Arasmas, le tre notti. Onnigrafo Magazine

Arasmas, le tre notti.


Di nuovo. Lo avevano fatto di nuovo. Quel fuoco tenuto vivo per tre giorni e tre notti era un segnale che ormai tutti conoscevano. Lena ne era certa: avevano preso qualcun altro! Non faceva che dirlo a ogni anima che incrociava, e ne incontrava tante, perché Darkin era un villaggio piccolo ma molto popolato. Ne aveva parlato da subito anche con Elia, il suo primogenito: “La vedi la cascina oltre il fiume? È un luogo maledetto. Stanne alla larga e bada che le tue sorelle non si avvicinino”. ‘Arasmas’, questo riportava l'insegna posta sulla sua facciata. Elia lo aveva scorto con il binocolo perché mai aveva osato andare così vicino da poterlo leggere a occhio nudo. Suo malgrado non riusciva a smettere di osservarlo; aveva qualcosa di magico, attirava ma allo stesso tempo inquietava. Era così bello, e il panorama che lo circondava sembrava un paradiso: il fiume, il bosco, i fiori, i gelsi…come poteva un luogo intriso di tanta cattiveria essere così meraviglioso?

Cinque anni prima, Lena lo aveva incontrato; lui, il fondatore. Era entrato nella locanda in cui lavorava ancora come cameriera e aveva ordinato un tè. “Il beduino”, così era soprannominato per via del suo copricapo, le aveva rivolto qualche parola. Come prima cosa l’aveva salutata in differenti modi, segno che quell’uomo era un viaggiatore e conosceva moltissime lingue. Il suo aspetto era carismatico, ma ciò che aveva colpito Lena erano i suoi occhi: avevano il colore dell’ambra e il suo sguardo era più profondo di qualsiasi altro incrociato prima. Tutto ciò la spaventava ma l’attraeva. Non aveva colto il suo discorso, distratta com’era dalla sua bellezza, ma le parole “oltre il fiume-casolare-nuova comunità”, le erano tornate alla mente una volta visti la cascina ristrutturata e il bagliore del fuoco che arrivava spesso da laggiù e sembrava non esaurirsi mai.

Poi erano iniziate le sparizioni. E le trasmutazioni. Il primo abitante di Darkin a mettervi piede e non tornare più fu Joseph. Spinto dalla curiosità, si era avventurato verso il casolare un tiepido mattino di aprile; quella notte stessa apparve oltre il fiume lo sfolgorio delle fiamme. Giarda, sua moglie, non vedendolo tornare si recò il pomeriggio seguente ad Arasmas, e vide il suo sposo completamente trasformato: gli occhi sbarrati iniettati di sangue, un ghigno diabolico sul viso e una voce inquietante che le urlava qualcosa che non riusciva a udire, presa com'era a fuggire da quell’essere che non poteva più definirsi umano, men che meno il suo amato Jo. Tornata alla sua dimora non uscì per giorni e a tutti coloro che andavano a bussare alla sua porta rispondeva con un pianto inconsolabile. Finché un giorno si decise, aprì l’uscio senza nemmeno richiuderlo e vagò per le strade raccontando a chiunque ciò che aveva visto. Dopo tante riflessioni pensò che quello fosse l'unico modo per dissuadere e salvare chi, come Jo, avesse avuto la stessa idea.

Da quel giorno fu tracciato un confine nero tra Darkin e la zona oltre il fiume, e Arasmas diventò tabù. La voce di ciò che era accaduto si sparse in ogni dove. In tutti quegli anni altre persone scomparvero, inghiottite da quel posto; forestieri, soprattutto, ma anche darkiniani che si erano persi o che cercavano un’avventura estrema se non addirittura la propria fine. Arrivarono anche molti giornalisti, ma le porte di Arasmas non si aprirono mai per loro, come se laggiù quelle creature avessero il potere di riconoscerli, di sapere chi fosse davvero destinato a loro. Nessuna testimonianza fu mai raccolta. Solo tante supposizioni; tanta paura.

Càlista, la più anziana e saggia abitante di Darkin, era l'unica, oltre a Giarda e dopo di lei, a essere stata a Arasmas ed essere tornata. Ci andò di notte per mimetizzarsi nel buio, e riferì di avere visto uomini e donne seduti attorno al fuoco completamente e spaventosamente immobili; a un passo dal rogo soltanto il beduino, che con l'enfasi di un rito gettava tra le fiamme qualcosa di indefinito accatastato ai suoi piedi. Una nenia cantata da una voce eterea faceva da sfondo a quella raccapricciante cerimonia rendendola ancora più lugubre. Da quella volta un altro tassello si aggiunse al fitto mosaico dalle supposizioni sull’orrore di Arasmas: venivano fatti a pezzi e bruciati tutti coloro che osavano addentrarvisi.

Lena era molto bella. Il suo viso, la carnagione e i colori che la contraddistinguevano potevano farla sembrare straniera a quelle lande dell'ovest. Era circondata da molti pretendenti ma lei, dopo la perdita del marito, era dedita solo ai suoi figli. Per questo quando accadde ciò che non sarebbe mai dovuto accadere non ebbe un attimo di esitazione. Quella mattina Ponio svegliò tutto il villaggio, urlando per le strade la sua scoperta: ARASMAS era SAMSARA al contrario, una parola che in sanscrito significava vita; questa era la prova che in quel luogo si praticava qualcosa di satanico che aveva a che fare con il contrario di vita, quindi con la morte.

Tutti ne rimasero scossi. Figurarsi lo scompiglio quando, il pomeriggio stesso, si seppe che la figlia piccola di Lena, Tecla, era scomparsa, e che suo fratello Elia si era precipitato alla cascina per cercarla. Accadde tutto così in fretta! Marta, maestra della scuola dell’infanzia di Darkin, corse ad avvisare Lena la quale, togliendosi il camice, abbandonò lo studio del Dott. Fontanella, medico del villaggio presso cui lavorava, e si precipitò oltre il fiume a cercare i suoi figli. Elia, intanto, aveva il cuore che gli martellava nel petto; era da un po' che se ne stava nascosto in preda al panico dietro agli alberi. Aveva già fatto il giro di tutta la cascina ma di sua sorella nessuna traccia. E se fosse stato troppo tardi? Era bastato un attimo; una piccola distrazione, la scommessa di un canestro con gli amici, e Tecla si era dileguata. Eppure sapeva di non dover andare in giro da sola, che era proibito andare al fiume. Quando l'avrebbe trovata l’avrebbe sgridata, o forse semplicemente abbracciata. Mentre pensava questo udì dei passi alle sue spalle. Qualcuno stava per prenderlo, provò a scappare ma in un attimo si sentì afferrare con veemenza per le spalle. “Mamma!" disse con un misto di sorpresa e sollievo.

Lena gli fece segno di non parlare e lo guardò a lungo con un piglio severo ma amorevole; dopodiché con un filo di voce lo esortò a tornare al villaggio, avrebbe pensato lei a trarre in salvo Tecla. Appena Elia se ne fu andato, Lena si sentì più tranquilla, ma durò poco: due uomini si stavano avvicinando. Lei si strinse più che poté all'albero e stette a guardare. Davanti a lei il beduino sovrastava, in tutti i sensi, un individuo che sembrava spaventato; il fondatore iniziò a urlare contro di lui, ma Lena era troppo lontana per poterne afferrare le parole. Tremava di paura. Accadde poi qualcosa di inaspettato: l’uomo che stava subendo le urla iniziò a singhiozzare. Il beduino si avventò su di lui con uno scatto da fiera, probabilmente pronto a colpirlo. Lena chiuse gli occhi, ma non sentì grida di dolore, né il tonfo di un corpo che atterra, quindi riaprì gli occhi e vide i due uomini abbracciati. Dopo pochi minuti l’uomo che ora non piangeva più si congedò dal beduino chinando il suo capo in segno di rispetto. Rimasto solo, l’uomo dagli occhi ambrati guardò verso l’albero che nascondeva Lena e le fece cenno di avvicinarsi. Quindi lui sapeva...

Lei si avvicinò, con l'anima resa e il cuore pieno di speranza. Parlarono a lungo. Tecla non era lì, aveva inseguito un coniglio bianco fino alla sua tana nei pressi del fiume sentendosi un po' come Alice. Ad Arasmas non accadeva nulla di diabolico ma si onorava il fuoco, quello materiale semplicemente come simbolo di quello che ognuno porta dentro di sé, il fuoco che brucia la forma e libera la sostanza. Per uscire dal ciclo di vite materiali, dal Samsara, si bruciavano le forme, la materia, facendolo anche a livello oggettivo, perché la mente ha bisogno di esperire; quindi si gettava nel rogo tutto ciò che serviva solo ad appesantire l'anima: oggetti, abiti, ricordi…tutto ciò che prende anziché dare.

Tre giorni e tre notti erano necessari al processo, al cambiamento, ed era molto duro. Alcuni ce la facevano e restavano lì ad aiutare i nuovi venuti. Altri impazzivano, perché la loro mente rimaneva sovrana nella sua schiavitù di materia, e lasciavano Arasmas per vagare nel mondo ad accumulare sempre più. Ci sarebbero state altre occasioni per loro quando sarebbero stati in grado di coglierle. Il beduino era solo un tramite, un’opportunità. Dovevano fare tutto da soli, lui li amava soltanto, come un babbo, dolce e austero.

Lena passò lì tre giorni e tre notti. Lena cambiò. Lena provò il vero Amore. E fu la prima persona a tornare consapevole da Arasmas e l'ultima ad andarci: la cascina fu sgomberata, nuovi luoghi attendevano di essere purificati. Lena non dimenticò mai quelle tre notti. Ma in cuor suo era certa che lo avrebbe rivisto. Dimorava in lei. E lui, la portava sempre con sé.