Padrone, ho bisogno di lei - parte II Onnigrafo Magazine

Padrone, ho bisogno di lei - parte II

Sei ancora li, nel tuo mondo, perduta nel tuo orgasmo, quando senti la macchina rallentare. 

“Come sta signorina?”

La domanda è posta in tono spiritoso, basta vedere il tuo viso per capire quale sia il tuo stato d’animo; ti senti leggera, e al settimo cielo.

 ”Meravigliosamente”, l’unica parola che riesci a formulare. 

Hai paura a scendere dall’auto quando lo sportello si apre, lui è li a porti il dorso della mano per scendere.

Chiude la macchina, e vi incamminate come due amici verso l’androne del palazzo; con calma prende le chiavi, fa scattare la serratura, apre il portone e ti lascia entrare. 

Avete percorso il tragitto dalla macchina all’ascensore senza dirvi una parola, senza un contatto, ne una mano, né un braccio che si sfiorano. 

Il suo dito preme sul pulsante spento dell’ascensore, i tasti dei piani che si illuminano te ne fanno seguire il percorso, fino all’ultimo “T”. 

Le porte si aprono, sali per prima, lui ti segue spiando il tuo viso dallo specchio.” Mai creatura fu più degna di riflettersi “, la frase che sembra scorrere nei suoi occhi. C’è tutto in quello sguardo: amore, passione, ammirazione. 

Le porte non fanno in tempo a chiudersi, che ti gira prepotentemente, ti schiaccia allo specchio, e poggia le sue labbra sulle tue. Pian piano si aprono, le vostre lingue si cercano dolcemente. Il percorso è troppo breve pensi, e dovete staccarvi, non prima di specchiarvi nei vostri occhi e sentirti dire “sono pazzo di lei”.

Entrati in casa, senti un leggero profumo di vaniglia, noti che sul tavolo non c’è una tovaglia, sembra più una trapunta.

“Che ci fa una trapunta sul tavolo?”. 

Il pensiero è ancora li, come le nuvolette nei fumetti, quando un fazzoletto copre la tua vista...

senti il peso della borsa alleggerirsi...

la pesantezza del giaccone sparire... mentre le sue labbra sfiorano il tuo viso. 

Ti accompagna in camera da letto, delicatamente ti toglie gli indumenti, tra un bacio e l’altro, tra una carezza e l’altra e resti nuda, con il tuo corpo alla sua vista. Senza nessun ordine porti le braccia dietro, entrambi sapete cosa ti piace. Poi il nulla, nessun rumore, nessuna parola, nessun contatto; senti l’acqua in bagno scorrere, e capisci. 

Ti ha lasciato lì, nuda, in attesa per un tempo indecifrabile, bendata e con i polsi legati dietro la schiena mentre lui in bagno si lava per te, anche in questo dimostra il suo amore.

 Passano alcuni minuti in cui pensi a quello che ti accadrà. Ha detto di voler cenare, pensi tra te e te, ma io?

a me farà mangiare qualcosa? 

Cosa mangerà, cosa mangeremo? Come lo mangeremo? 

E forse, allora, capisci la trapunta.

La doccia dovrebbe esser finita, non ti arrivano più suoni dal bagno. 

Prima una porta, poi quella della camera, ed il suo profumo che raggiunge il tuo olfatto. Il profumo si fa più forte, ora senti anche il suo respiro a pochi centimetri dal tuo corpo. Una carezza percorre il tuo viso, le labbra si appoggiano sulle tue ma senza aprirsi. La mano percore i tuoi fianchi, brividi di piacere percorrono la tua pelle, mentre le labbra si spostano sul tuo collo, più per sfiorarlo che per baciarlo.

Dal leggero contatto intuisci, che lui è solo con un paio di jeans, a torso nudo, la mancanza di rumore dei suoi passi ti fa immaginare sia scalzo.

“Ho fame” le sue parole, una leggera pressione sulla tua schiena ti fa muovere i primi passi, poi come per inerzia raggiungete la tavola che avevi visto all’ingresso. 

“Si sdrai sul tavolo signorina”.

Obbedisci in silenzio, mentre lui ti aiuta a non perder l’equilibrio, liberandoti le mani. Poi senti i suoi piedi allontanarsi, e del fruscio provenire dalla cucina. Un carrello si sposta da una stanza all’altra.

 “Ma quando ha preparato il tutto” ti domandi, “gli ho scritto solo stamattina”.

In realtà è stato fortunato, ma tu non lo sai. Il suo unico servizio iniziava con un arrivo alle 9 e finiva alle 15. Tornando a casa, si è fermato al supermercato, ha fatto la spesa, è arrivato e ha sistemato tutto. Voleva che tutto fosse perfetto per te, per voi.

Lo senti lì, al tuo fianco, immobile; i suoi occhi sono attirati dalla bellezza del tuo corpo. Quei pochi chili in più ti rendono bellissima ai suoi occhi; è affascinato da te, resterebbe a guardarti ore, senza parlare, con la stessa meraviglia che provò al Louvre davanti alla Gioconda quando aveva poco più di 16 anni. Nei trent’anni successivi non era più rimasto così impressionato da un’immagine femminile, incapace di emettere suoni. Nessuna parola si potrebbe adattare a ciò che prova guardandoti.

 “Ha sete signorina?”.

“Si padrone”

“Apra bene la bocca”, ed un filo di vino la raggiunge, per scendere rapidamente nella gola. Il bouquet è persistente, pur dopo averlo ingerito, ne rimane il profumo in bocca, ti vien da sorridere dentro di te “il vino del cartone non lo usa nemmeno per cucinare, pensa per cenare”.

Senti qualcosa poggiarsi sul tuo corpo, ti sembra riconoscere il sushi. Vari pezzi iniziano a ricoprirti; prima i capezzoli, poi i fianchi, poi lì, sul tuo sesso, in pochi minuti il tuo corpo è solo riso. Tranne l’ombelico, quello resta libero per qualche secondo, fino a quando non senti qualcosa colarci dentro, dall’odore immagini sia soia. Una sedia si sposta al tuo fianco, ormai è chiaro che tu sei il piatto di portata. 

Senti i primi pezzi alzarsi, i primi lembi di pelle prender aria. Ogni pezzetto che viene tolto, lo senti intingersi nell’ombelico, che puntualmente viene riempito.

“Ha fame signorina”

“Si padrone” 

Senti una leggera pressione sulle labbra, apri la bocca, un roll sembra rimanere sospeso a mezz’aria, ti solletica le labbra, accarezza i denti, ma sei te a doverlo mordere per trattenerlo. 

Qualche goccia di soia ti scende diritta in gola, ti provoca un colpo di tosse, rischi di far cadere il cibo dal tuo corpo. “Mi scusi padrone” dici quasi mortificata.

“Non si ripeta più, o non la farò più mangiare” la sua risposta.

Dopo qualche altro boccone senti la sua bocca sfiorare le tue gambe, e posizionarsi proprio li, dove è la fonte del tuo piacere. Stranamente non senti la sua lingua lambire le labbra intime; ma all’improvviso qualcosa la bagna, qualcosa che cade d’alto. Ora le senti. Senti la sua lingua e la sua bocca a pieno contatto con il tuo sesso, e come in una cartolina lo vedi bere direttamente da te il vino che prima ti aveva versato in bocca. Cavolo, essere il suo bicchiere ti eccita da morire, ed impreziosisci il vino con qualche goccia del tuo umore, che lui sembra gradire. 

“Grazie signorina, dovrei pagare un extra per questa prelibatezza”. 

Nel frattempo il pasto continua, si susseguono i vari pezzi; ti imbocca, ti disseta, ti stuzzica le parti intime. 

Quando ormai senti tutto il tuo corpo libero, senza più nulla addosso, ti versa l’ultimo sorso di vino in bocca, e lui beve l’ultimo goccio da te, questa volta dalla tua bocca.

Lo senti alzarsi.

 “Vuole del dolce signorina?” la sua domanda quasi divertito. 

“Si padrone” la risposta secca ed in tono umile.

“Pieghi la testa alla sua destra”.

Il tempo di obbedire e senti il chiaro rumore della panna montata, uscire dal suo contenitore. 

“Apra la bocca”, ed un piccolo pezzetto di ananas sciroppata arricchita dalla panna, ti sfiora le labbra per poi entrare. 

Finisci di deglutire il primo boccone, che senti nuovamente la panna uscire, e ti prepari per quello successivo.

La panna sfiora di nuovo le tue labbra, ma non c’è più l’ananas, e senza dubbio non è frutta, è lui, è il suo pene. Come hai finito di pulirlo, lo sfila, altra panna, altra imboccata, e così via. La sua mano sulla nuca guida i tuoi movimenti, a volte più veloci a volte più lenti. Le sue dita accarezzano ed entrano nel tuo sesso.

Senti lui crescere nella tua bocca. 

Senti te inumidirti tra le gambe.

Inizi a morderti le labbra dal desiderio.

Quando riconosci la sua massima erezione, ti fa scendere.

Ti tremano un po' le gambe, ma lui ti sorregge.

”Si inginocchi signorina” il suo ordine; lo esegui senza proferir parola. 

Un leggero schiaffo sul sedere ti sorprende, 

“come si risponde?”

”Sì signore”

“troppe volte lo ha scordato oggi”

Un altro schiaffetto sottolinea il rimprovero.

Il tempo di inginocchiarti, che una leggera spinta fa appoggiare il tuo corpo su quello che riconosci essere il tavolinetto in legno solitamente di fianco al divano...