo stronzo armato. Questa si fece in mille pezzi, e il candy cane cadde a terra. Fu allora che Brock fece il suo scatto verso il figlio. Scavalcò la vasca delle palle, lo scivolo di plastica, la gente che si trovava innanzi... ma quando raggiunse l’ascensore, l’esserino era già partito per il piano di sotto, portandosi dietro suo figlio.
Con tutta la forza che aveva, l’uomo riaprì le porte a mani nude e saltò nella tromba dell’ascensore. Come fatto prima, iniziò a scardinare il tetto pezzo dopo pezzo ma, stavolta, le porte si riaprirono prima che questo fosse completamente divelto. Lorenzo, che non era un bambino comune, non piangeva ma urlava comunque al padre di salvarlo. Con tutta probabilità era il suo modo di far sapere al padre dove fosse. Giunti davanti ad una parete annerita dai gas di scarico, l’ometto estrasse un piccolo oggetto luminoso. Questo entrò nella parete e, lì, una porta comparve magicamente.
Brock non aveva idea di cosa stesse succedendo, sapeva solo che un nano fottuto stava portando suo figlio chissà dove. Ma quando raggiunse la porta, era troppo tardi. Lorenzo e il suo rapitore erano spariti, e l’apertura stava scomparendo nel nero della parete. Unico indizio di quanto appena accaduto, erano gli sparuti fiocchi di neve che la porta aveva lasciato entrare nel garage.
Pioveva.
Sotto Natale è tanto bello veder nevicare quanto avvilente è veder piovere.
- Era un varco...- gli disse Zenzerello, -... Babbo Natale non li usa quasi mai, ma lo aiutano a spostarsi durante l’anno senza dover prendere la slitta...
L’elfo era storia più recente. Brock tornò a casa dopo aver parlato con la polizia. Gli sbirri non potevano fare nulla, lo testimoniava la loro inettitudine nel gestire la crisi appena iniziata. Per questo decise che non avrebbe parlato di porte magiche, candy cane esplosivi o fiocchi di neve in garage. Avrebbe denunciato la scomparsa del figlio senza aspettarsi miracoli dalla polizia locale.
Poi tornò a casa, pensando a Maria. A Ibarra, in quel momento, erano le una di notte, e sua moglie stava dormendo già da un paio d’ore. Si sarebbe svegliata alle sette equadoregne, e i due si sarebbero sentiti al telefono circa due ore dopo. Questo per Brock significava una sola cosa: doveva ritrovare suo figlio entro sette ore a partire da quel momento.
Maria non avrebbe dovuto preoccuparsi di questo. Sì, le avrebbe raccontato tutto, forse avrebbe anche lasciato che alla donna salisse un po’ d’apprensione, durante il resoconto... in ogni caso, nel momento in cui la notizia sarebbe arrivata alle orecchie di Maria, questa avrebbe potuto sentire la voce del figlio a rassicurarla di stare bene.
Zenzerello, dicevamo.
Brock tornò a casa e, inserendo una precisa sequenza numerica sul termostato, aprì la finta parete che nascondeva la sua rimessa delle armi. Si trattava di una stanza con le pareti nascoste da numerose fuciliere stracolme di arsenale. Raccolto il suo fido borsone, l’uomo prese a radunare un armamentario sufficiente a muovere guerra a un piccolo stato dell’America Latina.
Mentre infilava senza esitazione le armi nella borsa con la cura di un chirurgo, si accorse di lui, Zenzerello. Brock non poteva saperlo ma l’elfo si stava nascondendo al solo fine di non allarmare il padrone di casa. Sarebbe uscito allo scoperto quanto prima, subito dopo aver trovato una presentazione che si prestasse alla delicata peculiarità del momento. In ogni caso, un piccolo essere dagli strani poteri aveva appena rapito suo figlio, dunque non c’è da stupirsi che l’uomo, sentendo degli impercettibili movimenti tra le ombre, abbia reagito tirando un pugnale dritto alla testa del suo ospite. Ad ogni modo era un tiro per colpire, non per uccidere, poiché Brockfece in modo che a impattare contro il capo di Zenzerello fosse l’impugnatura e non la lama.
- Aspetta! Lascia che ti spieghi! – gridava l’elfo allarmato.
Brock, di tutta risposta, lo prese per il collo e lo sbatté contro il muro.
- Aspetta! Siamo dalla stessa parte io... io lavoro per lui!
Il dito dell’elfo puntava verso un’effige di plastica raffigurante il Babbo Natale della Coca Cola. Brock lo aveva preso qualche anno fa a un distributore di benzina. Il gestore voleva disfarsene perché aveva uno zigomo ammaccato e, dopo una breve contrattazione, glielo aveva ceduto per un paio di dollari. Ora faceva parte degli addobbi di casa sua, e Zenzerello lo indicava come se fosse stato il biglietto “esci gratis di prigione”.
E aveva ragione poiché, senza saperselo spiegare, Brock iniziò a mollare la presa.
- G-grazie... Brock, io... P-possiamo sederci?
I due si sedettero. L’uomo continuava a guardare l’elfo come se fosse stato... beh, un elfo. Ma le stranezze viste quel giorno cominciavano a essere abbastanza da permettergli di focalizzarsi sulle sue parole e non sul suo pittoresco aspetto. L’essere seduto sulla sua poltrona era basso, forse anche più basso dello stronzo che gli aveva rapito il figlio. Sicuramente era più colorato, indossava un cappello a punta verde e con ricami rossi che gli cingevano la base e la punta, dove spiccava un insolito campanello d’oro che non emetteva suoni. La giacca era rossa e copriva la maglia verde che l’elfo sfoggiava con disinvoltura. Anche i pantaloncini erano verdi, e gli arrivavano fino al ginocchio, dove delle calze bianche e rosse gli scendevano fino alle scarpe dalla punta arricciata che gli coprivano i piedi.
- Dove posso cominciare, vediamo... Babbo Natale esiste. Cioè, è una strana storia, diciamo che esiste e non esiste, se ci credi esiste mentre se non ci credi, beh... ma non è questo il punto! Il fatto è che abbiamo avuto dei problemi, di recente...
Zenzerello fece una pausa e, toltosi il cappello, lo usò per asciugarsi il sudore sulla sua fronte.
- Tutto ha inizio con Nadalìn. Era un elfo, proprio come me. Era molto bravo nel suo lavoro e, soprattutto, aveva un grande cuore. Si occupava di diverse mansioni, ed era talmente ligio al dovere che in breve tempo divenne il più stretto collaboratore del principale. Purtroppo, però, c’erano cose che Nadalìn non riusciva a comprendere. Non riusciva a capire perché, per quale strana legge cosmica, non si potessero fare regali anche ai bambini cattivi. Nemmeno quando Babbo Natale si decise a spiegarcelo placò la sua curiosità. “Non era giusto...”, diceva, “...qualcuno dovrebbe fare qualcosa”. E quel qualcuno voleva essere lui. Altri elfi appoggiarono la sua causa, e ordirono una ribellione. Adelìn avrebbe preso il posto di Babbo Natale e avrebbe cambiato questa legge che si ostinava a reputare ingiusta. Ma quella legge ingiusta non lo era affatto, Brock... La gente crede che la lista sia un semplice escamotage per punire i bambini cattivi, quando in realtà è il pilastro su cui si basa l’equilibrio universale tra bene e male. Se quel pilastro viene meno... beh, allora sarà tutto lecito! I bambini non avranno più freni, nessun limite, nessuna regola! Sarà il caos Brock, e il male vincerà!
Brock ascoltava incredulo. La storia filava o, almeno, iniziava a farlo dopo che si è accettato l’assurdo nell’andamento naturale delle cose. Ma perché un elfo avrebbe dovuto volere questo? Perché mai Adelìn si ostinava a desiderare un mondo in cui i bambini non avrebbero più avuto la coscienza di ciò che è sbagliato?
- Ah, Adelìn è convinto di tante cose, Brock. Lui pensa di essere una sorta di messia del libero arbitrio. Pensa che l’ordine naturale sia al di sopra di tutto, e che le sole idee di bene e male siano concetti imposti all’uomo per essere sempre subordinato a qualcosa o a qualcuno. Babbo Natale e i suoi elfi riuscirono a sedare la rivolta, e imprigionarono Adelìn e i suoi sostenitori nel cuore del Polo Nord... ma, in qualche modo, devono essersi liberati e, ora, cercano la Bussola... la notte della vigilia è il momento più stressante dell’anno, se di lavoro devi consegnare regali a tutti i bambini della terra. Babbo Natale ha già il suo bel daffare e, per questo, ha l’esigenza che le renne si orientino da sole. A questo serve la bussola. È un oggetto che funge da navigatore per le renne, e che conosce le posizioni di tutti i bambini del mondo. Ma l’oggetto necessita di essere aggiornato ogni anno e, per questo, nei giorni precedenti alla vigilia di Natale, è affidato ai nostri più diretti collaboratori umani: i Babbi Natale dei supermercati.
Ora tutto iniziava ad avere una sua distorta logica. Brock aveva capito che quell’elfo, uno degli sgherri di Adelìn probabilmente, fosse al mall per torchiare il Babbo Natale e scoprire dove lui e i suoi soci tenessero nascosta la Bussola. A giudicare dalla posizione orizzontale del natalino, la speranza è che questi sia morto per non vuotare il sacco. Doveva esserci un quartier generale, pensava Brock, un posto in cui i Babbi Natale dei centri commerciali sono soliti riunirsi e fare assemblee o robe così. E, infatti, c’era.
- I sindacati... – disse Zenzerello, - ... ce ne sono un paio in ogni continente, il più vicino a noi è a Vancouver, in Canada.
Era un inizio. Zenzerello tirò fuori il suo bastoncino luminoso, pronto ad aprire il varco che avrebbe portato entrambi a Vancouver. Scese dalla poltrona con il bastoncino acceso. Era molto meno luminoso di quello visto in mano al rapitore, e la ragione era legata al fatto che non vi fossero varchi nelle immediate vicinanze.
- I varchi sono disseminati sulla terra in punti specifici, immagino che la cosa più veloce sia tornare al mall e usare lo stesso portale preso dall’elfo che ha rapito tuo figlio.
I due salirono nel pick-up di Brock, diretti al centro commerciale. Una sola domanda ancora ronzava nella testa dell’uomo: perché l’elfo era in casa sua?
- Me l’ha detto lui...- rispose Zenzerello tornando a indicare le numerose decorazioni natalizie a forma di Babbo Natale che spiccavano su ogni strada della città. Incredibilmente, Brock si ritrovò a credere che, davanti a quella risposta, non ci fosse altro da chiedere. Era coerente, preciso, esaustivo... “Gliel’ha detto Babbo Natale, ok, ovvio” si ripeté l’uomo mentalmente.
Senza nemmeno provare a pensare che quella frase non rispondesse a nulla.
In breve, i due arrivarono al garage del centro commerciale. Il posto era chiuso e, davanti all’entrata, spiccava una vistosa saracinesca ben serrata. Sarebbe stato impossibile per chiunque entrare là dentro. Ma Brock era diverso. Mise le mani tra le sbarre orizzontali e, con uno sforzo sovrumano, alzò la saracinesca spingendola verso l’alto. Da quel momento, fu un concerto di allarmi. In tutta l’area risuonava la sirena del sistema di sicurezza del mall. Zenzerello non era pronto a quel baccano, e prese a tapparsi le orecchie come se la sua testa fosse stata in procinto di esplodere. Ma Brock sapeva che i due avessero pochissimo tempo, così afferrò l’elfo per un braccio e lo trascinò dentro al garage, dritto fino al punto in cui Lorenzo era scomparso. Senza perdersi in chiacchiere, Zenzerello infilò il suo bastoncino nel muro e, abracadabra, la porta ricomparì.
Non aveva avuto il tempo di osservarla bene, la prima volta, ma adesso Toombs poteva analizzarne la straordinaria fattura. Era di legno rosso, con una rigogliosa ghirlanda verde piena di lucine natalizie tutt’intorno. La maniglia era un grosso anello di pesantissimo oro massiccio, ad ogni modo l’elfo riuscì ad aprirla senza nessuno sforzo.
Dall’altra parte c’era Vancouver, Canada.
In meno di quaranta minuti, Brock aveva superato i confini di stato attraverso una porta magica in compagnia di un elfo che gli era entrato in casa perché “glielo aveva detto Babbo Natale”. E tutto aveva fottutamente senso. Fino al giorno prima rideva della nonna dei vicini di casa che sosteneva di discendere da un’antica famiglia di medium e, adesso, tutto era possibile. Da qualche minuto a questa parte aveva anche iniziato a sentire un forte odore di zucchero filato e impasto per dolci. Perché? Cosa lo produceva?
A fronte di tutto questo, Zenzerello sembrava stranamente eccitato. L’elfo si accorse di come l’uomo guardasse i suoi eccessivi slanci di entusiasmo e, abbassando lo sguardo imbarazzato, si schiariva la voce cercando di darsi un tono. Durante il tragitto che dal varco conduceva alla sede del sindacato dei Babbi Natale, i due camminarono in silenzio.
L’edificio era assolutamente anonimo. Era in una piccolissima strada periferica della città, completamente sgombra da luci e decorazioni natalizie. La neve era malamente ammassata ai lati della strada, nera di polvere e smog, evidente dimostrazione dello stato d’abbandono in cui versava.
Il civico 212 era l’obiettivo.
Sembrava il più anonimo degli ingressi, e nessuno avrebbe mai potuto dire che, al suo interno, si trovasse la Mecca dei Babbi Natale da centro commerciale. Eppure quel profumo di dolciumi che Brock continuava a percepire lì era molto più penetrante, come se quelle mura celassero il laboratorio di una pasticceria.
Zenzerello suonò al citofono. Nessuna risposta.
- Strano...- disse.
Brock era già pronto a infilare la mano nel borsone quando, spingendola leggermente in avanti, l’elfo si accorse che la porta fosse aperta. Con estrema cautela, i due entrarono.
Era buio pesto, là dentro, ma un albero di Natale riverso in terra restava comunque ben visibile grazie alle lucine che aveva intorno. L’intermittenza delle luci era l’unica sporadica fonte d’illuminazione dell’ambiente, che appariva come la più semplice delle sale d’aspetto. C’era un banco informazioni, due file di poltroncine alle pareti, un tavolo pieno di riviste... ma c’era anche altro. Innanzitutto ogni cosa sembrava essere in disordine. Le sedute erano spostate di qualche centimetro dal muro, molte riviste erano in terra e il tavolinetto di vetro era irrimediabilmente incrinato. Ma quello che avrebbe sorpreso di più, proprio come, in quel momento, sorprendeva Zenzerello e Brock, erano le strisce di sangue che spiccavano un po’ ovunque. Come se qualcuno avesse rimosso dei cadaveri dalla stanza.
L’elfo era visibilmente scosso. Non era abituato a tutto questo.
- I-io non posso... – sussurrò rompendo il silenzio generale, - ... questa cosa è troppo... troppo grande per me, io...
Ma le sue parole furono interrotte da un rumore. I due si voltarono immediatamente nella direzione da cui il suono sembrava essere arrivato. Era stato come una specie di tromba spenta, come quando si passa il palmo della mano su una lastra di vetro antiproiettile, ma più metallico. A quel punto Brock tirò il pompa fuori dal borsone. Le luci dell’albero continuavano a schizzare bagliori multicolore sulle pareti, mentre l’uomo si avvicinava lentamente ad un armadietto di metallo ammaccato. Qualunque cosa fosse stata a produrre quel suono, era lì dentro.
Quando fu a un passo dall’aprire l’anta, una voce piagnucolò – No, ti prego!
La porta si aprì e, dall’armadietto, uscì uno sgualcito Babbo Natale.
- Non uccidermi, ti prego...- disse l’uomo mentre, come se volesse darsi un contegno, si riordinava la barba finta sulla faccia.
- Chi sei? – chiese Zenzerello.
- Sono Joe! Joe Kimball! N-non volevo spaventarvi, io...
- Che ci facevi lì dentro?
- Mi nascondevo, credevo che foste altri elfi... cioè, elfi malvagi, intendo...
L’elfo e Brock si scambiarono uno sguardo d’assenso e l’uomo abbassò l’arma.
- Grazie a Dio...!
- Che è successo qui?
- È stato terribile, saranno stati cento... forse duecento elfi! Cercavano qualcosa e...
- La Bussola!
- Uh?
- La Bussola di Babbo Natale! È quello che cercavano?
- I-io... credo di sì, io...
- E gli avete detto dov’è?
A quella domanda, Joe abbassò lo sguardo.
- Maledizione!
- Mi dispiace, io non ho sentito cos’hanno scoperto ma, a un certo punto uno di loro ha detto “abbiamo quello che volevamo, andiamocene”...
- Portami al quartier generale.
- Cosa?
- Il quartier generale, portaci subito lì... devo capire cos’hanno scoperto...
Il quartier generale dei sindacati è generalmente situato in profondità. Si prende un ascensore e, con la chiave in dotazione, si scende di diversi metri sottoterra. Qui i Babbi Natale hanno il loro sistema operativo computerizzato che gli consente di catalogare i dettagli relativi a ogni bambino dell’area in cui opera quello specifico sindacato. L’obiettivo di Zenzerello, in quel momento, era di accedere al giornale del responsabile di settore e scoprire se questi avesse segnato informazioni relative alla Bussola.
Anche quel sindacato non faceva differenza. I tre scesero con l’ascensore al piano interrato e si ritrovarono davanti a uno spettacolo agghiacciante. Ovunque, cadaveri di uomini vestiti da Babbo Natale giacevano riversi in terra. Quasi tutti avevano candy cane conficcati nelle carni ma, alcuni, riportavano anche evidenti segni di morsi.
Morsi di elfo.
Brock si accorse subito di quanto la visione stesse sconcertando Zenzerello e, per questo, gli diede un piccolo colpo per richiamarlo alla realtà. L’elfo si mise in moto piazzandosi subito davanti al computer principale.
Il ticchettare delle dita dell’elfo sui tasti del computer risuonava in tutto l’ambiente. Joe restava piagnucolante in un angolo, incapace di metabolizzare il massacro dei suoi colleghi. Nel frattempo, il soldato si preparava alla battaglia. Da quando si era sposato le sue missioni sul campo si erano ridotte drasticamente. Era stata una sua volontà. La famiglia lo aveva cambiato, migliorato, forse. La nascita di Lorenzo lo aveva convinto di quanto dare la vita fosse meglio che toglierla.
Ma, si sa, puoi togliere un uomo dall’esercito, ma non puoi togliere l’esercito da un uomo.
C’era qualcuno, laggiù. Qualcuno con intenzioni ostili. Il soldato nel cuore di Brock ruggiva questa consapevolezza.
Gli altri due erano troppo presi dai loro problemi per accorgersene eppure, quando l’uomo lanciò il primo pugnale, tornarono subito alla realtà. La lama del soldato colpì un elfo in piena fronte, facendolo cadere a un passo da Zenzerello. Quello fu il segnale per gli altri elfi malvagi di uscire allo scoperto.
E per Brock di estrarre il signor AK-47.
I piccoli nemici vestiti di nero saranno stati circa una ventina. Avevano occhi famelici e sorrisi che sembravano una versione distorta di ciò che erano stati un tempo. Anche mentre Brock li crivellava di colpi, a Zenzerello risultava chiaro che il male li avesse resi delle mine vaganti. Erano folli e pronti a morire, i servi perfetti per un mitomane come Adelìn.
La scena appariva come un claustrofobico viaggio nella versione più distorta e perversa dello spirito natalizio. Il sangue che schizzava dai crani che l’AK-47 colpiva in pieno disegnava in aria fiotti rossi che parevano finti, tanta era la loro perfezione. Era qualcosa cui nessun elfo degno di questo nome poteva essere preparato. Era qualcosa di sgradevole e oscuro, qualcosa che nemmeno nei momenti più bui della vita un piccolo aiutante sarebbe stato possibile immaginare. E, per questo, Zenzerello ebbe un crollo nervoso.
Nel villaggio di Babbo Natale, al Polo Nord, tutti gli elfi hanno una mansione specifica. C’è l’elfo addetto ai giocattoli di legno, il responsabile del settore biciclette, quello che si occupa della programmazione dei videogiochi... e, naturalmente, ci sono i team di produzione, che aiutano i vari responsabili nel proprio settore.
Tra tutti queste mansioni, c’era anche il responsabile della sicurezza, Zenzerello.
Lui era l’elfo che vegliava sul Polo Nord. Si occupava di mantenere l’ordine e di garantire la tutela degli abitanti del villaggio di Babbo Natale. Con le giuste proporzioni, avremmo potuto definirlo lo sceriffo degli elfi.
Ad ogni modo, il naturale senso civico dei suoi concittadini lo portava raramente a far valere il suo ruolo. Si ritrovava spesso coinvolto in piccole liti facilmente arginabili, o in zuffe scandite da gentili pallate di neve, niente di lontanamente paragonabile a dei veri crimini. Di fatto il villaggio di Babbo Natale è un luogo che tende a eliminare naturalmente la malvagità, ed era questo a rendere Zenzerello del tutto impreparato alle crude efferatezze che lo attendevano nel nostro mondo.
Pensava a questo, prevalentemente, mentre le cervella di quelli che, un tempo, furono suoi simili gli insozzavano i suoi colorati vestitini. Nella sua testa risuonava la versione strumentale di The First Noel che, al villaggio, mettono in filodiffusione di tanto in tanto, mentre una domanda si affacciava timidamente tra i suoi dubbi: come si poteva ritenere Brock Toombs uno dei buoni?
Dopodiché vomitò.
Intanto Brock falciava un nemico dopo l’altro. Quando la sua arma finì i colpi, prese ad affrontare il nemico con un pugnale alla mano, tagliando gole, addomi, braccia e infilzando petti, teste e sottomenti. Alla fine un solo elfo malvagio rimase vivo, come da programma.
Brock voleva sapere dove quei piccoli mostri avessero portato suo figlio. Scuoteva l’esserino sbattendolo contro la parete, ma questi non accennava a rispondere. L’uomo era già pronto a torturarlo quando, prima che potesse impedirlo, l’elfo si mise i palmi delle mani sulle tempie e si girò la testa di scatto, rompendosi l’osso del collo da solo.
“Soldati pronti a morire per la causa...” pensava Brock, “... non c’è nemico più pericoloso”.
Intanto Joe era sgattaiolato vicino a Zenzerello e cercava di farlo tornare in sé.
- Andiamo, ragazzo! Riprenditi!
Ma l’elfo era come in stato catatonico e continuava a scuotere il capo tremando come una foglia. Il soldato conosceva bene quella sensazione, la guerra è un continuo ripresentarsi di giovani imberbi incapaci di reggere alla vista d’un massacro. Aveva solo bisogno di tempo e si sarebbe ripreso. Peccato che, di tempo, i nostri fossero a corto.
Poggiate le armi, Brock iniziò a prendere a poderosi colpi le guance dell’elfo. Uno, due, tre... l’uomo sferzava sonori ceffoni a Zenzerello che, in seguito ad uno di questi, sbatté con la testa contro la parete. Fu quell’ultimo colpo a farlo rinsavire.
- Ok... ok, basta ora, per favore...- poi prese un lungo respiro, - ... so dov’è la Bussola.
Brock prese un panno cencioso dalla borsa e lo passò all’elfo affinché si pulisse la bocca ancora sporca di vomito. Zenzerello ringraziò e, cercando di darsi un contegno, si rimise a posto la giacca.
- Babbo Natale ha fatto in tempo ad avvisare tutti i sindacati della minaccia incombente... la Bussola era a Madrid e il responsabile di quel settore l’ha messa in sicurezza prima che Adelìn e i suoi potessero prenderla...
- Dove? – chiese Joe.
- ... ce l’hanno gli Spiriti del Natale.
Passato, Presente e Futuro. Erano questi gli Spiriti del Natale. Non erano aggressivi né malvagi... beh, magari lo Spirito dei Natali futuri poteva risultare un po’ indigesto ma, in ogni caso, nessuno di loro avrebbe mai ucciso per il puro gusto di farlo. Il problema, con loro, stava nel fatto che esistessero unicamente per spaventare i mortali. Il loro ruolo era quello di riportare gli uomini sulla retta via, mostrandogli eventi chiave della loro vita di ieri, di oggi e di domani.
- Non sono semplici spiriti... – spiegava Zenzerello, -... sono esseri divini, infinitamente potenti... ma non gli interessa altro che la loro missione quindi scordati di chiedergli di ridarti tuo figlio o di far venire un infarto ad Adelìn... quelli non esprimono desideri...
Poco lontano da loro, c’era il punto in cui Brock e Zenzerello sapevano trovarsi un varco. Il tempo a loro disposizione non era molto, poiché gli elfi malvagi avevano potuto leggere le informazioni trovate nel computer del responsabile del sindacato prima dei buoni, ed erano già un passo avanti a loro.
- F-forse è meglio che io resti qui...- disse Joe, senza nemmeno provare a nascondere il terrore che lo assaliva al pensiero di seguire i due nella loro missione, - ... non sarebbe saggio lasciare il sindacato completamente sguarnito, non credete?
I due lo guardarono con sufficienza e, senza nemmeno rispondere, uscirono in strada. Fecero pochi metri e, sempre grazie al bastoncino luminoso, riaprirono il varco.
Già in precedenza Brock aveva visto della neve uscire da un varco, ma non così. Non appena le esili braccia di Zenzerello ebbero aperto la porta, i due furono investiti da una tormenta di neve. Qualsiasi fosse la loro direzione, era immersa nella tempesta più impetuosa che occhio umano avesse mai potuto vedere. Varcato il portale, i nostri si ritrovarono nel gelo perenne.
I vichinghi credevano nel Valhalla. Era un luogo di luce e serenità, una grande sala dove una tavola imbandita premiava il valore di tutti i guerrieri che, in vita, erano periti in battaglia. Perché, per quella gente, la battaglia era la cosa più importante. Essere premiati per essersi dimostrati dei valenti guerrieri era il solo obiettivo per cui vivere. Niente era più importante di quella grande sala dove i compagni caduti prima di te mangiavano caprone e bevevano birra in tua attesa.
Poi c’era l’Hel, l’inferno, ed era composto di due sole cose: ghiaccio e buio.
Perché se sei un guerriero del profondo nord, abituato a gelidi inverni che calano con una notte perenne, non puoi temere niente che non sia una totale oscurità che ti penetra nelle ossa impedendoti qualsiasi movimento.
Zenzerello non avrebbe saputo dire se il regno degli Spiriti del Natale fosse l’Hel ma, di certo, era qualcosa di molto, molto simile.
Brock non era esattamente nuovo a condizioni ambientali estreme. Il suo curriculum vantava operazioni in Russia, Himalya e Antartide. Eppure il freddo di quel posto era tale da mettere in crisi anche la sua tempra. Per assurdo, in quella situazione Zenzerello era molto più performante di lui. Veniva dal Polo Nord, sapeva come muoversi in caso di tormente di neve e, soprattutto, la sua genetica lo rendeva naturalmente predisposto ai climi freddi. Ciò non significa che l’elfo se la stesse spassando, anzi. I due battevano i denti e avanzavano nel buio più totale senza sapere se, alla fine, sarebbero riusciti a sopravvivere. Ma Zenzerello poteva sentire qualcosa, nell’aria. Il suo retaggio gli consentiva di percepire la più misera fonte di calore anche e chilometri di distanza. In poche parole, mentre Brock si guardava intorno non riuscendo a distinguere nemmeno il sopra dal sotto, Zenzerello sentiva che in un punto mediamente distante vi fosse qualcosa di caldo.
Un fuoco scoppiettante, con ogni probabilità.
I due camminarono per un periodo che a Brock sembrò durare ore ma che, in realtà, consisteva in una manciata di minuti. Ciononostante, d’un tratto l’uomo cadde in ginocchio. Era troppo per un essere umano, anche per uno come Brock, e questi era congelato. Il ghiaccio aveva reso la sua pelle celestina, e i suoi piedi bruciavano come se fossero stati in procinto di sgretolarsi. In ogni caso, mai, nemmeno per un istante, il soldato ha creduto che fosse finita. Avrebbe continuato, a costo della propria vita, a costo di diventare una grossa statua di ghiaccio sotterrata nella neve. Lui, pensava, si sarebbe rialzato e avrebbe proseguito la marcia verso il figlio.
Zenzerello cercava di dire qualcosa, ma il rumore del vento che soffiava impetuoso impediva all’uomo di sentire cosa stesse dicendo. Incapace di fare qualcosa che fosse anche solo vagamente utile, l’elfo abbracciò Brock, cercando di illudersi che le sue braccia striminzite fossero abbastanza per riscaldarlo.
Non lo erano e, mentre Brock continuava a credere di poter proseguire, Zenzerello era rassegnato a dovergli dare l’estremo saluto.
Poi ci fu un rumore.
Non è assurdo che il soldato non fosse in grado di sentire la voce di un elfo che si stava sgolando per comunicare con lui ma che fosse riuscito a udire quello che aveva tutta l’aria di essere un campanello natalizio?
Beh, se la nottata fosse stata diversa da quella che stava vivendo, sì, sarebbe stato assurdo. Nel contesto generale, però, tutto sembrava incredibilmente coerente. Come coerente era la slitta trainata da orsi polari che stava sfrecciando a gran velocità verso di loro. Ad ogni lato, appese alle cinghie di pelle, i campanelli natalizi facevano il loro concerto scandito dal galoppare delle bestie, mentre un grosso uomo barbuto dava loro l’ordine di fermarsi. Era gigantesco, alto almeno cinque metri, e stava scendendo dal mezzo in gran fretta.
Mentre il freddo gli stava ghiacciando il sangue nelle vene, Brock sarebbe stato certo di vedere una grossa barba bianca, sotto a quel cappuccio verde. Invece no, era castana.
Il colossale omaccione misterioso prese i due e li caricò sulla sua slitta. Questa riprese a sfrecciare nella tempesta e, Brock, che già iniziava a sentirsi un po’ più caldo, si rilassò immediatamente.
Buio.
- Scempiaggini!
Brock si svegliò di colpo. La voce che lo aveva richiamato alla realtà era del gigante barbuto che stava discutendo con uno Zenzerello particolarmente gracile, al confronto.
- Non è così che lavoriamo, noi Spiriti del Natale, non siamo dei guerrieri!
- Con tutto il rispetto, mio signore, voi vi ostinate a non voler vedere il quadro generale...
L’ambiente che circondava i tre sembrava uscito direttamente da un libro di favole. Era una piccola casa di legno, con i soffitti molto alti e con dei tronchi d’albero finemente levigati che fungevano da travi portanti. Al centro della sala spiccava un grosso braciere di pietra su cui girava un maiale intero e, poco distante dal giaciglio di paglia su cui Brock si stava riavendo, un lunghissimo tavolo imbandito pieno di ogni possibile leccornia natalizia. In generale, era il Natale il tema regnante della sala. Ghirlande, dolciumi, vischio... e, naturalmente, un enorme pino addobbato che diffondeva il suo profumo in tutto l’ambiente.
Lo Spirito, benché indispettito dall’ardire di Zenzerello, sembrava del tutto incapace di apparire minaccioso. Era, nei lineamenti, talmente gioviale e rilassato da risultare un litigante inverosimile. Indossava una vestaglia verde orlata con del pelo bianco e, sulla testa, del pungitopo colto di fresco che si perdeva nei suoi lunghi ricci castani. Sotto quella veste sembrava essere completamente nudo, tanto che usava muoversi scalzo su qualsiasi superficie gli si trovasse sotto ai piedi.
- Tu devi imparare a rilassarti, giovane elfo! Nessuno può giungere qui, questo è il nostro regno e risponde solo a noi.
- Lo so bene, mio signore, ma torno comunque a ripetervi che, se c’è qualcuno in grado di penetrare la bufera, quello è Adelìn! Se è riuscito a fuggire dalle carceri del Polo Nord, di certo saprà...
- Scempiaggini, amico mio! Semplici scempiaggini! Il tuo elfo del male sarà pure un diavolo di stratega ma resta pur sempre un mortale. E ai mortali non è consentito l’accesso alle nostre...
Vedendo Brock intento ad alzarsi dal letto, lo Spirito frenò il suo soliloquio per rivolgere un caloroso sorriso al soldato.
- Oh, che meraviglia! Il nostro amico si è ripreso!
- Già... – disse amaramente Zenzerello, vedendo svanire la possibilità di far riflettere il suo corpulento ospite.
- Serviti pure, Brock Toombs, non sono molti gli umani che possono dire di aver visto la casa dello Spirito dei Natali Presenti!
A Brock mancavano i fondamentali per cogliere appieno la singolarità della situazione. Non era certo un bifolco. Aveva studiato e letto diversi libri, da ragazzo. Ma era pur sempre un uomo d’azione e, sentendo parlare di “Spirito dei Natali Presenti”, i soli campanelli che gli suonavano in testa lo riportavano a “Natale in casa Muppets” e a un film del 1988 con Bill Murray.
Intanto lo Spirito lo aiutava ad alzarsi invitandolo a sedersi al tavolo. Qui, sfoderato un enorme cucchiaio, prese a riempirgli il piatto con ogni possibile dolce natalizio lì presente. Il soldato non aveva granché fame ma, vista l’aria ghiacciata che aveva inalato, non avrebbe disdegnato qualcosa da bere. Allora lo Spirito prese un grosso boccale di legno con i lati finemente scalpellati e lo riempì fino ai bordi di zabaione caldo.
- Dissetati, ragazzo!
Detto ciò, il gigantesco essere si sedette a un lato del tavolo, facendo cenno a Zenzerello di fare altrettanto.
- Dunque...- disse mentre infilzava un cosciotto d’agnello con una forchetta che aveva le dimensioni d’un forcone, -... immagino che avrai già sentito parlare di me, giusto? Ti dirò, anch’io sono piuttosto incuriosito dalla tua figura, Brock Toombs... di solito questo genere di viaggio viene intrapreso da individui con un’indiscutibile rettitudine morale. Inutile sottolineare il paradosso rappresentato dalla tua presenza qui...
- Mio signore...
- E che diamine, elfo! Sto cercando di fare conversazione!
- Brock non parla molto, mio signore... e, onestamente, credo che anche lui vorrebbe chiudere questa storia al più presto...
- Bene, dunque... la Bussola è arrivata su queste terre due giorni fa. Con essa c’era un biglietto e, con il biglietto abbiamo capito... la mia famiglia non è solita infilare il naso negli affari dei mortali... o, almeno, non per questioni che trascendono il nostro incarico ufficiale... ad ogni modo io, in primis, ho compreso immediatamente la singolarità della situazione e ho disposto che l’oggetto fosse messo al sicuro...
- Dove?
- Giovanotto, ancora una volta, ti prego, rilassati. I tre domini della nostra famiglia sono introvabili e, soprattutto, anche se un mortale dovesse fortuitamente incappare in uno di questi, non sarebbe comunque in grado di vincere una nostra resistenza... siamo gli Spiriti del Natale, accidenti!
Il gigante rise sonoramente. Per Zenzerello era una figura quasi familiare, tanto era simile a Babbo Natale, ad ogni modo le sue parole non erano minimamente in grado di alleggerire le sue preoccupazioni. Anzi, laddove Babbo Natale era sempre capace di rassicurare gli animi scegliendo accuratamente le giuste parole, lo Spirito dei Natali Presenti dava una fastidiosa sensazione di superficialità.
- Quando eravamo nella tormenta...- disse l’elfo, - ... ho percepito una forte sensazione di calore. È un dono, un’abilità che la mia razza possiede da sempre. Una sorta di meccanismo di sopravvivenza che ci permette di ritrovare sempre la strada di casa, indipendentemente dal punto del Polo Nord in cui ci siamo persi.
- Sembra utile...
- Lo è ma... ciò che voglio dire è che, se ho potuto percepirlo io, di certo possono farlo anche gli scagnozzi di Adelìn...
- Scempiaggini, mio minuto amico! Torno a dirti che nessun mortale è in grado di contrastare fisicamente uno Spirito del...
E la porta si aprì di botto. Il vento impetuoso soffio spegnendo alcune delle candele profumate che ornavano l’abitazione dello Spirito, mentre una figura molto piccola cadeva sul pavimento di legno davanti all’ingresso. D’istinto, Brock afferrò il borsone ma, quando lo Spirito ebbe avuto modo di vedere bene chi fosse quell’inaspettato visitatore, capì che non fosse ancora necessario estrarre.
- Sorella?- disse lo Spirito, - Che ti è successo?
L’enorme mano paffuta del gigante aiutò quella minuscola figura ad alzarsi. Era una ragazza, forse, o una donna anziana. Difficile dirlo con esattezza, tutto dipendeva dal punto in cui la si guardava. Era una figura femminile dai lineamenti incerti, offuscati, come se la si stesse guardando attraverso un vetro opaco o leggermente appannato. Sul suo petto spiccava una fiammella molto tenue che sembrava bruciargli dentro. Ma era un fuoco morente, pronto a spegnersi da un momento all’altro. Tutta la paciosità del gigante, alla vista di quella povera anima, scomparve per fare posto a una fronte corrucciata dalla preoccupazione. Chiunque quella donna fosse, lo Spirito doveva volerle un gran bene.
- Rispondimi, sorella! Cosa...?
- L’hanno presa, fratello... hanno preso la Bussola...
Con quelle parole, tutto il mondo di Zenzerello finì.
Ogni speranza di riuscire a scongiurare la fine del Natale per come noi lo conosciamo si polverizzava al suono di “hanno preso la Bussola”. Ogni sforzo era stato vano, i buoni avevano perso.
La luce nel petto del piccolo spirito andava via via a spegnersi sempre più, segno che, di lì a breve, questi sarebbe spirato. L’elfo guardava il gigante tentare di far parlare la sorella, di riportarla a uno stato cosciente. Purtroppo, ogni tentativo era vano. La piccola mano della donna si poggiava a stento sul grande pollice del fratello quando, con lo spegnersi della fiammella, cadde senza vita a terra.
Fu Brock il primo a reagire. Prese il borsone da terra e se lo caricò sulla spalla. Ci dev’essere stato, anzi, doveva esserci un modo per recuperare Lorenzo. Al diavolo il Natale, al diavolo tutto! Il soldato aveva un solo obiettivo e tutto ciò che gli stava intorno poteva anche bruciare all’inferno.
- È finita... – disse Zenzerello, -... ho fallito.
- No- sentenziò lo Spirito alzando da terra il più risoluto degli sguardi.
- “No”? Hanno la bussola! Hanno un esercito! E, soprattutto, hanno il potere di uccidere uno Spirito del Natale... cosa possiamo fare noi?
- Combatteremo. Fino all’ultimo sangue. Non è finita, non ancora...
Il gigante si levò dal corpicino senza vita della sorella. Le pose gentilmente le esili braccia sul petto e si diresse verso un grande armadio di legno inciso. Spalancate le ante, Brock e Zenzerello ebbero modo di vedere il suo singolare contenuto. Erano schiaccianoci, un centinaio. Grandi quanto l’avanbraccio dello Spirito, quindi un poco più alti di Zenzerello, avevano tutti una vernice rossa che scimmiottava delle giubbe militari, un cappello a tuba, delle baionette di legno incollate lungo il braccio e un lungo pizzetto Bianco. Solo uno di essi, quello in prima fila, aveva anche un paio di soffici baffi e dei gradi dorati che gli ornavano il pettorale sinistro.
Lo Spirito dei Natali Presenti si rivolse al soldato baffuto. Lo fece in una lingua molto strana che, per certi versi, poteva sembrare tedesco, ma che non apparteneva a nessun idioma noto. In ogni caso, non era tanto questo a stupire l’osservatore, quanto più che quel colorato pezzo di legno fosse in grado di rispondere parlando nella stessa lingua. Nonostante l’incapacità di Brock e Zenzerello di comprendere cosa i due si stessero dicendo, il contenuto dei loro discorsi era lampante. Lo Spirito voleva un esercito e, quando il soldato si girò per ordinare qualcosa ai suoi uomini, fu chiaro a tutti che questi avesse accettato il compito.
- Elfo...- disse lo Spirito rivolgendosi a Zenzerello, -... cosa serve ad Adelìn?
- Come?
- Ha la Bussola, cos’altro gli serve per consegnare i regali?
- Beh, la bussola è inutile se...
- “Se”?
- ... le renne. Gli servono le renne di Babbo Natale!
Lo Spirito alzò una mano e, disegnando un cerchio in aria con un dito, spalancò un portale.
- Andremo al Polo Nord...- disse, -... e difenderemo la slitta ad ogni costo.
- M-ma... ha ucciso lo Spirito dei Natali Passati... come farai a...
- Adelìn potrà anche battere uno di noi in solitaria, ma non ha speranze contro me e mio fratello insieme.
- Lo Spirito dei Natali Futuri? Verrà con noi?
Il gigante prese un grande respiro e, con voce ferma, rispose –Verrà.
Zenzerello si rendeva conto dell’importanza di quelle parole. Lo Spirito dei Natali Futuri era il più schivo ed enigmatico dei tre fratelli. Lui era l’ultima di tutte le cose, il punto di ogni frase, l’”amen” di ogni preghiera. Se gli altri due si impegnavano a non interferire nelle questioni dei mortali, lui ne era del tutto astratto, tanto da considerarsi distante persino dai suoi fratelli. Che fosse intento a unirsi alla battaglia era un evento senza precedenti.
Il gigante varcò il portale, dietro di lui il suo esercito di legno. Zenzerello e Brock si scambiarono un’ultima occhiata. Si era creata una complicità singolare, tra i due. Erano diversi sotto ogni aspetto ma, in ogni caso, si rispettavano. Zenzerello conosceva bene l’importanza dei bambini, anche quella di uno solo. Per Brock recuperare Lorenzo era una questione vitale, ma credetemi quando scrivo che nemmeno per l’elfo era una sciocchezza. Il soldato lo sapeva e, con un cenno del capo, disse tutto ciò che mille parole non avrebbero saputo esprimere. Voleva dire “lo faremo insieme”.
E, per Zenzerello, le probabilità di vittoria salirono all’un per cento.
Il salto condusse i due in un luogo che l’elfo conosceva molto bene. Era il villaggio di Babbo Natale, dove tutto è possibile.
Beh, forse non proprio tutto.
Lo Spirito dei Natali Presenti aveva condotto i suoi soldatini a qualche chilometro dalle mura di cinta. Era evidente che il villaggio fosse già sotto assedio, e gli elfi buoni stavano contrastando come potevano l’aggressione degli elfi cattivi.
Questi erano circa un migliaio. Battevano le forze alleate in un rapporto di dieci soldati a uno. Inoltre disponevano di macchinari bellici all’avanguardia, come un cannone di candy cane esplosivi e un ariete a forma di renna. Su di una duna di neve, sotto un albero addobbato, spiccava Adelìn, in sella alla sua tigre bianca.
Erano secoli che Zenzerello non lo vedeva, ma si ricordava perfettamente le sue fattezze. Fattezze che, ora, apparivano mostruosamente deformate. La malvagità nel cuore dell’elfo ribelle aveva reso le sue orecchie molto più lunghe, proprio come aveva fatto col suo naso e il suo mento. Gli zigomi scavati erano bianchi e ossuti, e ai lati della testa era un fiorire di vene nere che affioravano nervose sull’epidermide. Anche lui, come i suoi uomini, indossava la classica uniforme da elfo tinta di nero ma, sulla sua testa, spiccava un berretto che si apriva come una corona piena di campanelli. In mano reggeva uno scettro di metallo scuro, sulla cui sommità spiccava una sfera di color fumo, dalla consistenza diamantina. La vista di quell’oggetto suscitava irrequietezza nello Spirito dei Natali Presenti, che continuava a fissarlo con odio, in qualche modo certo che, quella, fosse l’arma utilizzata per uccidere sua sorella.
Prima di passare all’azione, Brock voleva sapere quali, tra i soldati di legno, fossero i migliori.
- Sono assolutamente equivalenti...- disse lo Spirito, - ... ma il generale è di certo il più esperto.
Dunque l’uomo consegnò allo schiaccianoci in comando un’arma estratta dal suo borsone. Era un mosin nagant, un fucile russo. In realtà era una riproduzione giapponese, ma il concetto era lo stesso. Quel gioiellino montava il famigerato calibro 7,62, ciò significa che avrebbe potuto spararti attraverso una vacca e aprirti in pancia un buco grosso come un pompelmo. A Brock non serviva vedere quei fucili di legno in azione per sapere che il nagant fosse migliore.
Poi prese una seconda arma e la consegnò a Zenzerello. Era una Ingram MAC-11, una mitragliatrice corta di ultima generazione. Concettualmente era simile alla UZI, ma prodotta e distribuita dallo zio Sam, non come quella robaccia israeliana che si inceppa ogni trenta colpi.
Le uniche armi che l’elfo aveva impugnato fino a quel momento erano di plastica e sputavano pallini gialli. In ogni caso non fece obiezione e, comprendendo perfettamente la gravità della situazione, ringraziò il soldato e prese l’oggetto.
Il piano era semplice: lo Spirito dei Natali Presenti avrebbe tenuto occupato Adelìn mentre gli altri si sarebbero concentrati sull’assedio tentando di dare man forte agli elfi buoni. Brock e Zenzerello avrebbero fatto il possibile per raggiungere Babbo Natale e scortarlo fino alle stalle, dove avrebbe potuto condurre la slitta il più lontano possibile da lì. L’elfo malvagio doveva essere in grado di rivelare dove fosse Lorenzo, per questo Brock sentenziò che il gigante avrebbe dovuto colpire per stordire, non per uccidere.
- Non so quali programmi abbiate, mio signore... – disse Zenzerello, - ... ma se aspettate il momento giusto per far intervenire vostro fratello, beh... probabilmente è questo.
- Arriverà...- rispose lo Spirito, - ... nel momento peggiore arriverà.
E così iniziò la battaglia per il Polo Nord.
Le baionette di legno degli schiaccianoci erano imprecise e penalizzate da lunghi tempi di ricarica. Facevano il loro, certo, ma davanti alla velocità fisica degli elfi malvagi risultavano delle armi davvero inefficienti. Dal canto suo, invece, Brock aveva il suo borsone. Procedeva verso le mura smitragliando col suo AK-47 e mietendo un nemico dopo l’altro come fosse stato grano secco. Per lui era una condizione abituale, il suo habitat naturale e, come se non bastasse, aveva il fuoco del suo obiettivo primario a motivarlo. Che quegli elfi fossero demoni o Iddio onnipotente, in nessun caso avrebbero potuto fermarlo.
Il vero tasto dolente dell’operazione era Zenzerello. L’elfo premette il grilletto dell’Ingram e, come se non avesse consistenza corporea, fu spazzato via dal rinculo. La prima smitragliata lo aveva spinto all’indietro, rischiando persino di colpire degli alleati. A pancia in su nella neve, vide tre elfi malvagi piombargli addosso. Avevano il solito sorriso aguzzo e, con gli occhi iniettati di sangue, sembravano intenti a divorarlo. Fu allora che Brock tirò fuori il suo asso nella manica. Infilò la mano nel borsone e, con un gesto solenne, estrasse lei.
Il suo nome tecnico sarebbe M60 e, generalmente, dovrebbe essere poggiata a terra e gestita da tre uomini diversi. Questo perché il suo peso e la quantità di munizioni che consuma rendono impossibile il suo utilizzo da parte di un solo individuo.
Brock, invece, la chiamava Sally.
Lui teneva quella vecchia ragazza con una naturalezza tale da farla sembrare un’estensione del suo corpo. I proiettili entravano nell'arma tramite un nastro disintegrante da 100 colpi contenuto in una bandoliera in cartone e tessuto agganciata al castello dell'arma. Il rumore dei proiettili era tale da coprire tutti gli altri ma, se qualcuno avesse potuto ascoltare ciò che ronzava nella testa del soldato, avrebbe potuto sentire la voce di Little Richard cantare ‘Long Tall Sally’.
Zenzerello era ancora a terra quando la pioggia di piombo rovente trasformò gli elfi che volevano essere i suoi carnefici in un grottesco Picasso animato fatto di ossa, sangue e budella.
Gran parte dell’esercito nemico assunse quell’aspetto, e la cosa non poteva che attirare l’attenzione di Adelìn. Il capo dei malvagi sarebbe intervenuto in soccorso dei suoi uomini se, a impedirglielo, non fosse arrivato lo Spirito dei Natali Presenti. Il gigante lo afferrò da dietro e, con un back drop chokeslam, fece sbattere la schiena dell’elfo contro la corteccia dell’abete addobbato. La tigre bianca cercò di difendere il suo padrone ma, con un calcio ben diretto, lo Spirito la colpì sul muso sbalzandola all’indietro. Adelìn non disse nulla. Si limitò a sorridere malignamente verso l’avversario, facendo apparire una strana luce nera nel diamante del suo scettro. In breve, l’elfo iniziò a crescere. Quando la sua altezza raggiunse quella dello Spirito, si mise in posizione d’attacco.
- Secondo round!
Nel frattempo Brock faceva alzare Zenzerello e, con lui, si apprestava a raggiungere la porta principale del villaggio. Dietro al soldato e a Sally, l’elfo non aveva alcun bisogno di sparare. Brock era uno schizzo di vernice nera su una tavolozza bianca. Era il caos, l’angelo sterminatore, l’omega... nessuno poteva opporsi a lui, tranne forse Adelìn. Ma questi era già impegnato nella sua battaglia contro il gigante, mentre il soldato avanzava sparando verso il cancello. Qui gli elfi malvagi erano impegnati ad abbattere la barriera usando il loro ariete. I buoni, invece, sulle mura della città, videro i rinforzi ed emisero un gemito di trionfo. Fino a quel momento, la loro difesa era principalmente basata sul non morire, mentre ora iniziavano a pregustare una controffensiva. Zenzerello faceva loro segno di gettare una corda o, comunque, di trovare un modo che permettesse a lui e a Brock di entrare. Ma gli aiutanti di Babbo Natale non sono mai stati creature particolarmente reattive. In primis perché il loro capo tende a fare e disfare in pochi minuti e senza mai coinvolgerli nella parte pratica del suo lavoro, e poi perché la tempesta di interiora con cui Brock stava dipingendo l’ambiente era qualcosa in grado di sconvolgere ulteriormente la loro piccola e candida mente.
Il generale, invece, si stava divertendo un mondo. Era una guerra, una vera guerra. Non un gioco di simulazione o una baruffa tra pezzi di legno, era un combattimento per la vita, un confronto da due parti che vogliono la stessa medesima cosa: la morte dell’avversario. E, per di più, aveva anche un capolavoro d’ingegneria balistica tra le mani. Questo motivava i suoi uomini e rendeva lui un tizzone d’inferno. Ma l’entusiasmo non era di certo abbastanza. Molti schiaccianoci cadevano soverchiati dal numero schiacciante dei nemici. Quando Brock e Zenzerello ebbero raggiunto l’entrata principale, il numero dei loro alleati di legno si era già ridotto drasticamente. Nonostante questo, il soldato non si perse d’animo e, caricato il suo compare sulla schiena, prese a scalare il cancello.
Nel frattempo, centinaia di elfi malvagi stavano correndo verso di lui nel tentativo di fermarlo. Brock non disse nulla, ma Zenzerello capì esattamente cosa dovesse fare.
Era il momento di sparare di nuovo.
Ripreso l’Ingram in mano, l’ossuto sbirro del villaggio di Babbo Natale riportò il dito sul grilletto. I nemici gli erano a pochi centimetri di distanza quando, tirato un sospiro, fece fuoco. E, stavolta, l’inferno accolse le sue prime vittime. L’essere attaccato al massiccio corpo di Brock gli impediva di tornare vittima del rinculo e, con tre energiche smitragliate, rese onore all’arma che teneva tra le mani.
I due giunsero al limitare del cancello e, giusto un attimo prima di lasciarsi cadere dall’altra parte, Brock prese quattro granate dal borsone e tolse loro la stoppa. Dunque lui e Zenzerello erano dentro alle mura, mentre i suoi nemici e le granate erano fuori a fare un barbecue d’elfo.
- Zenzerello!- urlò di gioia un elfo anziano mentre correva al collo dell’amico per abbracciarlo.
- Sto bene, Mastro Candito, anch’io sono contento di vedervi.
- Che cosa vogliono da noi? Che ci fa Adelìn qui?
- Vogliono le renne, noi... dobbiamo portarle in salvo.
Ma, quando l’elfo ebbe terminato di pronunciare quelle parole, il cancello fu divelto da un’esplosione di energia. Schegge di legno e frammenti di schiaccianoci schizzavano in ogni dove, mentre una nube si levava da terra generando una foschia nebbiosa. Quando questa si riposò sul terreno, Adelìn stava entrando nel villaggio.
Era delle sue dimensioni naturali ma, nonostante la stazza ridotta, aveva comunque la forza di trascinare il corpo privo di sensi dello Spirito dei Natali Presenti.
- Sono stufo di perdere tempo...- disse, -... non ho nessun desiderio di uccidervi... Consegnatemi le renne e vi lascerò vivere.
Non tutti rifiutarono categoricamente l’idea di accettare la proposta di Adelìn. Qualcuno, nel proprio vigliacco cuoricino da elfo, si stava già domandando che differenza avrebbe fatto prendere ordini da un leader diverso da Babbo Natale. Ma non ebbe modo di farsi avanti. Perché per qualcuno c’era una questione ben più importante dei regali di Natale.
Una questione chiamata Lorenzo.
- Tuo figlio? – disse Adelìn quando Brock gli chiese dove fosse il ragazzo, -... quindi sei tu il padre di quel moccioso...?
L’elfo si fece scuro in volto. Sembrava addolorato, e i lineamenti distorti del suo volto, ora, lo facevano apparire più come un clown triste che come un incubo del Natale.
- È morto. Mi dispiace, davvero. Io non uccido i ragazzini io... in fondo è perché li amo che siamo qui a parlare, giusto? Perché voglio che siano tutti uguali. Ma quel ragazzino era... era una vera spina nel fianco, ho dovuto eliminarlo.
Brock non rispose. In nessun modo. Non solo non aprì bocca, ma non ebbe nemmeno il benché minimo tentennamento fisico che lasciasse intuire che razza di treno a massima velocità lo avesse investito. Zenzerello, dal canto suo, era sconvolto.
- Cosa state pensando, eh! Che sono un mostro?! Che sono un elfo che ammazza i ragazzini?! Beh, vi sbagliate! Non sono io il mostro, siete voi! Voi mi avete portato a questo! Voi avete preferito una guerra a una risoluzione pacifica del problema! Troppo facile puntare il dito verso di me, vi ricordo che sono io quello disposto a scendere nei più remoti meandri dell’inferno per il bene dei bambini! Io sono il vero Babbo Natale!
- Cos’è quello scettro? – chiese Zenzerello.
- Questo? Questo è... la polvere che gli Spiriti del Natale nascondono sotto al tappeto... ogni volta che un’anima malvagia viene convertita al bene, il male della sua anima si disperde nell’atmosfera. Resta lì, senza un corpo in cui tornare, senza uno scopo... ma io l’ho raccolto qui dentro...
Adelìn ticchettò la sfera. Tutti i presenti ascoltavano attoniti le parole dell’elfo, tutti tranne Brock. Lui guardava il corpo dello Spirito che giaceva a terra, come se questi gli stesse parlando.
- Vi rendete conto di che razza di potere è stato gettato al vento per secoli? Vi rendete conto di cosa avremmo potuto fare se solo lo avessimo raccolto prima? Guardatemi! Guardate cosa sono diventato! Sono più forte di Babbo Natale! Più forte degli spiriti! Io sono onnipotente!
- Coff, coff!
Lo Spirito riprese i sensi. Tossendo, del sangue gli usciva dalla bocca, macchiando ulteriormente la neve già resa nera dall’esplosione. Adelìn se ne accorse e, con fare canzonatorio, si chinò su di lui.
- Sì?
- Coff!
- Vuoi aggiungere qualcosa, ragazzone?
- Mio... mio fratello ti spaccherà il culo...
- Cosa?
Poi ci fu un ‘blip’, e Adelìn alzò lo sguardo per capire da dove provenisse. Era stato Brock. O, meglio, il sistema di puntamento dell’arnese che Brock teneva in mano.
Il suo nome tecnico era M202 flash.
Ma il mondo lo conosce meglio come ‘lanciarazzi’.
Il missile colpì Adelìn dritto al petto, generando un’esplosione colossale. L’elfo fu sbalzato all’indietro per un paio di chilometri, ma Brock sapeva che quel colpo non fosse abbastanza. Per ucciderlo serviva altro.
Per ucciderlo, serviva lui.
Il soldato tirò fuori il suo pugnale dalla fondina e, con un solo salto, piombò addosso al nemico.
- Che accidenti sta...?
Adelìn era incapace di comprendere. Quell’uomo, quel misero essere umano, era sopra di lui e lo stava accoltellando ripetutamente. Com’era possibile? Aveva ucciso due Spiriti del Natale! Aveva conquistato il Polo Nord. Come poteva lui, con la sua carne e le sue ossa, essere così forte?
Brock prese lo scettro dell’elfo e, con una sola mano, distrusse la sfera. Tutto il male che era in essa contenuto si disperse nel mondo, facendo riprendere ad Adelìn le sue gentili fattezze elfiche. A quel punto, Zenzerello ricordò le parole dello Spirito dei Natali Presenti. “Lui arriverà” aveva detto.
E comprese. Comprese che il terzo Spirito, quello dei Natali Futuri, è la fine di tutto, l’oscura signora, la morte... comprese che, a differenza degli altri, è l’unico che opera tutto l’anno, non solo a Natale. E, da sempre, utilizza i mezzi più disparati per farlo.
E Brock Toombs era uno dei suoi preferiti.
In quel momento, l’uomo non era un uomo, il soldato non era un soldato... e, soprattutto, il padre non era più un padre. Egli era la fine di tutto, il terzo fratello, lo Spirito dei Natali Futuri.
- Aspetta, Spirito!- piagnucolava Adelìn, -Ti prego io... Non sono l'elfo che ero, io...
Lentamente, e cercando di riordinarsi i vestiti, l’elfo si rialzava goffamente da terra.
- Spirito buono, permettimi... permettimi di cambiare queste ombre che hai liberato, con una vita migliore! Onorerò il Natale nel mio cuore, e cercherò di conservarlo tutto l'anno. Vivrò nel passato, nel presente e nel futuro. Gli Spiriti di tutti e tre vivranno dentro di me. Non devierò mai dalle lezioni che essi mi impartiranno!
Brock guardò il piccolo essere. Era sporco, sanguinante, ridotto a uno straccio. Tremava per il freddo e per la paura, mentre cercava di coprirsi con i lembi di veste che gli sfuggivano di mano. In quella figura non c’era più nulla del diavolo che poco prima aveva divelto l’entrata del villaggio con il pensiero. E mentre questi chiedeva perdono, mentre timidamente abbozzava un sorriso amaro verso l’uomo cui aveva portato via un figlio, un solo pensiero prese forma tra le sue labbra.
- Scempiaggini...
La lama di Brock penetrò nel collo di Adelìn mentre l’eco della sua voce si diffondeva per tutto il Polo Nord. Un fiotto di sangue scese copioso dalla ferita, mentre l’elfo si afflosciava come una bandiera al terreno. Il caldo sangue scioglieva la neve attorno ai piedi di Brock, che si stagliava inespressivo nella notte stellata.
Zenzerello gli si avvicinò
- Io... mi dispiace, Brock. Davvero non sai quanto.
Nel silenzio generale, gli elfi del villaggio compresero di non poter fare nulla e, lentamente, si dileguarono tornando alle loro casette. Solo Zenzerello rimase al fianco dell’uomo che aveva salvato il Natale, ma era una compagnia vuota e ricca di solitudine. Nessuno, in quel momento, avrebbe avuto la cosa giusta da dire anche se, in realtà, c’era eccome.
- Oh, oh, oh!- si udì nell’aria una voce. Con essa, il tintinnare di un migliaio di campanellini infrangeva il tombale silenzio che attanagliava quei luoghi. Il lampo rosso nel cielo lasciava pochi dubbi, poiché con una velocità straordinaria l’elfo e l’uomo si accorsero della grossa slitta trainata da renne che stava atterrando davanti a loro.
La porta della slitta si aprì, e la cosa giusta da dire esplose nella gola di un bambino.
- Papà!- urlò Lorenzo mentre correva verso il padre.
Solo a quel punto Brock cambiò espressione. Era felice. Felice come quando il figlio venne al mondo. Felice come quando disse il suo primo "ti amo". Lorenzo era vivo e lo stava abbracciando. Dietro di lui, un vecchio barbuto, appesantito e vestito di rosso, stava scendendo dalla slitta con un sorriso che avrebbe potuto addolcire il diavolo.
- Buon Natale, Brock Toombs.
- Babbo Natale? – disse Zenzerello incredulo.
- E buon Natale anche a te, Zenzerello...
- Ma come...? Voglio dire, Adelìn aveva detto di avere ucciso il figlio di Brock...
- Oh, Adelìn non aveva ucciso proprio nessuno!
- Sono scappato!- fece eco il piccolo.
- Lorenzo è un ragazzo in gamba, ci vuole ben più di un elfo con manie di grandezza per farlo fuori...
Brock avrebbe voluto sapere tutto. Come il figlio avesse fatto a scappare, come avesse incontrato Babbo Natale, come facesse ad essere vivo... ma in quel momento riusciva solo a pensare a quanto fosse felice.
- Brock! – urlò Zenzerello dopo aver visto il suo orologio, -Tua moglie atterrerà tra cinque minuti!
Era vero. Tra tutto quel trambusto, il soldato aveva completamente perso di vista l’orario. Con ogni probabilità, sua moglie ha provato a chiamarlo una dozzina di volte a casa e, adesso, si trovava in aereo.
- Cinque minuti?- chiese Babbo Natale aprendo lo sportello della slitta, - Allora non abbiamo tempo da perdere! Tutti a bordo, ragazzi!
Zenzerello si avvicinò a Brock.
- Abbi cura di te, Toombs... sta lontano dai guai...
L’elfo fece per restituire l’Ingram al soldato. Questi guardò l’arma, abbozzò un sorriso e la spinse verso il petto del compagno. Dopotutto era Natale, il periodo dei regali.
Brock salì sulla slitta assieme a Lorenzo e a Babbo Natale. Con uno schiocco di redini, questa partì a velocità supersonica verso le stelle, lasciando Zenzerello solo, a guardare il cielo con un mitra in mano.
Non sapeva se avrebbe mai rivisto Brock Toombs ma, di certo, quel Natale non lo avrebbe mai dimenticato.
Abbassando l’arma che gli era appena stata donata, l’elfo comprese di dover tornare alla sua quotidianità e, infilandosela nella cintura, si voltò per raggiungere l’entrata del villaggio.
- E che Dio ci benedica tutti quanti...