7 settembre
Dario Argento, uno dei più noti e importanti maestri del thriller cinematografico, compie gli anni in questo giorno.
Dario Argento non è mai stato uno spirito molto ligio alle regole anche se, naturalmente, più sul piano delle regole artistiche che su quello dei comportamenti sociali. La penna di Argento già nel periodo da critico cinematografico per un giornale romano era tagliente e ricca d'inventiva. Il giovane Dario, dunque, ci mette poco a capire che con la penna si può anche campare. La fantasia non gli manca e allora eccolo intraprendere, prima timidamente poi sempre con maggiore sicurezza, la strada dello sceneggiatore.
Nel 1969 scrive e dirige il suo primo film, "L'uccello dalle piume di Cristallo" (1970). La pellicola, dopo una partenza incerta, si trasforma in uno dei più grandi successi della produzione italiana di quell'anno. Il successo del secondo film, "Il gatto a nove code" (1970), conferma l'interesse del pubblico, e lo impone come autore del suspense cinematografico italiano.
Nel 1971 dirige "Quattro mosche di velluto grigio", continuando una personale ricerca nel linguaggio cinematografico della paura, e sviluppando nuove tecniche atte a suscitare forte tensione emotiva all'interno dei suoi thriller, inizialmente commentati dalle colonne sonore di Ennio Morricone.
La caratteristica principale di questi primi film del regista romano è quella di far leva sostanzialmente su dati di realtà, ossia senza l'irruzione soverchia di tematiche soprannaturali. La presenza della morte è percepibile ed incombe sempre come un evento che può irrompere da un momento all'altro. Il terrore dello spettatore viene indotto con sapiente maestria attraverso un'atmosfera inquietante e carica di aspettative. In seguito, invece, Argento opererà una vera e propria svolta a questo proposito, allestendo nei sui film tutto un campionario del soprannaturale della miglior specie. Compariranno demoni, streghe e quant'altro, nel tentativo di mettere in scena un'altalenante gioco con la morte intesa come un qualcosa di contrapposto alla "realtà" della vita.
Nel 1975, con "Profondo Rosso" Argento realizza il film che ancora oggi molti ritengono essere la sua opera più importante e significativa: una sintesi di tutti quegli aspetti inquietanti ricercati e studiati nei precedenti film, sviluppati con l'uso di peculiari tecnologie visive nella scrittura cinematografica di uno stile che segnerà un punto di non ritorno per la rappresentazione della paura negli anni a venire. Gli echi misteriosi e fantastici sussurrati in "Profondo Rosso" irrompono nella raffigurazione irrazionale della fiaba maledetta narrata con "Suspiria", datato 1977. Le immagini diventano pitture dai bagliori irreali e demoniaci come nel successivo "Inferno" (1980), per tornare con "Tenebre" (1982) a un giallo le cui connotazioni si annullano attraverso un palinsesto visivo che cela sotto la superficie del reale, orrore e fantastico, disintegrando continuamente la rappresentazione di una verosimiglianza pronta sempre a sollevarsi, come un sipario, sul ghigno dell'ignoto.
Una serie di film intensi e coinvolgenti, che hanno innanzitutto la capacità di restare impressi nella mente per anni.
Tra tutti i film di Dario Argento probabilmente Suspiria è quello di cui si potrebbe parlare di più, o forse no, probabilmente tutti i film del grande regista hanno una storia infinita da raccontare.
Sono moltissime le curiosità legate a questa pellicola, a cominciare dal fatto che Argento voleva delle ragazzine di 12 anni come protagoniste del suo film, la produzione di oppose all'idea di mettere attrici così giovani in un contesto tanto violento e si scelsero allora poco più che ventenni. Una delle soluzioni che escogitò per lasciare l'ansia della difficoltà di azione da parte di una bambina è l'aver posto le maniglie delle porte più in alto del solito.
Questi alcuni dei dettagli più conosciuti...
È stato girato in quattro mesi.
La stanza che nel film è piena di filo spinato, in realtà era riempita con semplice filo di ferro. A Stefania Casini (protagonista della scena) non furono però date particolari istruzioni sulla modalità di accesso alla stanza. La Casini rimase quindi realmente impigliata nel filo di ferro, procurandosi diverse escoriazioni.
Anche Daria Nicolodi, all’epoca fidanzata di Dario Argento, doveva avere una parte. Ma poi ebbe un infortunio che le impedì di farne parte.
Argento girò con una pellicola a bassissima sensibilità per esaltare i colori primari (rosso, verde, oro), rimarcare la profondità di campo e rendere su schermo quello stesso effetto del Technicolor reso celebre ne Il Mago Di Oz (1939).
Il finale è stato ispirato da un sogno di Daria Nicolodi, in cui aveva visto una strega invisibile e, fatto ancor più singolare, una pantera nella stanza con lei, che improvvisamente esplodeva. Per questo vediamo una pantera di porcellana saltare in aria.
Un solo consiglio, se non lo avete mai visto guardatelo, se lo avete visto, riguardatelo ancora!