La nuova allieva - Primi insegnamenti Onnigrafo Magazine

La nuova allieva - Primi insegnamenti


Maestro e allieva abitavano in una torre che si ergeva poco distante da un vecchio castrum abbandonato, adibito a monastero cenobitico. Dalla terrazza dell’ex-torre di guardia si poteva controllare tutta la vallata sottostante e sull’architrave di pietra della torre vi era l’incisione di un felino che balzava da un’onda, in parte cancellata dal tempo.

Nany fu molto stupita da quello strano sodalizio. Ricordando quanto le aveva detto Elios nella grotta, pensava che l’uomo non gradisse i cristiani visto che lui stesso aveva ammesso di professare l’antico credo. Sapendo bene che i cristiani uccidevano i pagani e distruggevano i loro templi, non comprese come mai il suo maestro vivesse vicino a loro.

In particolare, Elios era legato da sincera amicizia con Giuliano, uno di quei sacerdoti che le aveva dato spiegazioni.

«Vedi, piccola, il bene e il male albergano nel cuore dell’uomo indipendentemente dal suo credo. Prima del nostro arrivo ci sono state anche qui delle feroci persecuzioni ai pagani, ma ricorda: fatti del genere sono voluti dagli uomini che cercano il potere, non da Dio».

«Nulla di diverso rispetto a quanto accadeva molto tempo fa», commentò lapidario Elios.


La primavera seguente, quando Nany aveva imparato a fidarsi di quei monaci, si era trovata a parlare con Giuliano mentre ritornavano dal villaggio e non aveva resistito a chiedergli come avesse conosciuto Elios.

«Un giorno stavamo viaggiando in questa regione alla ricerca di un luogo dove fondare un monastero». La ragazza lo ascoltò interessata. «Fummo assaliti da alcuni banditi che speravano trasportassimo oggetti di valore quando da questa collina giunse il nitrito di un cavallo». L'uomo dai capelli neri con alcune striature di bianco sulla barba dimostrava quasi cinquant'anni e parlava con un tono bonario attirando ancor più l'attenzione della giovane. «Spronò il cavallo al galoppo e piombò su di loro con il suo mantello verde svolazzante e con la spada sguainata. In pochi assalti mise in fuga quella decina di banditi da solo, salvandoci. In seguito, ci offrì quest’antico castello che sorgeva sulle sue terre come sede per il nostro ordine, purché non facessimo domande e lo lasciassimo vivere in pace in quella piccola torre di guardia».

«Le sue terre?», Nany guardò il monaco stupita e seguì il gesto che l’uomo fece con la mano mostrandole la collina e la valle sottostante. «Tutto questo è suo?».

«Sì».

«Ma… ma nessuno viene mai a trovarlo?».

«Che cosa vuoi sapere di preciso sul tuo maestro?».

«Ecco… non lo so». La voce di Nany divenne un sussurro e arrossì.

L'uomo di chiesa sorrise comprensivo. «Nany so cosa mi vuoi chiedere e no, non credo abbia una donna. È sempre solo; a parte quella sua amica, ospite per un paio di giorni alcune estati addietro, non ho mai visto nessun'altra donna a parte te».

«Quindi…».

«Quindi, dalla mia umile posizione e dagli anni che lo conosco, penso che viva nel ricordo di una donna, poiché non ha preso voti religiosi di alcun tipo».

«Allora…».

«Nany è normale che tu sia affascinata da lui, è il tuo maestro, t’insegna a combattere, a cacciare e ad amministrare queste terre». La giovane annuì pensierosa.

«Un’allieva si prende spesso un’infatuazione per il proprio mentore, è normale, ma lui non ti ha scelta per questo».

«No! Il maestro mi ha salvata per insegnarmi a gestire i miei poteri».

Nany si portò una mano alla bocca rendendosi contro di aver parlato troppo e fece per allontanarsi di corsa, ma la mano dell'uomo la trattenne con fermezza.

«Spesso gli uomini condannano i doni di Dio solo perché temono ciò che non conoscono».

Con quelle parole nella testa la giovane tornò alla torre per riprendere gli studi.


***


Una sera d'autunno, entrambi stanchi, stavano terminando un allenamento nella radura che d'abitudine utilizzavano come luogo di allenamento. L'allenamento consisteva nel colpire con una spada di legno alcune ghiande che Elios faceva fluttuare a mezz'aria scagliandogliele contro. Nany era sempre attenta a ogni piccolo movimento, un fulmine illuminò all’improvviso la radura. L'allieva chiuse gli occhi e il maestro ne approfittò per colpirla con una ghianda a una gamba nuda, lasciandole un segno rosso.

«Ahia».

Piegandosi per toccarsi la gamba scoprì la difesa a un’altra ghianda che la colpì sulla schiena, poco sopra la fascia mammillare causandole altro dolore. Nany cadde in ginocchio quando il tuono fece sentire la propria voce scuotendo la foresta e facendo scoppiare in pianto la piccola donna.

«Alzati!».

«Ci… ci provo maestro, sono stanca».

Elios colpì il piede su cui la giovane stava facendo forza per rimettersi in piedi e lei rovinò a terra con un tonfo sordo. Il cielo si aprì lasciando cadere le acque su di loro e la pioggia si mescolò alle sue lacrime di dolore.

«Non ci devi provare!». Il tono autoritario la scosse ancor di più. «Lo fai o non lo fai, i perdenti si limitano a provare».

Nany pianse cercando di rialzarsi più volte, mentre il suo maestro la toccava con lo stivale facendola cadere nel fango.

Nany aveva le braccia e le gambe ricoperte di cerchi rossi. La rabbia s'impadronì della giovane che si sollevò in piedi con uno scatto a fronteggiare il maestro. I suoi occhi divennero neri come la pece e i capelli rossi e lunghi presero a oscillare come spinti da un vento invisibile nonostante fossero pesanti di pioggia e fango.

«Concentrati».

L'appello rimase inascoltato e la giovane continuò la sua corsa brandendo la spada e lo attaccò con una serie di colpi che lo misero in difficoltà. Elios riuscì a concentrarsi escludendo da sè la coltre di rabbia che la giovane gli stava vomitando addosso. Nany si infuriò ancor di più vedendo il maestro schivare i suoi affondi come se stesse danzando. Elios sentì l'aria intorno a loro raffreddarsi, la ragazza stava manifestando un altro potere latente, avrebbe dovuto bloccarla prima che uno di loro si facesse male sul serio. Le scagliò contro una ghianda che si congelò a mezz'aria cadendo sullo strato di ghiaccio che stava iniziando a ricoprire il terreno. Nany non si rese conto di quel prodigio. Con la sola forza del pensiero Elios le sfilò la spada di mano, come già aveva fatto al loro primo incontro, scagliandola contro un vecchio tronco caduto e ricoperto di muschio. Nany non ricordò mai la sequenza di come si mosse il suo maestro, sentì solo delle fitte ogni volta che lui la colpiva in ogni parte scoperta del corpo fino a quando crollò in ginocchio piangendo.

«Nany, devi concentrarti e non perdere mai la calma».

«Ma Elios… avevi detto che la passione ci muove».

«Devi imparare a canalizzarla come se fosse un fiume. Crea gli argini, controllala e poi rilasciala quando serve, come serve e dell'intensità che serve».

La giovane riprese a singhiozzare fissando l'erba della radura mentre la pioggia continuava a cadere, dopo un tempo indefinito, sollevò lo sguardo sulle gambe del maestro vedendo le sue brache tagliate dal ghiaccio che lei gli aveva scagliato contro trasformando la pioggia in sottili proiettili.

«Scusa».

«Dimostrami che non mi sono sbagliato con te e non serviranno scuse. Altrimenti le nostre strade si divideranno prima del tempo».

Colpita dal tono e dalle parole del suo maestro si alzò stanca senza sollevare il capo, restando a fissare triste l’erba bagnata.

Dopo alcuni attimi, nei quali si poté sentire solo il rumore della pioggia sugli alberi e del vento debole tra i rami, Nany riuscì a parlare: «Possiamo riprendere domani?».

Il tono avrebbe voluto essere fermo, ma i singulti erano ancora troppi e non riuscì a dimostrarsi sicura come era nelle sue intenzioni. «Domani non ti deluderò».

«No, sono sicuro che non lo farai, ma adesso andiamo che abbiamo già preso fin troppo freddo».

I due ritornarono alla torre in silenzio, solo il rumore della pioggia faceva loro compagnia mentre attraversavano il bosco ormai buio. Stanchi e infreddoliti, giunsero alla loro dimora quando la campana del monastero richiamava alla preghiera serale i monaci. Il padrone di quelle terre e la sua giovane allieva si fermarono davanti alla porta a fissare le mura del castello con le finestre illuminate dalle lampade.

«Non li capisco maestro».

«Non sempre devi capire l'altro, devi imparare ad accettarlo. Se sono delle persone buone non vi sono problemi in ciò che credono, l'importante è che siano delle brave persone e facciano del bene».

Elios aprì la porta dirigendosi al focolare quadrato, posto al centro della stanza, accese la paglia secca con la pietra focaia. Le fiamme incendiarono l’esca abbracciando subito dopo i legnetti e quindi la legna più grossa che lui poneva sopra con cura. La giovane, dopo aver chiuso la porta, si era fermata a guardarlo, restava sempre affascinata da come lui si muovesse sicuro nel mondo e sapesse fare bene ogni cosa.

Seguì poi con lo sguardo le spirali di fumo che salivano. Per evitare che i piani superiori venissero invasi dal fumo, le varie stanze si chiudevano internamente con pareti di legno che lasciavano uno spazio quadrato in cui il fumo si incanalava. Elios le aveva detto che l’idea l’aveva avuta Zarich, e funzionava bene anche in giornate uggiose come quella, ma non c'era da stupirsi visto che era il miglior architetto del mondo, a detta del suo maestro.

Elios si voltò a guardarla e si bloccò un istante a fissarla. I capelli lunghi che le gocciolavano sulle spalle, la fascia bagnata che non le copriva del tutto il seno, anzi ne evidenziava la forma, e le gambe brune e tornite dai mesi di allenamento lo riportarono indietro di molti anni… a un'altra donna.

Nany sentì lo sguardo di Elios divenire caldo come le fiamme che scoppiettavano allegre nel focolare e comprese che non era lei che stava vedendo, doveva essere una donna che lui aveva amato più di ogni altra, anche se non le aveva mai parlato di lei, come non aveva parlato della giovane dalla pelle bruna e dai lunghi capelli neri che ancora, talvolta, riempiva i suoi sogni. In quei mesi Nany si era svegliata spesso di notte investita dai sogni dell’uomo a causa del potere che la giovane non aveva ancora imparato a controllare. In quei mesi Nany aveva scoperto che le leggende raccontate dalla sua famiglia erano vere, glispeculatores erano esistiti davvero e l'uomo che ora le stava dinanzi fu tra quelli che avevano forgiato quel corpo di combattenti dell'impero. Peccato che nemmeno loro erano riusciti a fermare l'avanzata dei barbari e l’avvento al potere dei cristiani. Nany gli giunse alle spalle e lo abbracciò in silenzio incrociando le mani sul petto dell'uomo.

«Elios sarò al tuo fianco fino a quando vorrai. Insegnami tutto e affronteremo il futuro insieme».

Elios si spostò piano e Nany lo liberò dal proprio abbraccio permettendogli di voltarsi verso di lei, in quel momento la giovane si sollevò in punta dei piedi per baciargli le labbra, ma si fermò a un soffio da lui sorridendo dispettosa.

«Sono la tua nuova allieva e questo mi basta. Insegnami tutto quello che sai e imparerò… sono brava lo sai».

Elios non riuscì a trattenere un sorriso pensando che quella giovane sembrava essere la somma delle donne che aveva amato: aveva i capelli di Cassandra, la pelle ambrata e il fisico allenato di Nefti e la dolcezza di Bastet.

Che forse il Fato gli stesse riservando nuove sorprese?

«Prima regola allieva: abbi pazienza… adesso leviamoci questi vestiti o ti prenderai una polmonite e poi ti toccherà farti curare al monastero come lo scorso inverno».

«Corro a prendere dei teli asciutti».

L’allieva corse via ridendo. Il resto della serata lo passarono mangiando vicino al fuoco avvolti nei teli asciutti, mentre i vestiti sgocciolavano appesi alle corde vicini al fuoco.


***


Nei mesi successivi aveva imparato a muoversi nella foresta, a nascondersi e a seguire le tracce, ma Elios le aveva insegnato anche l'importanza della meditazione, di fermarsi e ascoltare ciò che la circondava. Aveva imparato a controllare i poteri che aveva fin dalla nascita e che l’avrebbero resa speciale e temuta. E per questo perseguitata.

Una mattina di metà maggio, in una radura sugli altopiani, Nany era inginocchiata dinanzi a un lago, piccolo e calmo, carezzato dal vento freddo del mattino. Il silenzio l’abbracciava, cullandola con i cinguettii distanti. Nany aveva raccolto i lunghi capelli ramati in una coda che le arrivava a metà schiena. Sorrise un istante ricordandosi le parole del maestro in proposito.

«Dai l'illusione di essere una ragazzina vacua e interessata solo al proprio aspetto. Poi colpisci per prima e più forte del tuo avversario».

Avevano provato la teoria con un gruppo di banditi che infestavano la regione, senza utilizzare i loro poteri psichici li avevano sconfitti e resi innocui fino all'arrivo delle milizie cittadine. Nany tornò a concentrarsi sulla superficie del lago che iniziava a incresparsi per le onde, aveva già visto cosa sarebbe potuto accadere in un sogno avuto un mese prima. Riafferrò il filo immaginario che stava vedendo poco sopra il pelo dell'acqua, in quel mentre giunse veloce una barca a vela dalla sua destra e, in perfetta reazione al suo pensiero, la superficie dell'acqua che lei stava fissando iniziò a congelarsi. Nany si alzò in piedi e allargò le braccia in un simbolico abbraccio al lago. Delle scie di ghiaccio ne coprirono la superficie allargandosi come dita voraci. La barca a vela impattò con violenza contro una di esse catapultando in avanti il suo occupante.

Elios atterrò sulla riva con un volteggio e sfoderò la spada che portava al fianco. Nany segnò col braccio una retta dal lago al maestro. Un pezzo di ghiaccio saettò veloce contro l'uomo, scaraventandolo a terra per il colpo al fianco. Elios si guardò l’armatura ammaccata, soddisfatto. Nany vide un ramo robusto e con la telecinesi lo usò per tenere a distanza il maestro, il grosso ramo e la spada volteggiavano nell'aria tra i due in uno scambio veloce di colpi, un duello di fendenti, finte e parate. All'improvviso il ramo cadde a terra e Nany si ritrovò ad ansimare, dopo poco stramazzò seduta a terra davanti a Elios, boccheggiante. Lui riprese possesso della spada e concesse alla sua allieva un sorriso compiaciuto, mentre riponeva la lama nel fodero.

«Sei stata brava». A quel complimento scarno, ma sincero la giovane sollevò il capo a guardarlo adorante, con quei suoi occhi di diverso colore. «Davvero, Nany».

La giovane vide gli occhi del suo maestro felici dei risultati raggiunti e, sollevatasi, corse al lago a sciacquarsi il viso sudato per la tensione e si specchiò nell'acqua mentre il sole ne illuminava la superficie. I suoi capelli divennero rossi come il fuoco e sulla superficie dell'acqua un altro volto si accostò al proprio: di nuovo quel viso mostruoso dalla pelle azzurrina semitrasparente incorniciata dai capelli verdi, lunghi e fluenti. Questa volta l’essere si rivolse a lei sorridendo comprensiva.

Nany si alzò a guardare il proprio maestro che si stava controllando l'armatura ammaccata dal pezzo di ghiaccio.

«Per fortuna hai insisto che indossassi l'armatura, quel pezzo di ghiaccio…». Elios s'interruppe guardando la sua allieva avanzare sicura verso di lui, quella stessa sicurezza che aveva visto fin troppe volte in Cassandra, quando lui giungeva a comprendere il significato dei suoi misteriosi consigli. «Lo sapevi!».

Nany si limitò ad annuire in silenzio, per tutta risposta l’aria iniziò a raffreddarsi e comprese che il suo maestro si stava arrabbiando; aveva usato un potere per i suoi interessi cosa che le era vietata, era la regola. Elios glielo aveva ripetuto fino allo sfinimento che non poteva salvare tutti, che il Fato doveva fare il proprio corso, la pena erano delle ripercussioni su coloro che li circondavano.

Elios, allungando la mano, scatenò il potere di telecinesi attirando a sé l'allieva indisciplinata. Colta alla sprovvista Nany non riuscì a far altro che urlare sorpresa. Protese le braccia dinanzi a sé per difendersi dall'impatto, ma cozzò comunque con forza contro l'uomo in armatura prima di rimbalzare a terra per il contraccolpo. Nany sollevò il viso a fissare il maestro con uno sguardo irato e un labbro sanguinante.

Elios non si fece impietosire, esclamò invece in tono duro: «Tu sapevi che sarebbe accaduto, l’avevi visto!».

«Sì e non volevo che accadesse».

Elios allungò la mano sinistra verso il labbro spaccato mentre la ragazza teneva ancora le mani puntate a terra per sorreggersi.

«Da quando puoi vedere gli eventi futuri?».

«Da sempre».

Elios strinse le mani a pugno fino a sbiancare le nocche. «E in due anni non me lo hai mai detto?».

L’aria ricominciò a raffreddarsi di pari passo al crescere della rabbia dell’uomo.

«Non… non volevo che lo usassi per te, e dopo era troppo tardi per dirtelo. Anche tu hai i tuoi segreti».

A quell’affermazione Elios si adirò ancor di più e le tirò una sberla, ma lei si spostò per tempo rotolando di lato e alzandosi con una mossa agile.

«Non puoi cambiare il futuro, lo vuoi capire?».

«Saresti morto per un mio stupido errore. Ho voluto salvarti!».

La rabbia si impossessò all’improvviso della giovane che spiccò un salto richiamando a sé la spada del maestro e afferratala in volo calò dall’alto cercando di colpirlo. Elios in un istante rivide Omar eseguire un attacco simile. Uno dei più micidiali e reagì d’istinto colpendola con una corrente d’aria che la scaraventò a terra.

Il furore esondò dal cuore di Nany, ferita da quell’ennesima sconfitta. Svenne, mentre la terra intorno a lei si ricopriva di una spessa coltre di ghiaccio causata dai suoi poteri fuori controllo.


***


Nany sentì freddo, un freddo intenso e penetrante che le giunse fin dentro le ossa facendola tremare e quando riaprì gli occhi vide dinanzi a sé una moltitudine di uomini in cammino verso un fiume, un cammino strano, incespicante. Li osservò meglio ed ebbe un conato di vomito.

Erano morti.

Tutti erano stati uccisi nei modi più vari.

Una voce stava chiamando quei morti al fiume. Sollevandosi in piedi la giovane si mosse in direzione del fiume camminando scalza sul terreno ricoperto di neve e rocce ghiacciate. Ogni passo era più pesante del precedente e i piccoli spuntoni ghiacciati le ferivano le piante dei piedi provocandole numerose ferite sanguinolente. Dopo un cammino che le parve durare una giornata, mentre avrebbe pensato di percorrerlo in non più di dieci passi, giunse stremata alla riva. Tremando per il freddo e per la paura guardò l'acqua scorrere da sinistra a destra, un'acqua impetuosa che trasportava con sé rottami di barche, case e carcasse di uomini e animali inghiottendoli in gorghi che scomparivano all’improvviso così com’erano apparsi. In piedi su una zattera vi era un giovane con una lunga pertica che usava per spingerla e governarla. Appena vide la guerriera arrivare al limitare del fiume spinse la zattera nella sua direzione con disappunto dei morti in coda.

«Vattene da qui, questo non è posto per chi non è ancora morto».

Il giovane indossava solo un gonnellino lungo fino ai polpacci, i piedi erano protetti da un paio di calzari alti fino al ginocchio e stretti con strisce di pelle nera. Il suo petto era glabro e muscoloso, mentre il viso trasmetteva un senso di serenità che poco si addiceva all’ambiente che lo circondava.

«Dove… dove sono?». Nany era talmente spaventata che la voce che le uscì di bocca non le sembrò nemmeno la sua.

«Secondo te?».

Gli uomini e le donne in fila si voltarono verso di lei fissando anche il traghettatore che stava avvicinando la zattera verso il punto della riva dove era la giovane.

«Siamo sullo Stige… ma allora tu sei… Caronte?».

Il giovane le sorrise, mentre la zattera si poggiò contro la riva.

«Ho da lavorare, muoviti e tornartene a casa».

«Non ho una casa…».

L’altro sollevò il capo e annusò l’aria tornando poi a fissarla: «Non è bene far attendere i morti Nany e tu hai una casa e un uomo a cui sei molto cara».

La giovane si voltò verso i morti vedendoli venirle incontro con passo deciso.


La giovane si spostò all’indietro, ma il calore intenso che saliva dal fiume la bloccò.

«Aiutami ti prego! Non so come andarmene da qui, devo tornare da…», la voce le si strozzò per il dolore ai piedi sanguinanti, che osservò in un misto di fascino e orrore.

«Elios Tigrane?», concluse l’altro. «Vedo che è lui e tu…». Il giovane si aprì in un sorriso sincero, «tu sei la sua discendente più dotata, non ci sono dubbi».

«Cosa? La discendente di Elios?».

Il giovane sollevò la pertica sorridendole, mosse l’attrezzo per allontanare la zattera dalla riva.

«No, perdonami, sei la discendente di Cassandra di Troia, la più potente veggente che il mondo di superficie abbia mai conosciuto».

A Nany tremò la voce, sconvolta dalla rivelazione di quel Caronte troppo giovane per le descrizioni che ne aveva avuto. Era la discendente di Cassandra, una delle amiche di Elios.

«Cassandra… il mio maestro… voglio tornare da lui! Aiutami, Per favore!».

Nany guardò quel fiume che trasportava carcasse e quella zattera che rimaneva ferma poco distante da lei senza mai esser sfiorata da quei detriti. Il giovane sicuro di sé stonava in quel luogo di perdizione.


«Come sono finita qui?».

«Non sai controllarti e stai per morire congelata dai tuoi stessi poteri».

Caronte le indicò i trapassati alle sue spalle e Nany si ritrovò con un morto a pochi passi da lei. Unica via di fuga rimasta era il fiume.

«Molti di loro hanno tentato di cambiare il loro futuro anche uccidendo o rapinando. Tutti prima o poi arrivano qui e ciò che hanno fatto prima determinerà dove passeranno il resto della loro esistenza. Sarà così anche per te, e prima di quanto immagini se non ti riprendi».

La giovane lo stava ascoltando attenta, controllando al contempo i morti che ormai erano a un passo da lei, e poteva sentire il puzzo che emanavano, protendendo le braccia per afferrarla. Un paio di maschi spalancarono la bocca in un urlo muto e nel chiaro tentativo di morderla una volta che l’avessero afferrata. Nany si mise sulla difensiva ma solo lo spostare il peso sulle gambe le causava ulteriori ferite ai piedi causate dalle rocce appuntite su cui era.

«Segui gli insegnamenti della tigre e poi aggiungici più saggezza di quanta ne dimostri lui».

Nany vide due trapassati allungare veloci le mani verso di lei, i loro occhi bianchi la fecero tremare, e approfittando della sua distrazione le graffiarono un braccio. Nany urlò dal dolore e dall’orrore: l’uomo che l’aveva colpita aveva uno squarcio in mezzo al petto quello alla sua destra avevano tagliato il braccio destro all’altezza del gomito mentre la donna alla sua sinistra aveva la gola tagliata e le vesti stracciate.

Nany prese a tremare piangendo e arretrando nel riconoscere in quei volti alcuni dei giovani del villaggio dove era cresciuta.

«Gli uomini sono violenti e malvagi, il potere ed i segreti del tuo maestro ti serviranno. Come l’eredità di Cassandra».

Vedendo le mani rattrappite dei morti sfiorarle il volto la giovane guerriera scoppiò in un urlo di panico dal quale si riebbe per pochi istanti, anticipando una mano che aveva cercato di afferrarle il braccio. Colpì la donna con un calcio quindi si voltò verso la zattera, ormai lontana dalla riva. Riuscì a fare il vuoto in sé e a lasciarsi guidare dall’istinto e spiccò un salto in avanti, ma cadde in acqua riuscendo ad afferrare il bordo della zattera con le mani.

Immersa nell’acqua sulfurea e calda del fiume riuscì a salire sulla zattera con un ultimo sforzo di volontà. Ansimante e senza fiato in corpo Nany si guardò, la tunica e le brache si erano fuse sul corpo mentre la pelle esposta delle gambe e dei piedi era ricoperta di bolle o cadeva staccandosi dalle ossa con tutta la carne. Solo in quel momento accusò il dolore che le pervadeva ogni parte del corpo e si lasciò andare urlando fino a perdere la voce. Si voltò verso il giovane sollevandosi in ginocchio e porgendogli le mani con lo sguardo allucinato e riuscendo solo ad articolare alcuni suoni gutturali.

La pertica la colpì ad una spalla: il colpo la fece cadere sul legno della zattera e la botta fu come il risveglio da un incubo, nel quale riuscì solo a gracchiare poche parole inintelligibili che Caronte comunque comprese.

Il traghettatore le sorrise, quindi allungò la pertica tracciando un cerchio intorno alla giovane inginocchiata che si fissava le ossa bianche degli stinchi, con i brandelli di carne caduti sul legno. Nany sentì il vuoto sotto di sé e precipitò nel buio.

«Torna dal tuo maestro e digli che il nipote di Heim lo saluta».


***


Nany si riprese con un urlo e abbracciò Elios piangendo e singhiozzando come una bambina sconvolta dall’incubo che aveva appena vissuto, aggrappandosi a lui con la disperazione di chi aveva creduto di aver perso tutto. Elios la consolò, stringendola a sé.

Dopo molto si sciolsero dall’abbraccio e raccolsero le loro cose dirigendosi verso casa.

Durante il tragitto la giovane gli raccontò cosa aveva visto poco prima, riportando al maestro lo strano messaggio del traghettatore. Da parte sua Elios le spiegò che aveva appena rischiato di morire a causa del suo potere, non era riuscita a controllarsi e si era ritrovata ricoperta di un sottile strato di ghiaccio che aveva ricoperto anche il terreno circostante aumentando di dimensione fino a quando lui era riuscito a infrangerlo e risvegliarla con un pugno alla spalla.

«Ho un'amica che aveva questi poteri, ma è da un po' che non la vedo».

«Cassandra? Quella con i capelli rossi?».

Elios si voltò guardandola attento, non gli era sfuggito il tono della sua allieva, il tono della donna gelosa.

«Sì, proprio Cassandra».

«Già, quindi è lei che rivedevi in me, dovevo capirlo quando è venuta a trovarci la scorsa estate insieme a quegli altri due tuoi amici».

«Si, è lei che rivedevo in te». Elios la guardò con la coda dell’occhio soppesandone i gesti mentre le camminava a fianco. «Ma è passato molto tempo».

«E tu non sai ancora come si parla con una donna, stai cercando di ammansirmi o di darmi una speranza?».

«Oh, dèi! Mi sono cacciato in un altro guaio». Elios sollevò il volto al cielo spalancando le braccia per enfatizzare la sua frase. «Sei troppo giovane, mi interessa solo aiutarti».

«Sei troppo vecchio, puoi solo fare l’insegnante… il vecchio insegnante».

«Cooosa?».

Nany corse avanti ridendo verso la collina dove sorgeva la loro casa inseguita da Elios che la insultava ridendo per il poco rispetto dimostrato.