Stavo fumando erba
in faccia alla signora
seduta accanto a me
sulla banchina esterna della metropolitana,
ogni tanto mi guardava,
i suoi occhi parevano dire:
"Ho voglia di raccontarti la mia storia".
Lo so,
lo so che le fumavi anche tu,
che prima di tornare in classe
ti sparavi il collirio negli occhi,
e da ancor più piccola,
dopo le prime sigarette,
lavavi faccia e mani con tanto sapone.
Come ti sentivi libera
quando fumando a scuola
non dovevi badare al puzzo
che ti impregnava i vestiti.
Mamma stava al lavoro tutto il giorno,
rincasava la sera,
e perciò,
per non mangiare da sola,
a pranzo,
invitavi sempre qualche ragazzino,
tu cucinavi per loro,
e loro cucinavano te.
Poi la voce ha iniziato a spargersi,
e in giro qualcuno ti chiamava troia,
che fastidio.
C'era di mezzo pure la tua migliore amica,
quante volte l'hai difesa in situazioni assurde,
e lei t'ha ripagata così.
Ma quando arrivavano le vacanze,
al mare,
prendevi tutti i cazzi che ti pareva,
potevi finalmente essere te stessa,
e te stessa mai si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di succhiarlo al capo animazione.
L'estate volava,
e tornando in zona
ricominciavi a nascondere la tua natura,
per tamponare le voglie
hai acquistato un vibratore gigante.
Diventando grande,
le voci di quartiere non ti toccavano più,
ma quella parola,
il suo ricordo,
rimbombava nella testa.
Troia.
Troia.
Troia.
E così non sei mai riuscita a soddisfare
le perversioni di tuo marito,
che mentre ti prendeva a novanta
avrebbe tanto voluto sentirtelo dire.
Col passare degli anni
ha smesso di desiderarti,
e tu hai cominciato a fare la puttanella
con un collega d'ufficio,
ti senti tutt'ora in colpa
e pensi che tuo marito
avrebbe meritato una donna migliore.
Bevi spesso,
da sola,
nei bar,
e mangi le mentine prima di rientrare a casa,
ti sembra di essere tornata bambina,
lo so.
Ti va di fare due tiri?
Piacere,
mi chiamo Ruscio Cent'anni.