Olinda era triste. Ancora una volta i Mieisti, il clan che
abitava le terre al di là del fiume Stronae, si era spinto nel suo villaggio;
il clan della piccola Olinda, gli Animadei, era un popolo di gente buona, che
lavorava duramente, soprattutto la terra, per garantire a tutto il popolo il
cibo quotidiano. I Mieisti, invece, cercavano sempre il modo per non lavorare e
procurarsi il cibo rubandolo ai loro vicini.
Questa volta, però, non erano andati, come di consueto, al villaggio dei loro operosi vicini solo per costringerli a dar loro il raccolto del giorno, dando come motivo il fatto che spettasse loro in quanto reali proprietari di quella parte di terra su cui abitavano. Gli Animadei, che erano buoni d’animo, anche se in realtà sapevano che non apparteneva ai loro acerrimi vicini il territorio su cui si ergeva il loro villaggio, acconsentivano sempre, dando ai Mieisti, un po' per carità e un po' per evitare violenza, ciò che chiedevano. Questa volta però la richiesta non era stata la stessa…
Olinda, tornata dal giro quotidiano nella savana con la sua più cara amica Altea, capì subito che i Mieisti erano stati lì; lo notò dal viavai disperato dei suoi compaesani e dal caos che i predatori avevano lasciato in giro: carriole di terra rovesciate e pomodori e altri frutti sparsi a terra, scivolati da mani incaute con la fretta e la bramosia di chi commette una sottrazione.
Altea e Olinda si erano conosciute durante la stagione delle piogge dell'anno precedente. La piccola Olinda, era una bambina un pochino impacciata: andava sempre di fretta e inciampava dappertutto; questo perché non amava guardare dove metteva i suoi piedi, mirava sempre l'orizzonte e ancora più in alto: le cime degli alberi, il sole, le nuvole, le stelle, lo spazio infinito; aveva sempre mille idee e mille progetti in testa, e cercava di raggiungerli e di afferrarne addirittura di nuovi, mentre muoveva i suoi piccoli passi frettolosi in giro per questo mondo. Aveva smesso di saltellare, cosa insolita e molto triste per una bambina, ma era troppo rischioso per lei e le sue cadute; così pian piano non fu nemmeno più capace di farlo. Quante volte per colpa delle sue distrazioni era finita in grossi guai: intrappolata in sterchi enormi di elefante o ferita su entrambe le ginocchia per non aver visto alcune radici sporgenti.
La piccola Altea, era una giraffa un pochino impacciata: andava sempre in giro lentamente e guardandosi le zampe, tanto da essere soprannominata da tutti “la giraffa dal collo corto"; non lo allungava mai, per non perdere il contatto con ciò che aveva attorno e con la terra sotto i piedi. Era proprio sgraziata con la testa incassata in quel modo tra le spalle. Il futuro la spaventava, progetti non ne faceva. Quante volte per colpa del suo andare a testa bassa era finita in grossi guai: un forte scontro con un rinoceronte, che poi si imbufaliva, o contro un albero; a proposito di alberi: non utilizzando il collo in tutta la sua altezza la piccola Altea non riusciva a cibarsi delle squisite foglie di acacia, il nettare di tutte le giraffe.
Un pomeriggio in cui sia Olinda che Altea erano sfuggite alle prese in giro dei loro coetanei andando a passeggiare in solitario nella savana, si erano incontrate. Fu un'amicizia a prima vista; capirono entrambe di essere una coppia perfetta: la bambina avrebbe insegnato alla giraffa a non avere paura di guardare in là e a progettare, la giraffa avrebbe insegnato alla bambina a sentire la terra sotto i piedi, a essere consapevole di ogni suo passo. Così Altea tirò fuori il suo lungo collo; e divenne elegantissima nel suo incedere; e assaggiò le deliziose foglie d'acacia. E così Olinda imparò a non inciampare più, o quasi; e a saltellare di nuovo; e a non calpestare cose non molto gradevoli. Erano inseparabili. Viaggiavano su e giù per la savana, e la bambina sedeva sul dorso dell’amica: “ti guardo io dove metti le zampe, tu guarda più in alto che ti riesce meglio; guarda all'orizzonte e trova la direzione di dove vogliamo andare”.
Tornando a quel giorno della razzia dei Mieisti: rientrate al villaggio dopo la passeggiata, Olinda e Altea vennero a sapere della nuova richiesta lanciata da quel clan di predatori: il villaggio. Proprio così: quei farabutti avevano ordinato ai poveri Animadei di lasciare le loro case e i loro campi e di andarsene entro due giorni. Intuibile quanto fossero tristi e disperati tutti gli abitanti del villaggio; ma credevano di non avere scampo, temevano la rabbia dei loro vicini, forse avrebbero davvero bruciato tutto quanto come avevano minacciato di fare se loro si fossero opposti; e così gli Animadei stavano già svuotando le abitazioni e preparando i loro stracci da portare via.
Olinda e Altea si guardarono in faccia, decise a far qualcosa affinché il terribile piano dei Mieisti non si attuasse. Parlarono a lungo e decisero di agire quella stessa notte.
Partirono con le stelle in cielo e il silenzio assoluto nel villaggio. La meta era quella a cui starete pensando anche voi: l'altra riva dello Stronae; volevano arrivare al villaggio dei Mieisti di mattina prestissimo, cogliendoli alla sprovvista.
Passarono molte ore e le due piccole amiche chiacchierarono moltissimo per tenersi sveglie; giunte sul fiume Stronae ebbero un incontro inaspettato con il più inaspettato dei Mieisti:
“Maoooo chi siete voi? Che ci fate qui in piena notte?”
“Siamo Olinda degli Animadei e la sua amica Altea delle giraffe della savana. Stiamo semplicemente facendo un giro. Tu chi sei? Perché stai qui fermo al ponte dello Stronae? Aspetti qualcuno?”
“Io sono Miomao, gatto da guardia dei Mieisti"
“Non sapevo ci fossero dei gatti da guardia. E a cosa faresti la guardia?”
“Al territorio dei Mieisti, che sono i miei padroni, quindi il territorio è anche mio. E voi ci state camminando sopra. Andatevene, è mio maoooo", detto questo iniziò a leccarsi le zampette nervosamente.
“La terra è di tutti", disse Altea; “La terra non è di nessuno", rincarò Olinda. Miomao arrabbiatissimo iniziò a fare dei versacci fortissimi, dei miagolii acuti e fastidiosi come unghie su una lavagna; accorsero quindi un paio di Mieisti svegliati dal frastuono e, sentita la storia di quanto successo dal loro fido Miomao, decisero di portare i due piccoli invasori femmina così impertinenti al cospetto del grande capo della tribù e dei suoi consiglieri.
“Perché venite sempre al nostro villaggio a derubare?”
“noi non derubiamo; noi chiediamo e sempre ci viene dato. Anziché prendervela con noi, prendetevela coi vostri compaesani che non vogliono lottare per quelli che secondo voi sono i loro diritti”
“voi li minacciate! Comunque sì, dovrebbero imparare a essere più forti, a lottare contro le ingiustizie"
“A tirare fuori il collo" aggiunse Altea
“ma perché sempre da noi?” domandò nuovamente Olinda
“Perché siete su un territorio molto rigoglioso che dà molti frutti"
“molto è il raccolto perché molto è il lavoro che ci mettono i nostri uomini”
“sì, ma si da il caso che quel territorio sia nostro; è sulla strada che continua dal nostro ponte, quindi dovete spostarvi e lasciare libera la nostra strada”
“quel territorio di cui voi parlate è di tutti”
“Allora se è di tutti lasciatelo un po' anche a noi; se no vuol dire che siete voi che ve ne state appropriando come se fosse vostro” disse il più grosso dei membri del consiglio. Forse non vi avevo detto di quanto fossero bravi i Mieisti, oltre che a depredare, a rigirare le frittate.
“sul territorio in cui dimoriamo tutti sono i benvenuti! Ospitiamo e sfamiamo chiunque venga con gentilezza e necessità”
“Il territorio di cui voi vorreste appropriarvi è intriso del sudore dei contadini Animadei; su questo territorio invece non v'è sudore; non vedo nemmeno lavoratori, né raccolti. Se ce ne andassimo via e vi lasciassimo campo libero su quel terreno al di là dello Stronae, in pochissimo tempo lo renderete come questo: infruttuoso. Troppa fatica a lavorare?!”
“Non siamo abituati a fare questi lavori, non ne siamo perciò nemmeno capaci”
“potremmo insegnarvelo…Ho avuto un'idea. Potremmo aiutarci gli uni con gli altri”
“abbiamo la stessa idea forse” disse Altea guardando l’amica negli occhi
Le due cucciole si misero a narrare ai boss dei Mieisti la loro storia, la storia di una giraffa dal collo corto e di una bambina che non sapeva saltellare, e di come si fossero aiutate l'una con l'altra riuscendo a superare i propri limiti.
Quegli uomini le ascoltarono attentamente. E dopo averle ascoltate apparve un luccichio nei loro occhi. Perfino Miomao smise la sua toeletta e non si perse nemmeno una parola di quel discorso. E dopo averle ascoltate fu preso dalla gioia della consapevolezza che da quel momento in avanti non avrebbe più dovuto passare le giornate a guardia di un freddo e solitario ponte.
Si dice che da quel giorno Animadei e Mieisti iniziarono a vivere insieme, dividendosi un territorio rigogliosissimo dal raccolto poderoso. Fondarono un unico clan con un nuovo nome: i Comunionisti. Impararono gli uni a usare la forza di combattere le ingiustizie, gli altri la gioia del raccolto del frutto di ciò che si semina con impegno e sudore.
Olinda e Altea continuarono le loro passeggiate quotidiane nella savana e la loro amicizia crebbe ogni giorno di più.
Che noi siamo Animadei, il che non è male, oppure Mieisti, e in questo caso ancora dobbiamo imparare a seminare con le nostre mani, ricordiamoci che siamo sempre sul banco di scuola e auguriamoci di diventare dei Comunionisti, come le nostre piccole amiche, che lo sono sempre state. Come tutti i bambini lo sono, finché non vengono imbrattati dal fango del mondo adulto.
Salutiamo Olinda e Altea, nostre maestre della giusta misura: non troppo in basso, da perdere il contatto con il cielo, non troppo in alto, da perdere il contatto con la terra. Unite. In comunione.