Il testamento Onnigrafo Magazine

Il testamento

Hagalaz è il più candido dei grani/in un turbine precipita dal cielo/percorso dal vento tempestoso/e poi si trasforma in acqua.


Sono Winyfred Ruadh, la Rossa. Colei che mostra la via e questo è il mio testamento...

Sono nata la notte tra il 31 di ottobre e Samhain, il primo di Novembre ed ero Kàra; La Selvaggia, la Tempestosa o, secondo l'Antico Norreno: "Selvaggia o "Colei dai Boccoli".

Mio padre, il Pio Bohemund ha sempre detto “lei e’ nata la notte del diavolo, dovrebbe essere rinchiusa!” Finché mia madre era viva, gli è stato proibito, poi…

 Dal regno dei Franchi a quello dei Germani, ero nota come Randgrid, la Spezza-scudi. E ero la delusione per mio padre, servo di un re cristiano e della sua chiesa, il Margravio Bohemund William Bach. Il nome di mio padre e quello di mia madre “Medices”, il cui nome è maledetto dalla chiesa perché pagana, son dimenticati da coloro che mi seguivano e mi amavano ma l’armata di mio padre seguiva ME!  

Dietro i miei occhi sognanti e freddi, cangianti tra il blu e il verde, profondi e chiarissimi, avreste visto solo decisione e resilienza. Corpo slanciato e teso al combattimento, resistente alle intemperie. Sono stata fanciulla di scudo sin dalla giovane età, porto spesso i capelli in boccoli rossi, sciolti e lunghi sulle spalle e unicamente abiti comodi. Ciò nonostante, la mia lingua era veloce e non mi tiravo indietro da una battaglia diplomatica. Sono stata, sono e sarò di certo la somma delusione per mio padre, servo di un re cristiano e della sua chiesa, il Margravio Bohemund William Bach. Chissà se morendo avrà pensato a me. la sua Primogenita. Egli infine è morto, così li racconteranno i menestrelli e gli skaldi dalla Loira al Volga:

Il Margravio Bohemund William Bach sta spingendo il suo frisone bianco al galoppo nelle foreste a sud ovest del suo regno. Guida la carica contro la prima fila di predoni e, insieme alla sua cavalleria, ne falcia parecchi. Poi con la sua lancia uccide qualunque nemico gli capiti davanti con ampi movimenti da sopra il suo cavallo, preciso, deciso. Il biondo cavaliere alza la lancia per scagliarla contro un predone che fa strage nel mezzo della sua Legione. E lo colpisce in pieno. Ferito alle zampe per l’ennesima volta, il suo cavallo inciampa e lui si lancia in terra dopo aver impugnato lo scudo con la sinistra. Prima ancora di alzarsi, ha sguainato la spada. Muovendo solo il polso, gira la spada e un sorriso di lussuria guerresca pervade il suo viso. Si scaglia contro il primo nemico e lo taglia in due dalla spalla sinistra alla vita destra. La scorta non riesce più a seguirlo quando s’immerge nella marea di corpi nemici dopo aver urlato: “Uomini, a me!”. Dimentico di qualunque precauzione. Bohemund è preso dal sacro fuoco della battaglia. Quello che lo rende così spavaldo sono i nemici stretti tra i suoi uomini e in rotta. Non vede un’altra schiera di nemici avvicinarsi velocissima al fianco sinistro, né sente le urla della sua scorta. Il primo colpo arriva alle spalle. È un’ascia bipenne che trapassa l’armatura, prendendolo in pieno nella schiena e aprendo uno squarcio profondo. Il Conte di Marca urla e si volta. Para il secondo colpo del nemico, alzando semplicemente lo scudo, poi affonda la spada nel cuore dell’enorme nemico e gli taglia la testa con un colpo netto da destra verso sinistra. Il secondo colpo arriva nelle reni, una spada corta stavolta. È un affondo che affonda ben dentro il corpo dell’uomo. L’urlo del Primo Servitore della Chiesa si eleva sulla mischia quando dà un calcio al nemico, spingendolo in terra e poi gli affonda la spada nel ventre. Suona nel corno profondamente una sola volta. In questo momento di distrazione arriva la freccia e lo prende al petto. Bohemund continua a combattere, ma la sua mente è ormai altrove. Finché non viene preso ancora nelle reni, un taglio profondo che lo squarcia in due. Mentre cade, nelle sue palpebre, misto alle immagini della battaglia, il primo viso ad apparire non è quello della donna che è sua moglie, ma quello della prima donna che ha amato, Bella. Il secondo è di suo figlio Socrates. La sua scorta infine lo raggiunge. All’interno del quadrato Romano, disposto per difenderne il corpo: Giasone stringe nella destra il Vessillo dei Bach con i colori della Casata Reale al vento mentre nella sinistra la sua bastarda e i suoi occhi azzurri sono concentrati sulla battaglia, Sigmund è biondo e possente, stringe ancora tra le mani l’ascia enorme e insanguinata. Il possente Achille, riccioli ovunque e neri come il loro proprietario, due metri d’altezza, rimette il lungo spadone nel fodero e prende in braccio il Margravio come fosse un bambino. Non gli pesa che il suo padrone indossa ancora la cotta di maglia, la spada nella destra e lo scudo regalatogli dal suo Re nel braccio sinistro. Il resto dei cavalieri si ricompatta dietro il suo secondo in sostegno dei Legionari, mentre i suoi tre vassalli lo portano al riparo di una macchia d’alberi vicina. Bohemund sa che sta morendo. Ha subito troppe ferite oggi e questa è la definitiva. Con la sua voce decisa richiama a sé Giasone e, mentre lascia fare gli altri attorno alle sue ferite, dice: “Amico e mio fedele, scrivi queste parole per il nostro Re.” Giasone infila il bastone del vessillo in terra e scrive mentre la voce del Margravio Bohemund, silenzio sulle bocche di tutti, sussurra:

“Salve mio signore, mio principe e mio re. In nome della mia Funzione di Margravio da voi divinamente e rettamente sancita e dell'onore di servire Voi e la Vostra Famiglia, la Capitale e la Chiesa giuro di possedere tutte le mie facoltà quando dico:Voi siete proprietario dei miei beni come della mia vita, per l'onore che ebbi in vita di giurare a voi i miei servigi sotto il vostro Trono quel Santo giorno. Sono appena stato ferito a morte mentre portavo alto il mio stendardo con il colore della Casata vostra, come solevo onorarmi di fare e, con la presente, vi domando che il podere originario dei Bach appartenuto a mio nonno, sia trasmesso in eredità al mio figlio naturale Socrates Bach. Ultimo dei vostri uomini, spero nella vostra bontà e luce illimitata in onorarmi da morto come da vivo.Sempre Vostro e della Vostra Famiglia

Servitore della Chiesa Margravio Bohemund William Bach


Mio padre, il Pio Bohemund, l’Eroe, mi vendette quando avevo sedici anni ad un uomo ricco e vecchio per proteggere l’eredità di mio fratello Socrates, l’Exemplum, il prediletto del vescovo. La notte del mio stesso matrimonio, allora, uccisi mio marito, facendolo dissanguare, ubriaco, nel suo piscio, con un coltello nell’inguine dopo avergli fatto immaginare gran sesso. E mio fratello mi condannò. Dopo la morte di mio padre, era divenuto lui, Socrates Bohemund Bach, secondo del suo Nome, servo di un re cristiano e della sua chiesa. Scappai in cerca di asilo dalla Regina del regno dei Danesi, il suo nome non ha mai scosso i cuori come il mio. Ella mi accolse come fanciulla di scudo e divenni spietata come lei, la mia sorella, madre e Signora della vendetta. Poi giunse la guerra nel suo regno, un pretendente che ha distrutto le sue armate e con esso causò la dissoluzione del Regno. Insieme all'unica sorella di scudo rimasta, Sigrun, ho preso a vagare come mercenaria. Insieme a lei ho militato nella Libera Compagnia di Adam detto “Capitan Gatto”, contro l’Impero. Lei è morta ma tra quei ladri e assassini ho incontrato la ciurma della futura Regina Nera che mi ha aiutato a rubare gli uomini ad Adam: il bel Darius, cristiano e mulatto dagli occhi grigi, amante e nostromo; Rys, fratello pagano dagli occhi di colori diversi, verde a sinistra e grigio a destra, mio Capitano e signore dei Mari, fratelli di madri diverse e padri figli di puttana; il nano dal nome che ancora non ricordo ma tutti chiamavamo Phil, Hans Steiner, barone e cavaliere spietato e i due studiosi e gemelli “Curufin e Raleigh”. Questi ultimi erano nobili britannici dal passato oscuro ma pieno di Conoscenza e magia, originata dalle kabbale ebraiche.

In un momento di difficoltà, durante una pestilenza e dopo una guerra sanguinosa nel pieno della Germania, dovetti far fronte comune con Socrates, figli di madri diverse e padre, servo della chiesa. Fu in quella notte, dopo essere sopravvissuti alla battaglia che, con un discorso accorato, rubai i suoi uomini unendoli ai miei sopravvissuti e lo lasciai vivo dopo uno scontro all’arma bianca. Quel giorno cominciò la mia ascesa, l’ascesa di Kàra; La Selvaggia, la Tempestosa o, secondo l'Antico Norreno: "Selvaggia o "Colei dai Boccoli". A lungo non seppi nulla di lui.

Io e i miei amici e colleghi abbiamo ucciso mostri, decapitato regni, militato per re minori nella Grande Germania. Io stessa sono stata perfino Capitano per il grande Basileus di Costantinopoli. Anche là, Socrates mi ha raggiunta ma ho evitato lo scontro per poco, lasciando corpi di cittadini infranti e parte delle mura distrutte con fuoco greco. 

Da allora è stata una fuga continua, dai creditori e dallo scontro con Socrates. Neanche lui era più Socrates Bohemund Bach, secondo del suo Nome, servo di un re cristiano e della sua chiesa ma solo Socrates il bastardo. 


La notte in cui finì tutto, Socrates infine ci aveva trovato: era nottetempo e non lo aspettavamo. Ci colse impreparati con un trucco inatteso. Rys, già era ossessionato dalla Fonte della Giovinezza, mi aveva convinto a mettermi in mare per trovarla insieme ad un favoloso tesoro nelle Indie, quelle nuove. 

“Non è costume che sia una donna a guidare una compagnia di mercenari e non parliamo in mare! Permettici di discutere la cosa secondo il costume tradizionale delle bande mercenarie.” queste le parole dei due fratelli britannici. Il tranello era che Socrates, non per niente figlio di una strega, era riuscito ad infiltrarsi nella nostra masnada, farsi conoscere per le sue abilità tattiche e convincere i due fratelli Curufin e Raleigh a tradirmi e convincermi ad un parlè con loro e Rys, per stabilire il prossimo capitano prima di prendere il mare, secondo le regole della Fratellanza che si dice risalisse ai Templari.

Socrates a questo punto, davanti al fuoco del bivacco, davanti a tutti i miei fratelli mercenari, rivelò se stesso e mi sfidò a duello e combattemmo davanti a tutto il gruppo.

Quella notte, per primi, i miei fratelli e compagni di lotte mi tradirono: il bel Darius; Rys, Hans Steiner, i due studiosi e gemelli “Curufin e Raleigh”. Perfino il nano Phil! 

 La battaglia con Socrates fu senza esclusione di colpi: lui era migliorato, non era solo il ragazzino pio, prediletto della chiesa e amante delle gonnelle dei preti. Nel cerchio delle fiamme, i nostri visi si incontrarono e scontrarono presi dalla concentrazione per trovare un punto dove attaccare. Invano, a lungo le nostre lame si incrociarono o per finire ad allontanarci. Socrates mi ferì ben due volte ma io feci di peggio: trovai il suo lato scoperto e lo colpì in pieno petto al cuore. Su quel bel viso che ricordava mio padre, servo di un re cristiano e della sua chiesa, il Margravio Bohemund William Bach, ma lui era solo Socrates il Figlio della Strega, si dipinse una smorfia di giusta delusione. Fu a quel punto che la santa Barbara esplose, per alcuni a causa di una dimenticanza di Darius e Phil che fumavano vicino, e mandò me e i fratelli britannici “alla morte” permettendo a Rys, la mente malvagia dietro tutto questo, di diventare il Capitano e mio salvatore. 


Una vita fa mi avreste chiamato una guerriera, forse. O una indovina o una fottuta e fortissima Capitana di uomini e donne. Insomma, ero viva e vivevo alla grande sul vecchio continente dalla Liger (Loire) al Volga. E seguivo i miei scopi. URLAVO dentro me ma fuori ero l’assassina perfetta. E ne so suggerire diversi modi in cui uccidere uomo o donna.Adesso non ricordo quali ma c’erano.

Ora viaggio per mare e terra, ufficialmente senza memoria, se non sprazzi di morte e omicidi che a volte neanche volevo. 

A malapena riesco a camminare, storpia nel cuore e nell’anima. E spesso la magia e il rhum sono le mie sole salvezze….ma Socrates, la mia antitesi, mio fratello è morto. Tutto estinto.

Vivo una vita da consigliera, in cerca di questa mistica Fonte della Giovinezza per la quale Rys, il mio spietato Duca, e’ un convinto cercatore e certe notti mi chiedo : quando si stancherà’ di me questo demone che fine farò? 


Sono Ruadh, la Rossa. Colei che mostra la via...Questo è il mio testamento...

Già arrivato è il gelido Inverno,/Si incurvano i rami sotto il candido peso,

L’albero secco già si schianta,/E con rombo di tuono precipita a terra./Cammina, cammina, non ti fermare/È tempo di andare, non cedere al ghiaccio./E svegliati presto,/prendi la legna,

soffia sulle braci,/rinnova la magia del fuoco.